Contemporary Culture in the Alps
Contemporary Culture in the Alps
Since 2010, the online magazine on contemporary culture in South Tyrol and beyond in the Alpine environment.

Sign up for our weekly newsletter to get amazing mountain stories about mountain people, mountain views, mountain things and mountain ideas direct in your inbox!

Facebook/Instagram/Youtube
© 2025 FRANZLAB
Photography ,Visual Arts

Some Of These Days – You'll Miss Me Honey

Il progetto fotografico di Valentina Casalini in mostra alla Galleria 00A di Trento

24.09.2025
Francesca Fattinger

© Valentina Casalini

Everything started that day
only to fall apart,
while everything out was still
like a river in a dusty daydream nest.
Valentina Casalini

Quanto rumore può fare il silenzio? Quanto può essere concentrato in pochi centimetri di spazio? In un millesimo di secondo, in pochi colori che sfumano l’uno nell’altro, in linee che si intrecciano, in dettagli di vita tagliati ed esposti? In urli soffocati e sospesi fuori campo, in carezze trattenute alle soglie del tempo, in luci e ombre intrappolate in un istante che non sarà mai e sarà sempre, lì appeso sulle nostre ciglia, riversate su rettangoli di vita sospesa. Fotogrammi come altalene capovolte di un tempo che si fa e sfa tra le nostre mani che cercano in tutti modi di afferrarlo, trattenerlo, viverlo.  

La grana si fa larga, l’occhio si appoggia, trova pace, tempo di sosta, di sospensione. La vita si fa larga, la vita si appoggia, la vita trova pace, tempo di sosta, di sospensione. Ecco cosa mi accade quando mi avvicino all’opera fotografica di Valentina Casalini, curata poeticamente da Margherita Cestari, in occasione della mostra “Some Of These Days - You'll Miss Me Honey”, ospitata alla Galleria 00A di Trento e aperta dal 26 settembre al 17 ottobre 2025. Un’occasione per affacciarsi al precipizio del suo sguardo: “un essere qui, presenti a se stessi. Un essere soli, mentre qualcosa è già finito”, come racconta la curatrice.

Nel dialogo tra la fotografa e la curatrice emerge una mostra che è insieme intima e universale: le immagini in mostra, scattate tra interni familiari e spazi urbani, sospendono il tempo e trasformano il silenzio in materia, facendo dialogare assenza e presenza, fragilità e concretezza. Questo gioco di contrasti trova eco anche nell’allestimento e nel libro d’artista prodotto in occasione della mostra e concepito come una sua estensione: carta trasparente e rilegature metalliche, salotti domestici accanto a blocchi di cemento, fotografie che sembrano galleggiare nello spazio.

Mi aggiro tra le fotografie di Valentina Casalini e mi ritrovo al cospetto di un suono muto, interiore, una vibrazione che mi fa sostare davanti a qualcosa di inspiegabile a parole, qualcosa di profondo, pauroso e oscuro e al contempo leggero e luminoso, intimo, tenero ed eterno. Una nostalgia come un’eco lontana, un sussurro tra i capelli, che ci fa voltare e assistere a un’epifania, come la voce calda di una madre che è sempre con noi, anche quando non c’è.

© Valentina Casalini

 Valentina, partiamo dal titolo del progetto “Some Of These Days You'll Miss Me Honey”, di che cosa si tratta?
Il titolo viene da una canzone che ricorre ne La nausea di Sartre, un libro centrale per la mia crescita. Da adolescente ho attraversato anni complessi e in quel testo ho ritrovato sentimenti che non riuscivo a dire: è stata quasi un’epifania. La canzone, resa celebre da Sophie Tucker, per Sartre era uno scarto di leggerezza; per me introduce una sfumatura meno grave a un lavoro molto personale, a tratti pesante. In più è un titolo che non svela subito “di cosa parla” la mostra, ma ne accenna il tono.

In molte tue fotografie si avverte una nostalgia “di ciò che sta già andando via”. È un sentimento che ti appartiene?
Sì. Fin da piccola ho provato una nostalgia perenne, persino per ciò che immaginavo sarebbe accaduto. Fotograficamente questo diventa tentare di trattenere un attimo che è presente e insieme scivola via.

Interni ed esterni rimbalzano continuamente nel progetto: perché?
Per me non c’è una vera distinzione. Ho trovato conforto in certe strade come fossero salotti, e in certi salotti ho provato estraniamento. Anche quando fotografo paesaggi o architetture, lavoro spesso per azzerare la profondità e portare elementi diversi sullo stesso piano – come cemento e montagna, ad esempio, in uno scatto che sarà esposto in mostra – finché lo spazio diventa quasi intimo.

