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April 18, 2012

Officine Tolau e il documentario politico: la Lega invade la rossa Emilia

Andrea Beggio

Ciao ragazzi, per iniziare, sarà banale ma vorrei avere qualche informazione sul progetto (o collettivo) delle Officine Tolau.

Le Officine Tolau nascono attorno ad un tavolo, di fronte a tre piatti di tortellini e una bottiglia di Lambrusco. Due anni fa, infatti, ci siamo trovati in una trattoria a Modena e abbiamo iniziato a parlare dei nostri lavori – siamo tutti e tre giornalisti da anni –, della politica italiana e della nostra regione. E in quell’occasione c’è stato spazio per tirare fuori qualche idea o meglio qualche sogno. Quello cioè di riuscire a fare con la telecamera, con lo strumento del documentario, del buon giornalismo. Ci siamo lasciati quel giorno con l’impegno di ritrovarci a scrivere un progetto per documentare un fenomeno nuovo per l’Emilia-Romagna, la “regione rossa” per eccellenza: una vera e propria avanzata della Lega Nord a suon di voti e preferenze in decine di piccoli comuni, soprattutto in montagna, da Piacenza a Rimini. Così è stato: ci siamo messi subito al lavoro e in tre mesi abbiamo portato a casa il nostro primo lavoro “Occupiamo l’Emilia”. In questi due anni abbiamo prodotto anche altri due “doc. politici”: “A furor di popolo” sul Movimento 5 Stelle e “Rimetti a noi i nostri debiti” sui indignados italiani. “Volevamo i capelli lunghi” è un altro lavoro realizzato su un film che Mario Monicelli non è mai riuscito a produrre. Poi ci sono alcune lunghe interviste: “Cinque ore prima del Vajont” con la testimonianza di una sopravvissuto, “Speravo arrivasse Harry Potter” con il fotografo Luigi Ottani che racconta l’attentato terroristico a Beslan nel 2004 e “Il caso non è chiuso” con il giornalista Giovanni Tizian, ora sotto scorta dopo la pubblicazione di un libro sulla presenza delle mafie al Nord.

Uno dei nostri “pregi” che vogliamo difendere a tutti i costi è quello di fare un lavoro che ci diverte, che nasce da una passione comune quella dell’inchiesta e del giornalismo, e che amalgama le differenze di carattere, di stile, di lavoro di tre persone. Le Officine Tolau (Tolau non è altro che l’inizio dei nostri cognomi: Tomassone, Lombardi e Aurighi) sono partite con pochi strumenti (zero soldi, giusto per essere espliciti) ma tante idee e soprattutto voglia di non accontentarsi, di non “fare interviste” tanto per farle, di trovare una chiave sempre nuova e fresca per narrare l’attualità, la politica e l’economia, per raccogliere le testimonianze e i racconti della gente.

Recentemente si è assistito ad una potente rivoluzione ed evoluzione nel mondo del documentario. Se qualche decennio fa documentario significava una cosa sola, oggi fioriscono nuovi generi documentaristici che utilizzano linguaggi nuovi e, forse aiutati da una profonda crisi creativa nel mondo del cinema, approdano nelle sale cinematografiche. Visto che fate parte di questo fenomeno ci potete dare la tua versione?

Che si aprano le porte dei cinema sempre più spesso ai documentari è una buona notizia per tanti motivi. Prima di tutto perché, ancora più di un film, il documentario lascia allo spettatore tanti interrogativi, tanti stimoli di riflessione, che possono essere ripresi anche fuori dalla sala, durante un dibattito o anche solo mentre si chiacchiera in famiglia o tra amici. Bisogna chiedersi, però, se tutti i documentari hanno “diritto” ad entrare nei programmi dei cinema italiani. Recentemente è lasciato gli enti locali promuovere, in alcuni periodi dell’anno, rassegne ad hoc, invitando gli esercenti a dedicare alcune serate ai documentari e al dibattito con i documentaristi. Notevole è anche lo sforzo di alcuni piccoli circuiti cinematografici e associazioni locali. Speriamo davvero che l’interesse del pubblico, soprattutto in tempo di crisi economica, convinca sempre più produttori privati a sostenere il lavoro documentaristico, attraverso il finanziamento alla ricerca, all’inchiesta e al montaggio e alla pubblicizzazione dei prodotti finali.

