Visione e rivoluzione fotografica
Il fotografo e artista Marco Pietracupa è il curatore per il 2025 della Galleria Civica di Bressanone

Marco Pietracupa sotto l'installazione di Leander Schwazer © Leonhard Angerer per Südtiroler Kuenstlerbund
La Galleria Civica di Bressanone ha inaugurato il 2025 con una svolta significativa. Al timone della direzione artistica è arrivato Marco Pietracupa, fotografo brissinese di fama internazionale che, dopo anni di carriera tra Milano e le capitali della moda, torna nella sua città natale per intraprendere un nuovo capitolo professionale.
La prima mostra sotto la sua direzione, "Tutti i presenti che non sono mai esistiti" inaugurata lo scorso 21 febbraio, rimarrà allestita fino al 22 marzo negli spazi dei Portici Maggiori. Un luogo che, per chi conosce la storia recente della Galleria, evoca immediatamente il ricordo della sorprendente performance "Thoughtless" del 2018, quando lo stesso Pietracupa aveva trasformato gli ambienti della Civica in un immenso acquario popolato da otto carpe Koi.
Oggi le pareti sono state ridipinte metà in nero e metà in bianco: una dualità cromatica che segna gli spazi con un'atmosfera di chiaro rinnovamento. E, anche all'esterno, l'installazione luminosa di Leander Schwazer con le ultime parole di Giovanni Segantini "Voglio vedere le mie montagne" annuncia ai passanti che qualcosa è cambiato.

Marco, come sei arrivato alla direzione artistica della Galleria Civica di Bressanone dopo anni di carriera nella fotografia?
È stata la curiosità a spingermi fuori dalla mia comfort zone. Ho partecipato al bando per il 2025 desiderando esplorare il punto di vista del curatore. La fotografia mi accompagna fin da ragazzino, quando usavo la macchina di mio padre e sondavo il mio mondo artistico mentre facevo altri mestieri più comuni, dal commesso all'elettricista. Nato a Bressanone e cresciuto a Rio Pusteria, ho lasciato l'Alto Adige a 26 anni per Milano, dove mi sono formato all'Istituto Italiano di Fotografia. Lì ho intrapreso la carriera nel mondo della moda, mantenendo sempre un filone artistico parallelo che è emerso solo anni dopo. Prima della pandemia ho definitivamente virato verso il mondo artistico.


Ho voluto costruire un programma interamente dedicato a quella che chiamo "Nuova Fotografia". Non si tratta semplicemente di portare della fotografia alla Galleria, ma di parlare di fotografia, di come questo mezzo stia evolvendo oltre i suoi confini tradizionali. Il fotografo contemporaneo usa il digitale per creare immagini astratte, si contamina con il video, riscopre la camera oscura per poi lanciarsi in elaborazioni digitali. Artisti come Thomas Ruff o Andreas Gursky sono passati da fotografi ad astrattisti attraverso l'uso di Photoshop. Si parla ormai di digital paintings: partendo da una fotografia si arriva a dipingere la realtà con mezzi extrafotografici. Mi piacciono i contesti in cui vengono mixati tutti gli strumenti a disposizione per esprimersi.
Una ricerca sia tecnica sia concettuale?
Esattamente. È una riflessione sulla percezione della realtà catturata dalla fotografia. Vorrei che il pubblico imparasse a distinguere tra fotografia come linguaggio artistico e mera produzione di immagini: c'è, nella mia visione, l'intenzione di educare a un nuovo tipo di alfabetizzazione visiva. Con questi nuovi mezzi si aprono possibilità prima impensabili; puoi tornare alle tecniche antiche ma con la libertà totale di creare immagini mai viste. È stimolante perché oggi puoi fare con la fotografia quello che vuoi, si aprono possibilità e confini che prima con la fotografia erano più limitati.

