Contemporary Culture in the Alps
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Fotografare le Alpi

La montagna rivelata dall'occhio zenitale 

Fotografare le Alpi #24. Intervista a Jacopo Di Cera

21.10.2025
Silvia M. C. Senette

Human Evolution - Pozza di Fassa @ Jacopo Di Cera

Il mondo, per Jacopo Di Cera, si osserva dall'alto. Non per vanità prospettica, ma per una profonda esigenza di onestà intellettuale e democraticità visiva. A 44 anni, il fotografo milanese di adozione romana dal 2005 incarna il paradosso di un artista tripartito: prima la carriera in comunicazione e marketing, poi l'apertura di un'agenzia e infine la dedizione totale all'arte. Un percorso sinergico tra l'efficacia della comunicazione e la potenza dell'immagine culminato nella scelta radicale di vendere la sua agenzia per inseguire la luce. La sua formazione, iniziata con lo studio meticoloso alla scuola di fotografia e affinata in workshop cruciali - tra cui quello illuminante con Oliviero Toscani - lo ha condotto a una poetica precisa: il fotomaterismo. Progetti come "Fino alla fine del mare" sull'immigrazione o “Il rumore dell'assenza” sul terremoto di Amatrice hanno esplorato la simbiosi tra immagine e supporto fisico (legno, resina, carta stropicciata), portando la materia a farsi essa stessa racconto del contenuto.

Dal 2016, però, Di Cera ha compiuto il suo "volo" ed è passato dalla terra al cielo, inaugurando la sua cifra stilistica più riconoscibile: la fotografia zenitale. Questo approccio, rigorosamente perpendicolare alla scena, annulla la profondità di campo eliminando gerarchie tra soggetti e paesaggio. Nasce così il macro-progetto "Sospesi": un decennale racconto dell'italianità sotto una luce di presunta equità sociale. Nel contesto di "Sospesi" si inserisce l'indagine sull'arco alpino catturato attraverso l'obiettivo del suo strumento d'elezione: il drone. Un mezzo che gli permette di superare i limiti fisici di chi non scia, trasformando l'ostilità personale in una libertà di sguardo aerea. Parallelamente, il suo linguaggio si è esteso al digitale con "Infinity", video loop zenitali dove inizio e fine coincidono, creando azioni continue e interrogando la durata delle emozioni umane. La sua ricerca costante, dove l'immagine non è mai solo estetica ma veicolo di riflessione, si focalizza ora sulla tradizione popolare ora sulle dinamiche sociali o, con il recente "Retreat", sul ghiacciaio del Brenta e sulla drammatica urgenza della crisi climatica.

Big Hole - Torre Dell'Orso @ Jacopo Di Cera

Jacopo, come nasce questo progetto fotografico?

"Sospesi" nasce nel 2016, a Procida, con l'opera "Pass me the Parmigiana", un'immagine dall'alto che ritraeva le barche affiancate in mare per il pranzo. Il desiderio era raccontare l'italianità, le sue tradizioni, la sua umanità e le sue contraddizioni da un punto di vista completamente diverso: l'ottica zenitale. Questo sguardo perpendicolare, quasi un "occhio di Dio" che osserva dall'alto, permette di vedere una moltitudine e le sue interrelazioni in maniera più immediata e democratica, ponendo esseri umani e contesto sullo stesso piano. L’ispirazione arrivò proprio vedendo quella scena dal basso; un'emozione che non riuscivo a catturare fino a quando non ho sollevato il drone per la prima volta. È stato il "clic" che mi ha convinto: ecco un modo diverso di raccontarci.

Dark Water - Vulcano @ Jacopo Di Cera

Come si declina il tuo progetto alpino?