Al di la dell’esplosione di cui si parlava prima, credete che il pubblico del documentario politico e di approfondimento sia comunque costituito da una nicchia o invece è un fenomeno che coinvolge fette di popolazione assetata di informazioni sempre crescenti?

Se parliamo del pubblico nelle sale cinematografiche a mio parere si tratta di una nicchia e, forse, con l’utilizzo di internet ormai dalla maggior parte delle persone sarà sempre più una nicchia. Ma appunto internet è uno strumento straordinario per promuovere e diffondere documentari, belle storie, buon giornalismo come si diceva prima. Tra l’altro si stanno sviluppando, lentamente anche in Italia, nuovi generi di documentari studiati appositamente per il web. Il documentario non va confuso con il “filmatino” che ormai tutti realizzano con il proprio smartphone e poi caricano sulla propria pagina Facebook o Youtube, e il pubblico in questo caso va educato a comprendere bene questa distinzione diffondendo nella Rete documentari buoni dal punto di vista tecnico, corretti nei contenuti, impeccabili dal punto di vista giornalistico.

Soprattutto pensando al documentario politico e di approfondimento, dovendo trattare delle questioni spesso complesse, credo sia illusorio pensare che siano le immagini a parlare da sole. Ritengo che un buon lavoro possa essere fatto solo avendo studiato e compreso il fenomeno da raccontare. Qui il ruolo dell’autore, che non può scindersi da quello di interprete e divulgatore, impone un lavoro analisi e di costruzione, quasi più gravoso di quello che si fa quando si progetta un fiction, siete d’accordo con questa visione? Voi come vi approcciate ai fenomeni che andate a rappresentare?

Siamo d’accordo con questa lettura. In un documentario non si inventano storie, ma si raccontano realtà. E in quello politico, ma anche quello con contenuti economici, questo aspetto è determinante, ne va del prodotto finale e della credibilità degli autori.

Il nostro metodo di lavoro è molto semplice: non appena individuato un tema da affrontare, cominciamo a raccogliere il maggior numero di informazioni sull’argomento (articoli di giornali, pubblicazioni, documentari prodotti precedentemente da altri autori); poi inizia lo scambio di informazioni tra di noi, anche attraverso posta elettronica; programmiamo poi alcuni incontri che chiamiamo di “redazione” durante i quali cominciamo si abbozza il percorso del nostro lavoro; individuiamo quindi le persone da intervistare, le storie da recuperare, i luoghi da visitare, i “compagni di viaggio” da coinvolgere nel nostro lavoro. Io non considero “gravoso” tutto questo lavoro preliminare, anzi è la parte più interessante e importante, durante la quale apprezziamo il valore di essere in tre, tre professionisti che condividono le proprie fonti, i propri metodi, la propria esperienza. Una volta raccolto tutto il materiale inizia la scrittura della storia e quindi il montaggio.

In questo periodo franzmagazine si sta occupando di cinema e quindi vi chiederei se ci sono dei film che sono usciti di recente e che vi sentite consigliare ai nostri lettori e con quali autori (anche di fiction) pensate di avere un legame rispetto al lavoro che fate con le Officine Tolau.

Siamo rimasti piacevolmente colpiti da “I giorni della vendemmia” del giovane regista Marco Righi, che narra di una famiglia contadina della provincia emiliana intrisa di cattolicesimo e socialismo; di due genitori uno con una forte inclinazione marxista  e l’altra fervente cattolica; di due adolescenti e di un’ex settantasettino ora giornalista musicale per l’estero. Mi hanno colpito una frase del regista nella sua presentazione ad un festival: “È uno di quei lungometraggi in cui non vi è premura nello svelare, ma nel restituire qualcosa allo spettatore”. La distribuzione del film è indipendente, è quindi una “realtà” molto vicina alla nostra.

Infine, ricordando ai nostri lettori che venerdì 20 aprile sarete presenti per la terza volta a Bolzano, dateci qualche informazione in merito al lavoro che verrete a presentare e ad altri lavori su cui state lavorando.

Verremo a Bolzano con il nostro primo documentario “Occupiamo l’Emilia” che narra appunto l’“invasione” del Carroccio nella terra che è sempre stata in mano alla sinistra. Dopo le inchieste aperte sulla gestione della cassa del movimento e sui comportamenti della famiglia e degli amici di Bossi e dopo la promessa di “pulizia” di cui si parla in questi giorni, crediamo che il dibattito dopo la proiezione sarà molto interessante.

 

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