
Sabine Steinmair, portrait
Intrecciare, cucire, annodare, comporre: sono tutti verbi che richiamano alla mente una qualche forma di abilità concreta e manuale; se colti invece più astrattamente o in senso figurato possono non difficilmente evocare un’idea di cambiamento di stato, momentaneo o definitivo di oggetti e forme, circostanze e relazioni.
Nella poetica e nell’opera di Sabine Steinmair, che attinge a tecniche artistiche differenti, alcune delle quali ereditate dalla tradizione artigiana tipicamente femminile della sua terra d’origine, l’Alto Adige, come il ricamo, la maglia e l’uncinetto e poi mutuate in una visione dal forte tratto contemporaneo e cosmopolita, mi è sembrato di poter cogliere il primato del gesto, del segno istintivo e della dislocazione. Una centralità del transito fisico e sentimentale, che conferisce ai suoi lavori leggerezza e impalpabilità, giocosità e accuratezza, ma anche concretezza e materialità.

Sabine, come è nata l’idea di questa mostra?
L’idea nasce dal dialogo e dall’amicizia con Anuschka Prossliner. Anuschka è un’insegnante di arte ed un’artista molto brava che realizza disegni delicati ed intensi, ma anche fotografie. Abbiamo diversi interessi in comune e visioni estetiche e filosofiche affini che ci hanno avvicinato. Condividiamo in particolare la passione per la letteratura, oltre che per l’arte ed entrambe abbiamo sempre trovato ispirazione per le nostre creazioni negli universi immaginifici dalla scrittura narrativa e poetica.
Era da tempo che Anuschka desiderava esporre i suoi lavori, mentre io al proposito avevo un’idea più vaga e lontana. Dialogando con lei ho capito che forse questo poteva essere il momento giusto anche per me per mostrare ad un pubblico il mio operato di tanti anni di attività. In prospettiva della mostra ho quindi lavorato più intensamente ad alcune mie creazioni per completarle, portandole ad una veste finale e voilà eccomi qui!



Cosa ritieni invece di condividere con Anushka Prossliner in termini espressivi?
Anuschka presenta una serie di ampie opere bidimensionali su carta realizzate con fineliner, penna a sfera e matite colorate. I suoi dipinti sono lavori introspettivi, espressione di un sentire intimo, di gesti impalpabili e lievi, delicati e profondi. E il mio lavoro è in parte simile in questi aspetti, seppur con esiti differenti. Fin da ragazzina ho coltivato l’interesse e la curiosità verso alcune attività manuali basate sull’immediatezza e semplicità del gesto come il ricamo, la maglia e l’uncinetto. Attività tipicamente femminili, all’apparenza umili, ritenute spesso “minori” tra le arti, ma che attraverso i secoli hanno dato libero sfogo alla creatività di tantissime donne vissute in realtà e culture differenti. A me piace realizzare oggetti che mischino tecniche tradizionali e non, così come combinare trame e texure differenti, sperimentando nuovi modi di praticare l’uncinetto, la maglia e il ricamo. Negli anni ho anche sempre raccolto e collezionato materiali di varia provenienza che poi mixo, come lane, seta, ricami, pizzi, passamanerie, filati antichi di metallo, fili mizuhiki di carta dal Giappone ecc.. Realizzo i miei oggetti con una pratica lenta ed intensiva, con una gestualità spontanea, fluida e reiterata, finché raggiungo la forma espressiva cercata.
Sabine cosa porti in mostra a Bolzano?
Porto in mostra una serie di oggetti, ma anche alcuni abiti e disegni. I disegni, naturalmente, sono i pezzi più spontanei, espressivi, ma anche più figurativi del mio lavoro; tra questi ci sono dei ritratti, raffigurazioni di cose che ho in casa, piante, animali, le montagne alpine. Mi sembrava interessante accostare disegni e oggetti per mostrare la globalità del mio lavoro con al centro l’immediatezza del gesto che, da leggero e veloce nel disegno, diventa più intenso ed ossessivo negli oggetti. I disegni nascono nell’arco di un giorno, a volte anche di qualche ora. Gli oggetti lavorati a mano con tecniche diverse hanno invece una genesi e una realizzazione decisamente più lunga e complessa. Alcuni li ho iniziati addirittura quindici-venti anni fa, li ho messi da parte per qualche tempo e poi di nuovo ripresi e rimaneggiati in diversi momenti, quando ero in viaggio o avevo più tempo libero ed infine li ho portati con me dagli States all’Italia. Alcuni di questi manufatti li ho conclusi solo pochi giorni fa.
E come avete curato l’allestimento insieme con Anuschka?
Durante gli incontri con Anuschka abbiamo riflettuto a fondo sull’allestimento. Ci sembrava fondamentale trovare il giusto equilibrio tra i nostri lavori all’interno dello spazio espositivo. Abbiamo scelto di esporre i disegni di Anuschka esclusivamente a parete, tracciando un loro percorso di sala in sala, mentre i miei lavori occuperanno gli spazi della galleria in maniera più libera, su espositori cubici in legno e vetro, piedistalli e tavoli che ha progettato l'architetto Maurizio Berni e che ho fatto realizzare da artigiani locali. Per quanto riguarda i miei singoli lavori ho calibrato attentamente l’allestimento, cercando di immedesimarmi con l’occhio neutro di uno spettatore esterno. Non è stato semplice progettare degli elementi espositivi che dessero il giusto rilievo all’eclettismo della mia opera e al carattere “umile” e fragile di alcuni miei manufatti, che sono nati per esprimere ciò che sentivo in un certo momento e non per essere esposti. Spero di esserci riuscita.
Esponi in galleria anche un grande calendario… