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November 19, 2013

Capitale della Cultura 2019: infranto tra monti e laguna il sogno del Nordest

Anna Quinz

E così, il gioco è finito. Venezia con il Nordest e tutto il carrozzone che si portava dietro, non ce l’hanno fatta. La commissione incaricata di scegliere la shortlist di candidate ha pensato ad altro, lasciando fuori questa elefantiaca cordata, che già da tempo alla corda era precariamente appesa. Dunque saranno Lecce, Ravenna, Cagliari, Perugia-Assisi, Matera e Siena a contendersi l’ambito titolo. La macroregione (che non è inclusa anche proprio in quanto macroregione, quando il bando chiedeva la partecipazione di una città) ora può solo leccarsi le ferite, fare da punching ball per le inevitabili critiche e polemiche su quanto fatto (e non fatto) e farsi qualche domanda sui perché e i percome. L’Alto Adige, che della cordata era parte integrante e per certi versi trainante, non può ritenersi immune, trovandosi ora tra il fuoco di fila di chi ora dice “ve l’avevo detto”, di chi si sale sul carro dei perdenti per farlo cadere ancor più a fondo, di chi un po’ in fondo si rattrista perché in questa cosa ci credeva sul serio.

E le critiche e le polemiche, in terra altoatesina, non si stanno facendo attendere. Su tutti i media impazza la discussione, soprattutto sui soldi spesi qui negli ultimi anni per sostenere il progetto. Spesi bene? Spesi male? Troppi? Troppo pochi? Attacchi arrivano da ogni parte, l’analisi più o meno dettagliata dei fatti e delle cifre è sulla bocca di tutti.

Ma alla fin fine, a prescindere da numeri, euro e cose fatte o non fatte, quel che conta è che siamo fuori. Tutto il Nordest, mica solo noi in Alto Adige. Abbiamo perso malamente un’occasione unica, e chi nella sua vita ha visitato una Capitale della Cultura, sa il perché. Il progetto del Nordest però, era traballante già dopo poco tempo. Noi di franz ci abbiamo creduto, per un po’, e abbiamo realizzato alcuni progetti per il macro-progetto (lo dico perché di nuovo le cifre spese girano e noi veniamo di nuovo tirati in mezzo. Per chiarezza, anche se già l’abbiamo detto più e più volte, abbiamo ricevuto incarichi – 2 edizioni del magazine cartaceo, redazione (testi + foto), stampa, distribuzione d magazine 30 pag. con approfondimenti, interviste bilingui, reportage ex capitali;  video interviste + mini documentari portrait per tv + online - per 50.000€ nel 2011 e 14.000€ – creazione gestione del blog dedicato 19×19, foto degli eventi 19×19, update settimanali del blog incl. interviste, reportage degli eventi - nel 2012, poi più nulla). 

Ma poi la magia, almeno per noi, è finita. Il progetto collettivo si è rivelato quanto di meno collettivo possa esistere. Le lacune di comunicazione tra territori hanno dimostrato che si tratta di territori – appunto – non di un territorio, e che ognuno fa e vede solo il proprio naso. Era forse chiedere troppo fin dall’inizio pensare che da Venezia al Friuli passando per Trento e Bolzano si potesse trovare una strategia condivisa. Con una Venezia che più capitale culturale di così si muore, con territori piccoli in cerca di ulteriore visibilità e aree politiche divergenti da mettere utopicamente d’accordo.

E poi, ancora, il tema che da cultura+economia è passato a PEACE (che ok, è acronimo di un sacco di cose, ma sempre pace resta). Che la pace sia tema universale condivisibile, e che in quell’anno il 2019, potesse avere valori simbolici forti, è innegabile. Ma cambiare tema in corsa è rischioso e di certo l’economia era un concetto più calzante alla natura industriale e produttiva di quest’area italiana. Che poi, a dire il vero, a me (e non solo a me) in un’ottica europea, il concetto di Nordest, pareva lacunoso e fuorviante. Perché forse il Nordest com’era inteso è Nordest per l’Italia, ma qui si parla di Europa, e per l’Europa questo Nordest non è il Nordest (che è, per dire, la Lituania).

Dunque tanti difetti di forma, poca comunicazione interna ed esterna, tante discussioni in politichese, che hanno fatto perdere il focus, in questi tre anni, sul concetto di base che sta dietro a tutto: la cultura. Perché di cultura, va detto, si è parlato poco. Di programmi di idee di stimoli culturali… tutto questo è rimasto in un sottobosco di non detti che hanno fatto perdere interesse verso la candidatura ai molti che di cultura vivono e lavorano, ogni giorno, facendosi – perdonate se sono diretta – un mazzo così. Dopo un po’ questa candidatura è sembrata essere giochino in mano ai politici, che si rimbalzavano gioie, dolori, responsabilità. Gli operatori sono stati tagliati fuori soprattutto in un’ottica di territorio allargato e di condivisione di intenti.

Certo in Alto Adige si è fatto e si è investito molto. Ma forse le scelte strategiche di un solo territorio, separate da quelle degli altri con i quali concorreva, sono state percepite male e vissute come la solita dimostrazione di ricchezza del Sudtirolo. E pure internamente, forse non è stato fatto tutto quel che serviva e come serviva, mettendo addosso al progetto una certa puzza sotto il naso, incapace di coinvolgere (davvero) ogni singolo filo del ricco tessuto culturale altoatesino. Tutto questo senza mai dialogare manco col vicino di casa, il Trentino.

Io, e parlo per me sola, tifo per Matera, o per Ravenna. L’amore per questa cordata l’avevo appeso a un filo già tempo fa, filo che ora si è del tutto spezzato, lasciando cosa, ancora non si sa. Polemiche di certo, in politichese. Perché la cultura, ancora una volta, qui c’entra poco.

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Comments

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There are 2 comments for this article.
  • Fabrizio Panozzo · 

    Hai ragione Anna. Non c’è più spazio per gli “ve l’avevamo detto”. Adesso la domanda vera che culturalmente e politicamente va posta è: “perché l’avete fatto lo stesso?”. Si chiama accountability, mette in gioco l’etica pubblica e ne se ne parla tanto anche nelle istituzioni accademiche bolzanine. Il fallimento della Candidatura è un’ottima occasione per chiamare i protagonisti a discuterne davanti ad un esempio concreto.