In montagna il paradigma cambia completamente rispetto al mondo iper-colorato delle spiagge dell'estate italiana, dove le persone sono spesso sdraiate, a riposo. Sulle Alpi si entra in un mondo con una tela bianca sotto e le persone sono sempre in azione: sciano, camminano, scalano. Questo mi ha affascinato: io amo la montagna ma non scio. Il drone è diventato il mezzo per superare questo limite personale, permettendomi di volare e fotografare dove non posso arrivare. Ne è nata la possibilità di raccontare la bellezza solitaria e spesso silenziosa della natura, come negli scatti sull'Alpe di Siusi con gli sciatori di fondo dispersi nel nulla. Ho fotografato molto in Alto Adige, nelle Dolomiti, in Tirolo e in Val d'Aosta. Ho anche documentato gare importanti come la Marcialonga in Val di Fassa, la cui partenza dall'alto è straordinaria: questi eroi, come li chiamo io, raccontano il progredire dell'umanità. Un'opera tratta dalla Marcialonga è stata esposta a Times Square: raffigura gli sciatori che, con le loro ombre, sembrano l'evoluzione umana tra la terra senza neve e il manto bianco.

waiting for Victory @ Jacopo Di Cera

Quali le due immagini più “estreme”, i due poli agli antipodi che lo racchiudono?

Le ho ben chiare in mente. Il primo polo è un'immagine di sciatori su una pista piatta in cui l'attenzione si sposta completamente dalle persone alle loro ombre nere, forti, riflesse sul bianco abbagliante della neve. È un gioco di luce riflessa che fa sognare, dove l'ombra diventa il soggetto principale. Il polo opposto è un'immagine notturna che vive nel buio: la fiaccolata del 31 dicembre sulle piste. L'esposizione un po' più lunga trasforma il percorso dei maestri di sci che scendono in una lunga linea gialla serpeggiante: sembra un dipinto fatto con il pennello su un fondo nero. Una vive della luce riflessa dell'ombra, l'altra vive dell'oscurità con una traccia luminosa lasciata in un momento di gioia. Sono le due opposizioni più forti e significative di questo lavoro.

Night Fire #2 @ Jacopo Di Cera

Cosa rende riconoscibile il tuo stile fotografico?

L'ottica zenitale, il punto di vista perpendicolare alla scena. Ho fatto una mostra a quattro mani con Massimo Vitali: lui scatta dai cinque metri d'altezza con un'inclinazione di 45 gradi che definisce "il punto di vista del principe"). Io, scherzando, ho allora ribattezzato il mio "il punto di vista di Dio", perché guardo il mondo dall'alto. Questa prospettiva, che annulla la profondità di campo e democratizza la scena, è la mia cifra. Non sono un fautore della post-produzione, non uso filtri: l'immagine per me è quella che scatti, altrimenti diventa un’altra cosa, più orientata al consumo da social media che non è il mio percorso.

Come nasce il desiderio di indagare le Alpi?

Una forza interiore mi spingeva a raccontare un luogo che, per la mia incapacità di sciare, mi è sempre stato ostile. L'ho superato, anche per non restare indietro rispetto a mio figlio. E poi le Alpi mi offrono suggestioni, un sapore e un mondo totalmente diversi e non paragonabili rispetto a tutto il resto della mia ricerca, che sia il mare, la città o le tradizioni del sud Italia come il Palio marinaro o "A' Chiena" in Campania. È un mondo che mi offre un doppio gioco, estetico e narrativo, unico.

milky way 4 @ Jacopo Di Cera; comedian - Val Badia @ Jacopo Di Cera

Riconosci un'evoluzione nei tuoi scatti alpini?

