Barbara Schweizer, originaria di Feltre, intraprende il suo percorso artistico giovanissima, all’età di 14 anni, avvicinandosi alle tecniche orafe. In questo primo apprendistato affina una sensibilità per la lavorazione dei metalli che, ancora oggi, si riflette nelle superfici, nei dettagli e nelle proporzioni delle sue creazioni. È in quell’esperienza manuale, quasi alchemica, che affondano le radici di una pratica artistica in continua evoluzione, capace di coniugare rigore e immaginazione.
Nel 2018 fonda Barbara Schweizer Edizioni, una collezione di pezzi unici ed edizioni limitate che esplorano l’espressività dei materiali preziosi attraverso forme scultoree e oggetti di uso quotidiano. Vetro, metalli e pietre diventano gli elementi primari di una grammatica formale essenziale e raffinata, in cui ogni oggetto racconta una storia che va oltre la sua funzione.
Parallelamente alla propria ricerca, dal 2009 Barbara cura con dedizione la collezione d’arte del padre, Riccardo Schweizer, artista eclettico e collaboratore di grandi maestri come Le Corbusier e Picasso. Questo doppio sguardo – rivolto alla creazione contemporanea e alla custodia di un’eredità artistica familiare – arricchisce la sua pratica con un senso profondo di continuità e memoria.
In uno dei suoi progetti più recenti, una serie di parallelepipedi in cemento e vetro si trasforma nello skyline di una città immaginaria. Un paesaggio architettonico sospeso tra suggestioni cinematografiche e letterarie: la Metropolis di Fritz Lang da un lato, e le Città invisibili di Italo Calvino dall’altro. È proprio in quel dialogo immaginario tra l’imperatore dei Tartari, Kublai Khan, e l’esploratore veneziano Marco Polo, che affiorano le atmosfere evocate da Schweizer: città reali, sognate o inventate, che si scompongono e si ricompongono in oggetti dalle molteplici interpretazioni.
Ogni parallelepipedo si apre, si svuota, si trasforma: sopra, sotto, dentro, fuori, ogni elemento architettonico diventa un vaso, un contenitore, un frammento poetico di un paesaggio da abitare con lo sguardo. In questo gesto di trasformazione, la materia si fa narrazione e il design si fa scrittura invisibile di mondi possibili.