© Valentina Casalini

Gli interni sono luoghi biografici precisi?
Sì: la casa di mia nonna, dove ho dormito a lungo; l’ufficio di mia madre, in cui ho passato l’infanzia. Sono a pochi chilometri da casa: lampade, camere, dettagli che hanno una presenza affettiva forte. In una foto compaio anch’io, per la prima volta, ma in modo leggero, evanescente, quasi impercettibile.

Quando inizia questo progetto e come si è trasformato?
Le prime immagini sono del 2012. Ho scattato a lungo “a contagocce”: non fotografo sempre nel tempo libero, ma solo quando ho un’idea precisa. Dal 2020 ho dato forma al progetto; una prima presentazione parziale è arrivata tra il 2021 e il 2022 a Milano. Lo considero “chiuso” a fine 2022, con aggiunte e rifiniture fino al 2024. Nel tempo è cambiato il mio modo di raccontare: non volevo che fosse solo “fotografia urbana” o “d’architettura”, ma che respirasse emotivamente, senza diventare sentimentale.

C’è una ricerca tanto estetica quanto esistenziale.
Esattamente. La fotografia, per me, è stata anche un modo di respirare quando tutto era troppo. Mi ha aiutato a staccare la testa, a trasformare una pesantezza in forma.

Valentina Casalini © Stefano Pradel

Con Margherita Cestari, curatrice della mostra, come avete pensato l’allestimento?
Con Margherita abbiamo lavorato per creare un ambiente intimo, evitando la sequenza frontale “foto-parete-foto” che talvolta crea distanza. L’allestimento, per me, è parte del senso: può aprire il lavoro e renderlo più leggibile.

Questa mostra è una chiusura o un inizio?
Entrambi: una chiusura di ciclo e, spero, un’apertura verso nuove direzioni — magari in contesti diversi, con altri allestimenti.

Quali sono i riferimenti che ti accompagnano oggi?
Restano fondamentali La nausea di Sartre e alcuni autori che raccontano città e case come presenze; penso in particolare a un brano de Le notti bianche di Dostoevskij. Nel cinema, Antonioni — Il deserto rosso in particolare — per il passaggio dal reale all’astrazione. In pittura, Mondrian come sintesi di molte mie “linee” visive: dal realismo all’astrazione. Ascolto spesso i The National: la loro atmosfera mi è vicina. In fotografia guardo molto al paesaggio e ai “non-luoghi” americani del secondo Novecento, a Lewis Baltz ad esempio o alle atmosfere sospese di Dirk Braeckman. Scatti in cui facciate, parcheggi, lampioni bastano a dire dove sei. Le città hanno una morfologia che parla: a volte basta un mattone, un intonaco, una luce.

Se dovessi riassumere il progetto in una frase?
È la somma del mio percorso, come persona e come autrice: anni diversi, luoghi intimi, attimi sospesi che, messi insieme, dicono chi sono stata e cosa sto diventando.

© Valentina Casalini

Margherita, alcune domande anche a te. Ci sarà un libro d’artista che accompagna la mostra: come è stato pensato?
È in tiratura limitata e raccoglie l’intero ciclo fotografico dal 2012 al 2023. Stampato su carta satinata trasparente, gioca con sovrapposizioni e riflessi, restituendo un senso di memoria ed evanescenza. La rilegatura con dadi e bulloni introduce un contrasto materico che dialoga con l’anima del progetto.

Come si traduce questo gioco di contrasti nell’allestimento?
Abbiamo immaginato un ambiente intimo, quasi domestico, accanto a elementi industriali come cemento e lamiere. Così, accanto alle immagini di esterni in grande formato, troveremo un “salottino”, mentre gli interni saranno affiancati da materiali più duri e architettonici. È un modo per rendere visibile la tensione tra interno ed esterno, silenzio e rumore.

Quali soluzioni espositive userete per le fotografie?
Alcune stampe saranno presentate su vetro, sospese senza cornice, in contrasto con la solidità del cemento. Questo crea leggerezza e disorientamento, come se le immagini galleggiassero nello spazio. L’obiettivo è costruire un’esperienza che rifletta la poetica di Valentina: fragile e materica al tempo stesso.

SHARE
//

Tags

fotografia, 00A Gallery, valentina casalini, fotografia contemporanea, Margherita Cestari
ARCHIVE