Sì, ed è un'evoluzione che si concentra sempre di più sul territorio concettuale delle ombre. Inizialmente scattavo per raccontare un'umanità in senso più allargato, simile alla ricerca "estiva" che avevo iniziato, come le prime foto scattate a Roccaraso di persone sulle sdraio colorate a righe. Ho chiamato quell'opera "1983" in onore dei film di Vanzina, un racconto dell'italiano medio in vacanza, una forma estetica che sulle Alpi è sempre meno diffusa: "qui si scia, non ci si riposa" mi dicono gli amici sudtirolesi. I lavori che sto facendo adesso, invece, hanno una ricerca più intimistica e le ombre ne sono la chiave. Cercare l’ombra, la proiezione, significa indagare un aspetto più intimo del soggetto e della sua interazione con la luce e il paesaggio. C'è una differenza sostanziale, emotiva e concettuale, tra queste due fasi.

Geometry - #3 Forte dei Marmi @ Jacopo Di Cera

Con quale approccio hai scelto di immortalare l’arco alpino?

L'approccio è sempre una ricerca di umanità, il desiderio di vedere e raccontare come le montagne vengono vissute. Il tema delle ombre è un'evoluzione, un focus che si è acceso sulla stessa ricerca. Poi c'è l'aspetto digitale legato alla consapevolezza ambientale. Ne è la prova l'installazione "Retreat" ad Art Dubai. L'arte, per me, ha il dovere di creare consapevolezza, di far riflettere su dati inoppugnabili come la perdita di centinaia di metri di ghiaccio in pochi anni. Il mio modo di raccontarlo, attraverso il videoloop dell'acqua che sgorga e il "grido" sonoro dei ghiacciai, vuole essere un pugno nello stomaco. La consapevolezza è il primo passo per generare un'azione e un percorso.

Cosa hai scoperto in questa tua indagine fotografica?

Ho scoperto un modo di vedere le cose che la mente umana non si aspetta, perché le immagini zenitali sono sempre nuove. Ciò che mi ha più colpito sono le contraddizioni in cui l'uomo vive, come nelle foto della spiaggia di Rosignano Solvay, dove la gente ignora l'evidente inquinamento per godersi una sabbia bianca del tutto artificiale e insalubre. Dall'alto queste contraddizioni si manifestano in tutta la loro totalità e questo è l'aspetto che mi guida a continuare la ricerca. La montagna è sempre stata un ambiente non facile, ma oggi mi affascina, la rispetto e la temo per la sua forza. È un luogo di grande pace, l'unico in cui riesco a volte a sentire il mio respiro. Il mio è un rispetto reverenziale: dobbiamo gestirla, esserne consapevoli e temere la sua imprevedibilità e la sua bellezza estrema. La natura è così grande e noi siamo piccoli: dobbiamo seguire le sue leggi.

Quale consideri il tuo scatto migliore?

La partenza della Marcialonga, con tutti gli sciatori in fila, tesi e nervosi, e uno solo che guardava dall'altra parte. Quello squilibrio è la bellezza del momento colto. Però, forse, le mie preferite sono quelle più difficili da ottenere. La fiaccolata notturna del 31 dicembre, per esempio, ha un valore importante per me perché l'ho cercata a lungo, l'ho immaginata e l'ho ottenuta con fatica, a -15 gradi e con le dita congelate in mezzo al nulla. Questo valore intrinseco fatto di fatica, sudore, freddo, ricerca, ostinazione e pazienza, per me è più significativo, anche se magari non ha l'impatto estetico immediato degli sciatori.

Marcialonga @Jacopo Di Cera

Senti il desiderio di catturare un’immagine ancora mai scattata?

Questa è la domanda che mi pongo ogni primo gennaio, quando decido cosa voglio fare e quale tipo di immagine sto cercando. Ho soddisfatto il desiderio della foto notturna e della Winter Race a Cortina con le macchine d'epoca. Adesso, il mio prossimo obiettivo è catturare le ombre di una polo competition sul ghiaccio, con i cavalli in azione. È un'immagine che trovo esteticamente affascinante, ma è complicatissima da realizzare con le restrizioni aeree e zone rosse che rendono quasi impossibile il volo con il drone. Ma la difficoltà e l'ostinazione sono da sempre il motore della mia ricerca.

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