(c) Marco Loss
A cosa serve l’arte se la recludiamo sempre di più in luoghi di nicchia lontani dalla vita delle persone, se la rendiamo complicata e distante, se chi la guarda non si sente a casa, ma soffocato da un senso di inferiorità e disorientamento? L’arte è vita, ne sono sempre più convinta. L’arte e la vita sono due facce di una stessa medaglia, ma spesso la releghiamo in ruoli e spazi che con la vita non hanno più niente a che fare e quindi ci ritroviamo al cospetto di luoghi e opere d’arte aliene e alienanti. Accade però, a volte, che l’arte riesca a farsi voce di questa necessità di vicinanza e contatto, fino a diventare essa stessa “casa” per chi la vive. Una di queste occasioni è “Home Specific Vol.0”.
Per due giorni, il 27 e il 28 settembre 2025, un appartamento di Trento smetterà di essere solo casa per trasformarsi in luogo di incontro, dialogo e scoperta. È qui che prende forma “Home Specific Vol.0”, il progetto curato da Sbrega Studio che porta l’arte lontano dalle cornici tradizionali di musei e gallerie per farla vivere tra muri domestici, letti, cucine e tracce di quotidianità. Ogni stanza diventa parte di un racconto corale, dove pittura, fotografia, illustrazione, scultura, installazione e performance non si limitano a essere osservate, ma abitano lo spazio insieme a chi lo attraversa.
Partiamo da voi. Un voi super sfaccettato: voi che “fate cose, tante cose”, dalla grafica all’illustrazione, dalla fotografia all’organizzazione di eventi e mostre: cosa e chi si nasconde dietro a Sbrega Studio?
Siamo una coppia che condivide le stesse passioni. Ci muoviamo tra grafica, illustrazione, stampa, fotografia e pittura. Ci piace sperimentare e far dialogare linguaggi differenti. Dietro Sbrega c’è la voglia di creare, la curiosità e l’idea di condivisione.
Come nasce l’idea di “Home Specific Vol.0” e cosa significa “riportare l’arte nello spazio domestico”?
L’idea è nata dal desiderio di utilizzare questo spazio per portare l’arte nelle sue diverse forme ad una dimensione intima, più vicina alla vita quotidiana. Spesso è difficile trovare spazi per esprimersi e ci sembrava un buon modo per utilizzare questo spazio.Tutto è nato da una domanda: e se facessimo una mostra dentro casa? Siamo abituati a vederla in spazi dedicati come gallerie e musei, ma la casa è lo spazio più intimo e personale che esista. Volevamo capire che effetto avrebbe avuto vedere le opere immerse in stanze vissute, tra mobili, oggetti e tracce di vita quotidiana.
Una domanda sugli artisti e sulle artiste: come li avete scelti? E che tipo di arte troveremo esposta?
Gli artisti sono stati scelti sia per affinità personale sia per la varietà dei linguaggi che portano: pittura, illustrazione, scultura, installazione, fotografia, performance. Volevamo una pluralità di sguardi che potesse dialogare in modo organico con le stanze della casa. All’inizio eravamo dell’idea esporre meno artisti, poi però rendendoci che conto che avremmo potuto dare spazio a tutti coloro che si erano candidati, abbiamo deciso di selezionare tutti, nell’ottica di non lasciare fuori nessuno.
Ritornando al concetto generale della mostra: qual è la differenza principale secondo voi tra vivere l’arte in casa e viverla in una galleria o in un museo?
La differenza sta nell’esperienza. In casa l’arte si deve adattare a ciò che già esiste, a spazi precostituiti. Le case spesso sono spazi semplici, ma questi spazi possono farci vivere le opere in maniera intima e diretta.
Gli ambienti della casa, quindi, diventeranno parte integrante delle opere? Come hanno reagito gli artisti a questa condizione? C’è un’opera che potete citare come esempio (o più di una) in cui si è creato un cortocircuito tra collocazione all’interno della casa e contenuto dell’opera stessa?
Sì, la casa è diventata parte integrante della mostra. Ogni stanza ha influenzato la disposizione e in alcuni casi anche la lettura delle opere. Un esempio? La performance di Sabrina Valle, che si innesta in un ambiente domestico creando una tensione tra il gesto artistico e lo spazio familiare che lo accoglie. Oppure i lavori di alcuni artisti che dialogano con arredi e oggetti presenti, trasformandoli in parte dell’opera stessa.
Questo è il “Vol.0”: significa che avete in mente un seguito?
Assolutamente sì. Il “Vol.0” è un inizio, un esperimento, un terreno di prova. L’idea è di proseguire con altri volumi, altri artisti, esplorando altre forme di convivenza tra arte e quotidianità. Speriamo di poter portare avanti questa iniziativa.