Oltre ai contenuti, hai rinnovato anche l'aspetto estetico della Galleria Civica.
Voglio darle un'identità precisa. Ho cambiato l'approccio grafico chiamando Atto Belloli Ardessi da Milano, ho ridipinto metà degli interni di nero per creare un'atmosfera differente e ben connotata e ho commissionato a Leander Schwazer un'installazione esterna che fungerà da insegna per tutto l'anno. Nella penombra dei portici brilla la scritta luminosa "Voglio vedere le mie montagne": una frase di Giovanni Segantini che racchiude l'anelito di guardare lontano. Questi elementi attirano l'attenzione e creano curiosità verso ciò che accade all'interno.

Parliamo della mostra attualmente in corso, "Tutti i presenti che non sono mai esistiti". Come hai selezionato gli artisti?
Roger Weiss e Valentina De'Mathà provengono dal mondo della fotografia ma la portano oltre i confini tradizionali. Entrambi si inseriscono esattamente nel solco del tema che voglio approfondire: quello della sperimentazione. Roger ha creato per la prima volta video statici, appositamente per questa mostra, mentre Valentina "dipinge"in camera oscura utilizzando gli acidi. Sono una coppia anche nella vita, ma non avevano mai esposto insieme.
Questa è la tua prima esperienza di curatela per altri artisti?
Questa è la prima curatela vera e propria che seguo per altri, ma ho realizzato per me delle mostre importanti: l'ultima a Milano con FutureDome, "The Vacuum Decay" nel 2023, dove per la prima volta ho inserito delle tecniche digitali per esprimermi su un altro livello e proseguire nella mia ricerca. E poi avevo avuto delle esperienze con il collettivo Butch-ennial di cui faccio parte (gli altri membri sono gli artisti Ruediger Witcher, Hannes Vonmetz Schiano e l’architetto Stefano Peluso) e che lavora con le installazioni per esplorare altre forme d'arte. Lì nasce la mia capacità di curare mostre. Con loro, per esempio, nel 2019 abbiamo trasformato proprio la Galleria Civica di Bressanone in un vero acquario...
Come è strutturata l'esposizione attuale?
La galleria è concepita come un'abitazione metaforica con diversi livelli di intimità. Lo spazio è diviso cromaticamente: una metà con pareti scure, l'altra bianca. Nell'area scura, Roger presenta video installazioni della serie "Cronotopi domestici" in cui un'intelligenza artificiale altera la linearità temporale e rimuove gli oggetti mediatori delle azioni quotidiane, come una persona che pulisce senza aspirapolvere. Valentina espone invece opere su poliesteri emulsionati trasparenti che esplorano la frammentazione dell'identità e della percezione di sé. Nell'area bianca si crea un giardino metaforico con l'opera "Cyclical Time" di Roger al centro: un video a pavimento di persone che attraversano una piscina, creando cerchi concentrici che frammentano e ricompongono l'immagine. Sulle pareti, Valentina presenta opere della serie "Four Seasons" che parlano della fluidità dei passaggi temporali. La sala più piccola, la più intima, ospita video di rituali quotidiani in bagno di Roger e un trittico di Valentina che simula un paesaggio oltre la finestra.


Che esperienza intendi offrire ai visitatori?
Un'immersione sensoriale completa. I video di Roger generano un'alterazione sonora che crea un paesaggio acustico surreale che amplifica il senso di straniamento. Le opere riflettenti di Valentina incorporano lo spettatore nell'opera stessa. Il visitatore è invitato a esplorare il dialogo tra materialità e immaterialità, tra rappresentazione dei fatti e analisi psicologica. È un viaggio in cui il familiare diventa straordinario, dove riscoprire una consapevolezza che riconnette con la ricchezza del presente.
Cosa aspettarci per il futuro della tua direzione?
Porterò a Bressanone artisti di primo piano del panorama fotografico internazionale che lavorano oltre la fotografia tradizionale, sia analogica sia digitale. La mia ambizione è posizionare la Galleria Civica come punto di riferimento per le nuove forme espressive nell'ambito della fotografia contemporanea.
