I Fratelli Silos in mostra allo Studio d’Arte Raffaelli di Trento
© Studio d'Arte Raffaelli
Tutto può essere teatro.
Anche camminare per la strada.
Silas Borsos
Una mostra che risucchia il pubblico in un’atmosfera dai confini mutevoli, caratterizzata da un movimento insieme centrifugo e centripeto: un continuo alternarsi di espansione e contrazione, dal dettaglio sussurrato al panorama dilatato, dall’intimità calda e densa di teatri newyorkesi, ai vuoti urlati dai contrasti netti delle strade di Vancouver. Gli sguardi si muovono incessantemente, dentro e fuori, guidati da dispositivi capaci di creare incantesimi: che si tratti di tavole dipinte, frammenti ritagliati dalla “scatola magica” per eccellenza – il teatro –, oppure di visioni catturate, attraverso inquadrature fotografiche analogiche, in angoli sospesi e senza tempo di strade metropolitane.
Due gli artisti protagonisti: due fratelli che espongono per la prima volta insieme e per la prima volta in Italia allo Studio d’Arte Raffaellli di Trento fino al 15 dicembre nella mostra intitolata Broadway Dreams and the Vancouver Void. Sono Silas e Angus Borsos, entrambi nati in Canada e figli del celebre regista Phillip Borsos. A vederli a Trento, il giorno dell’inaugurazione, sembrano essi stessi parte dell’incantesimo, usciti per magia dalle loro opere.
Attraversata la soglia della galleria che dalla strada porta al magnifico Palazzo Wolkenstein, con i suoi preziosi affreschi, è Silas Borsos il primo dei due artisti che si incontra. Affacciandosi ai suoi piccoli rettangoli magici, tavole di piccole dimensioni dipinte ad olio, e poi all’enorme installazione su carta a tutta parete — la più imponente mai realizzata dall’artista — che trasforma la galleria in un vero e proprio Gesamtkunstwerk, ci troviamo a calpestare con le ciglia, sbattendo e risbattendo gli occhi per farci entrare tutto quello che vediamo, una nuova soglia magica. È la soglia del teatro, quella che trasforma tutto in magia, anche una semplice ombra, che si allunga, si allunga, si allunga, fino a diventare più reale della realtà che la proietta. Oppure a incarnare il pubblico di spalle che aspetta, sfoglia il libretto o manda l’ultimo messaggio, prima che le luci si spengano: eccoci lì con loro, infilati in quel momento in cui la realtà sta per zittirsi per lasciare spazio all’immaginazione, in cui ogni suono, ogni luce, ogni colore è la porta verso una dimensione altra, che non ci appartiene e ci appartiene più di ogni altra cosa allo stesso tempo.
Silas Borsos, nato a Toronto nel 1989 e oggi residente a Brooklyn (NY), è un pittore canadese naturalizzato statunitense. La sua formazione unisce studi artistici e umanistici: fino al conseguimento del Master of Fine Arts in Pittura nel 2020 alla New York Studio School. Ha esposto in diverse gallerie newyorkesi, dove ha tenuto diverse mostre personali. Le sue opere, per lo più di piccolo formato, si distinguono per pennellate dal carattere quasi impressionista, basta avvicinarsi che i dettagli si moltiplicano, la pasta si fa densa, piena e brulicante. Il tema centrale della sua ricerca è il teatro, che l’artista stesso definisce “una scatola magica e quasi sacra dove tutto diventa possibile”. In mostra sono presenti una decina di dipinti dedicati a palcoscenici, platee e attori, accanto a lavori che rappresentano scene cinematografiche e scendendo al piano interrato, come a scendere idealmente in metropolitana, anche disegni e schizzi di scorci o di persone incontrate in metro o nella città di New York, che costituiscono per lui una fonte costante di ispirazione.
E poi si compie un salto che è un po’ una capriola, ma una capriola fatta saltando dalla stessa altalena, e si incontra il fratello Angus Borsos e i suoi scatti che ci parlano anch’essi di vuoti sospesi e forse anche di una stessa magia. Nato anche lui a Toronto, nel 1986, Angus fin da giovanissimo segue le orme del padre entrando nell’industria cinematografica a soli quindici anni. Nel 2012 inizia a dirigere videoclip musicali, firmandone oltre venti, tra cui collaborazioni con artisti come Mac DeMarco, Julia Holter, Nite Jewel e Sean Nicholas Savage. La sua ricerca artistica a differenza del fratello si concentra sulla fotografia analogica in bianco e nero, con la quale esplora la città di Vancouver, luogo in cui attualmente vive e lavora. I suoi scatti raccontano in modo poetico paesaggi urbani e scene di vita quotidiana, restituendo in fotografia il vuoto esistenziale della metropoli canadese. In mostra sono esposte dieci fotografie, ciascuna con tiratura unica, che fanno da contrappunto alle visioni pittoriche del fratello Silas.