Il progetto collettivo dedicato al design di montagna, curato da Anna Quinz e che coinvolge 24 designer e brand, verrà presentato in anteprima ad Edit Napoli 2025, fiera dedicata al design editoriale e d'autore, dal 10 al 12 ottobre 2025
Artwork © Lucas Zanotto
Artwork © Lucas Zanotto
C’è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri.
Bruno Munari
Leggerezza, giocosità, bellezza, colore, funzione.
Che questi elementi potessero integrarsi e sublimarsi reciprocamente, tenendosi per mano, lo aveva già intuito Bruno Munari, e come lui diversi altri importanti designer, che avevano ravvisato nell’azione naturale del gioco, con la sua scanzonata spontaneità, una chiave creativa ed uno strumento di ispirazione per il design e la teoria del progetto, come anche per la scoperta del sé. L’istinto del gioco è primitivo e viscerale, coinvolge l’intera personalità degli individui, che siano bambini o adulti. Ingenera il nuovo, stimolando la sperimentazione e la relazione, in combinazione con l’entusiasmo ed il benessere. Esiste quindi uno stretto legame tra l’azione ludica, propria del gioco e l’invenzione che porta a definire determinate regole, strumenti, materiali. Tutti elementi, che mettono in ulteriore luce la prossimità tra le pratiche proprie della disciplina del design e l’azione naturale del gioco. Ma analizzando tali elementi a ritroso nel tempo, mediante il gioco, diventa anche possibile ricostruire la memoria storica di un popolo e di una civiltà, mettendone in luce lo stretto legame con il territorio e le sue risorse.
Il gioco può essere quindi una lente di osservazione straordinaria, sia sul passato che sul presente, come anche in direzione del futuro.
Il profondo connubio tra design e gioco è oggi anche al centro di Sciscioré. Il gioco come gesto alpino. Un nuovissimo progetto collettivo, curato della direttrice creativa Anna Quinz, esperta nella narrazione dei territori montani, che si propone di esplorare il design alpino sotto una lente inedita per questo contesto, ma anche autentica ed attuale: quella del gioco. Un progetto che intende sfatare stereotipi e luoghi comuni sul design di montagna, partendo anche dalla matrice storica del giocattolo, oggetto realizzato nel contesto alpino da secoli, fino alle epoche più recenti.
Come ci dice la curatrice: Più che incantata, la montagna – o la sua rappresentazione – oggi sembra quasi congelata. Il design alpino è da tempo ingiustamente intrappolato tra i due stereotipi di un kitsch sentimentale e di un iper-minimalismo algido e fin troppo austero. Cliché che hanno appiattito la complessità di una cultura al contrario sfaccettata, stratificata, fertile, dai tratti inaspettatamente leggeri, ludici e carichi di colore.
Sciscioré. Il gioco come gesto alpino sarà presentato in anteprima a EDIT Napoli, la fiera dedicata al design editoriale e d'autore, in programma dal 10 al 12 ottobre 2025 a La Santissima di Napoli. Da qui, Sciscioré farà rotta verso altri luoghi, a partire, naturalmente, da quelli di montagna. In attesa dell’imminente viaggio del design alpino verso il mare partenopeo, vi lascio alla voce e ai giocosi progetti per il futuro della curatrice Anna Quinz.
Anna, quale aspetto ti ha stimolato maggiormente nel portare il progetto collettivo Sciscioré- che presenta l’opera di designer del territorio alpino – nel contesto della fiera EDIT Napoli 2025, agli antipodi sia geograficamente, che culturalmente?
È proprio la dimensione degli opposti ad avermi attratto, oltre naturalmente al contesto di eccellenza rappresentato da EDIT. Durante l'estate, una selezione di prodotti provenienti dalle passate edizioni della fiera partenopea è arrivato a Bolzano portando qui aria di mare, mi piaceva l'idea di fare l'opposto e portare l'aria di montagna a sud, vicino al mare. Fatta questa premessa "geografica", mi interessa sopratutto sfatare miti e stereotipi legati all'estetica del design di montagna, così spesso cristallizzato in immaginari che non corrispondono alla reale creatività delle nostre terre, capaci invece di pensare e realizzare oggetti e progetti così diversificati, stratificati, complessi, giocosi e certamente non banali per mano di designer che qui sono nati o che qui vivono. Mostrare tutta questa varietà e ricchezza proveniente dalle montagne è un po' una missione per me e per Sciscioré.
Sciscioré porta l’attenzione sul gioco e la sua gestualità come dinamica creativa e produttiva nel design contemporaneo. Ci sono maestri della storia del design o creativi del passato che ti hanno ispirato o guidato nell’ideazione e curatela del progetto?
Certamente, il tema del gioco – sia nel senso stretto del giocattolo, che inteso come pensiero progettuale – è molto caro al design, penso a Bruno Munari ed Enzo Mari, per me dei maestri, o a tutto l'universo straordinario dei giocattoli Bauhaus, ma anche guardando al contesto locale/alpino ci sono stati più esempi di grande ispirazione come gli straordinari giocattoli e marionette di Fortunato Depero, i progetti "giocosi" e dinamici di Gianni Pettena (come il divano Rumble), le sedie per bambini progettate da Othmar Barth e poi chiaramente i colori di Ettore Sottsass (originario di Innsbruck)... i riferimenti sono tanti e diversificati ed è stato anche interessante scoprire le intersezioni tra design e artigianato legato al giocattolo, storicamente così importante in queste terre di montagna. Penso ai disegni dell'artista/designer Anton Hofer per i giocattoli dell'azienda gardenese Sotriffer o l’incredibile design dei giochi della Sevi...
Cosa ti auspichi per il futuro di Sciscioré?
Spero che la tappa napoletana sia solo l'inizio di un lungo percorso per Sciscioré, un progetto che vorrei si sviluppasse nel tempo, aggiungendo tasselli e nuove tappe in cui mostrare questa ricchezza straordinaria del nostro design. Abbiamo in mente chiaramente un "ritorno a casa", dove vorremmo riproporre l'installazione, tra le montagne, ma sarebbe interessante arrivare anche a Milano, culla del design. Mi piacerebbe anche che questo progetto fosse da stimolo per i giovani designer, perché possano incontrare i saperi artigianali antichi, ma anche per riproporre e ri-produrre giocattoli del passato usciti di produzione...
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