Intervista a Claudia Corrent curatrice e fotografa della mostra fotografica “Artigianato in due tempi”, in esposizione al Centro Trevi fino al 30 ottobre.

Violeta Nevenova, © Claudia Corrent
Tecniche antiche ed innovazione contemporanea, patrimoni di saggezza e tradizione, ma anche identità professionali senza tempo. Sono alcune delle caratteristiche e competenze più peculiari dell’artigianato d’eccellenza, ma sono anche esperienze distintive forti che segnano storie di vita e mondi creativi unici, che meritano di essere raccontati e celebrati, documentati e condivisi.
E mostrare questi mondi ad un pubblico più ampio possibile è forse un po' anche l’anima che sta dietro alla mostra fotografica L’artigianato in due tempi, curata da Claudia Corrent – in esposizione al Centro Trevi di Bolzano fino al 30 Ottobre - e che racconta il lavoro di artigiani del nostro territorio, intrecciando memoria e contemporaneità. Il progetto nasce infatti in dialogo con una serie di ricerche di alcuni anni fa ed in particolare con la mostra Il tempo dell’uomo. Mestieri che vanno scomparendo, che presentava al pubblico un significativo reportage fotografico di Alexandra Schileo, realizzato nel 1998, su commissione della Ripartizione Cultura italiana, con l’obiettivo di documentare l’artigianato tradizionale locale.


Nella mostra L’artigianato in due tempi, le fotografie realizzate a fine anni Novanta da Alexandra Schileo, entrano oggi in dialogo diretto con le immagini scattate oggi da Claudia Corrent, che qui svolge quindi il duplice ruolo di curatrice e fotografa in quello che è il “secondo – e probabilmente non ultimo - tempo”, citato nel titolo della mostra, di un percorso che mette in relazione passato e presente dell’artigianato locale. In occasione dell’iniziativa la Biblioteca Provinciale Claudia Augusta, in collaborazione con l’Ufficio Artigianato, ha raccolto una serie di testimonianze orali che sono parte integrante del progetto.
Accanto all’esposizione, il Centro Trevi ha organizzato anche un ricco calendario di incontri, visite ed attività collegate, che si sono svolte nell’arco di tutto il mese di ottobre. Il prossimo ed ultimo evento in programma sarà l’incontro con Lorenzo Di Dieco, Producer manager Rai Documentary, Rai - Radiotelevisione Italiana, con la partecipazione di Paolo Mazzucato, direttore della sede Rai di Bolzano e che si svolgerà presso il Centro Trevi-Trevi Lab, martedì 28 ottobre alle 17.30.
Ma ecco chi sono gli otto protagonisti del racconto fotografico di Corrent, scattato in altrettanti luoghi sul territorio altoatesino, dagli atelier di Bolzano ai laboratori di Merano, fino alle botteghe della Val Passiria. Franz Haller custodisce l’arte della lana cotta, Simon Volgger realizza calzature ortopediche su misura, Alois Thaler ricama con piume di pavone e Irene Tomedi si dedica al restauro tessile. Il laboratorio Vetroricerca lavora con il vetro in dialogo con l’arte contemporanea, mentre la stilista Violeta Nevenova crea abiti dal gusto teatrale e punk. Sarah Valier, orafa, combina materiali nobili e frammenti di recupero, e Giorgio Seppi trasforma oggetti quotidiani in lampade e installazioni luminose.

La mostra propone inoltre un’esperienza particolarmente coinvolgente, mettendo al centro del progetto anche l’accessibilità, per permettere a più persone e pubblici differenti di fruire delle opere e racconti proposti, fornendo molteplici supporti utili per persone con disabilità. Una delle fotografie dell’esposizione, selezionata come immagine rappresentativa della mostra, è stata riprodotta anche in versione tattile, offrendo un’ulteriore occasione di esplorazione percettiva. Dopo qualche nota biografica sulle due fotografe lascio la parola a Claudia Corrent, nel racconto della sua esperienza di curatrice e fotografa di questa mostra.
Alexandra Schileo, fotografa formata a Monaco, vive a Milano e lavora tra moda, pubblicità e editoria. Parallelamente porta avanti progetti personali di ricerca etnografica e ritrattistica.
Claudia Corrent è un’artista visiva e una fotografa professionista, che vive e lavora tra Venezia e Bolzano. Ha esposto in mostre personali e collettive in diverse istituzioni, tra cui Palazzo delle Esposizioni di Roma, l’Istituto di cultura di New York e San Francisco, il Maxxi di Roma, Camera a Torino. Lavora nell’editoria e ha collaborato con “Repubblica”,“Der Spiegel”, “Art”, “Courrier International”, “Die Zeit”, “Tageszeitung”. Ha ideato e condotto workshop presso scuole, istituzioni e musei, tra cui Guggenheim Venezia, Mart, Fondazione Pinault-Palazzo Grassi, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Dal 2024 insegna Fotografia Digitale presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Le sue opere fanno parte delle collezioni permanenti di Museion e della Cassa di Risparmio di Bolzano. La sua ricerca si concentra sul paesaggio e il concetto di mindscapes, sugli archivi privati e l’immaginario collettivo, sulla memoria familiare e sull’ontologia della fotografia.

Cosa ti ha affascinato maggiormente del lavoro di questi otto artigiani che hai fotografato?
Ho trovato estremamente interessante osservare la capacità di questi artigiani di manipolare e trasformare la materia, dando concretezza al pensiero che sta alla base del loro lavoro, e questo è un altro aspetto che - anche a livello di curatela - ho cercato di comunicare e portare in mostra. Vedere come un materiale all’apparenza banale e semplice possa trasformarsi in qualcosa di completamente diverso e complesso è un’esperienza che mi ha affascinato incredibilmente. Penso, per esempio, al vetro, lavorato da Vetroricerca, che prima si presenta duro ed inespressivo e poi diventa malleabile, trasformandosi in mano a sapienti mani, in oggetti di rara bellezza.
Questi artigiani li vedo quasi come dei demiurgi, nella loro capacità di trasformare e plasmare la materia, tanto che spesso, nell’ammirare le loro creazioni, diventa difficile fare distinzioni nette tra artigianato ed arte. Questi due mondi si intrecciano e si sfiorano nel loro lavoro e ciò avviene a volte ad una certa distanza, a volte, invece, in maniera più incisiva.
Mi sembra che anche il tema del tempo – e penso qui al titolo – sia un fil rouge della mostra...
Assolutamente sì, perché tutto questo insieme di conoscenze, tramandate ed acquisite, è davvero qualcosa di concreto e tangibile, che riesce ad attraversare il tempo e le differenti epoche storiche. Che si sia negli Novanta o nell’oggi – in cui tutto corre veloce e pare smaterializzato nella dimensione del virtuale e dell’AI - certi saperi ed abilità artigiane continuano ad esserci, seppur modificandosi ed evolvendosi, dando vita ad oggetti unici e senza tempo, trans-generazionali, spesso con i crismi dell’arte. Così come avviene quando si raccoglie la sabbia da terra, le conchiglie o altri piccoli oggetti, rimangono tra le mani, mentre tutto il resto scivola via...

Come è stato curato l’allestimento?
L’allestimento è stato curato dall’agenzia di comunicazione doc di Bolzano, che a mio avviso ha realizzato un progetto visivo molto interessante. Le fotografie di Alexandra Schileo, così come le mie, le didascalie, le interviste agli artigiani e gli altri materiali informativi della mostra sono stati inseriti su pannelli creati ad hoc in materiale riciclato. È stato fatto anche un bellissimo lavoro sull’accessibilità per rendere la mostra facilmente fruibile e più democratica possibile. C’è anche una parte dedicata ai video e una serie di oggetti, molto belli, realizzati dagli artigiani. C’è poi tutta la parte legata alla materia grezza e alla sua trasformazione, che, come dicevo prima, ci tenevo a comunicare al pubblico. Ma non aggiungo altro, invitando i lettori a visitare direttamente la mostra al Trevi….
Per concludere, quali riflessioni porti con te, ritenendole particolarmente preziose, di questa tua ultima esperienza lavorativa ed artistica?
Addentrarmi nei processi dell’artigianato, mi ha permesso di osservare la straordinaria capacità di queste pratiche di creare mondi interi, seppur partendo spesso da elementi piccoli e materiali semplici. Penso, per esempio, ad alcuni lavori dell’orafa Sara Valier, che realizza delle spille-diorami, creando di fatto dei mondi unici all'interno di un singolo monile, espressione di un mondo di saperi incredibile che è l’artigianato orafo. Anche nella fotografia, che è il mio medium espressivo, le immagini si creano, per certi aspetti, in modo analogo, lavorando sull’inquadratura e quindi sul piccolo, ma aprendosi poi visioni e mondi più grandi, che comprendono anche tutto ciò che non viene mostrato, ma che può essere comunque immaginato, pur rimanendo fuori dal campo.


E poi l’artigianato ci riporta ad un tempo ed una dimensione del fare in sintonia con la natura e gli stati più genuini della materia, vivente e non. Un tempo che ritorna, un tempo che è lento, un tempo che è cura, un tempo che è attenzione verso le persone e le cose.