+/-FOLK: là dov'era la guerra, oggi è l'arte

+/-FOLK: là dov'era la guerra, oggi è l'arte

Michael Fliri, Antoinette Bader © +/-FOLK

C'è qualcosa di profondamente poetico nel vedere l'arte fiorire dove un tempo regnava la guerra. In Alta Val Venosta tre luoghi apparentemente distanti tra loro - la Chiesa di San Vito, il Bunker 23 e il Bunker 5 - si uniscono in un percorso espositivo che sfida ogni convenzione, trasformando fortificazioni militari e spazi sacri in teatri di una riflessione contemporanea sul folklore che va ben oltre la nostalgia.

La trilogia "+/-FOLK", curata dal designer altoatesino Daniel Costa, si snoda attraverso questi spazi carichi di storia con la leggerezza di chi sa che l'arte può davvero cambiare il mondo, un bunker alla volta. Il progetto prende vita dalla visione di Bernhard "Benny" von Spinn, l'artista che ha acquistato e restaurato il Bunker 23 sopra Tarces, trasformando quella che era una postazione di mitragliamento del Vallo Alpino in una galleria dove risuonano ancora le note di "Give Peace a Chance" di John Lennon.

Daniel Costa, Othmar Prenner © +/-FOLK Gabi Veit, Christian Chang, Peter Burchia © +/-FOLK
About the authorSilvia M. C. SenetteSono stata una bambina “multipotenziale” ante litteram. Ora sono una donna “multicomunicativa”: giornalista per curiosità e per una [...] More
La morte prematura di Benny ha lasciato un vuoto incolmabile, ma il suo sogno continua a vivere. Come scriveva un amico: "Il bunker di Benny era una piattaforma per tutto ciò che si potesse immaginare, una rampa di lancio per l'extra-ordinario". Oggi la cupola di cemento nudo è circondata da una corona di staccionata di legno che segue l'onda sonora della dichiarazione d'amore musicale di Lennon alla vita, visibile da lontano come un faro di speranza.

Nella Chiesa di San Vito sulla collina di Tarces, gli artisti venostani Jörg Hofer e Kurt Hofer dialogano per la prima volta con l'assenza più eloquente: quella della "Pietà" di Karl Plattner, esiliata ad Alsack e quindi esclusa dalla mostra. I due artisti giocano con una cornice vuota nelle masse originali dell'opera, creando uno spazio che permette di ipotizzare l'assenza e offre a entrambi l'opportunità di reinterpretare il capolavoro. Un pittore e un poeta visivo entrano così in conversazione non solo tra loro, ma con lo spirito di Plattner stesso, raccontando storie attraverso polvere di marmo e tempera all'uovo, legno, canapa e pietra.

Al Bunker 23 l'interpretazione del folklore si fa corale e internazionale. Artisti come Reinhard Breitenberger, Thomas Bricoult, Martino Gamper e Christina Gurschler si mescolano a creativi locali come Heinrich Moriggl, Elisabeth Oberrauch e Andreas Rier, creando un dialogo tra radici familiari e tradizioni lontane. Le opere oscillano tra ornamento e astrazione, utilizzando fiori e animali che accompagnano la vita quotidiana in modo narrativo o simbolico, mentre creature mitiche aprono porte verso mitologie e fantasie condivise.

Il progetto di Othmar Prenner del 2014 colpisce dritto al cuore del bunker: una roulotte che sporge dall'interno della fortificazione, simbolo di mobilità e libertà che si combina con la fissità del cemento come eredità materiale di un passato gravoso. La pace, sembra suggerire l'installazione, ha bisogno di libertà e della possibilità di essere sfacciata, vive di tolleranza e della capacità di guardare con occhi nuovi anche i relitti del fascismo.

Graham Hollick, Hubert Kostner © +/-FOLK Jörg Hofer, Kurt Hofer © +/-FOLK

Nel Bunker 5 di Malles, Michael Fliri e Antoinette Bader esplorano invece il tema della maschera: oggetto che accompagna l'umanità da oltre 11.000 anni. Dalle maschere rituali a quelle punitive, dalle maschere antigas ai Krampus della tradizione locale, la coppia di Tubre  in Val Monastero getta nuovi sguardi su ciò che si nasconde dietro ogni volto coperto. In dialogo con loro, maschere della valle si confrontano con opere di artisti internazionali come Graham Hollick e Gerald Pirner, mentre i bambini della scuola elementare di Malles portano la loro visione innocente e diretta.

Silvestro Geier, Gabriel Plangger, Tina Gurschler, Karolina Gacke © +/-FOLK Agnes Holzapfel © +/-FOLK

Il percorso espositivo - visitabile ogni domenica dalle 13 alle 18 fino al 26 ottobre, con visita guidata disponibile al Bunker 23, per i gruppi anche durante la settimana - più che una mostra è un manifesto; dimostra che l'arte può trasformare luoghi di guerra in spazi di incontro, che il folklore non è nostalgico rimpianto ma materia viva capace di rinnovarsi, che la creatività può davvero dare un senso nuovo alla storia. Come diceva Rainer Maria Rilke, citato dal curatore della mostra: "Se la vostra quotidianità vi sembra povera, non accusatela; accusate voi stessi, ditevi che non siete abbastanza poeti per evocarne le ricchezze; per il creatore non esiste povertà, né luogo povero e indifferente". In Alta Val Venosta la ricchezza poetica del quotidiano diventa tangibile, visitabile e condivisibile.

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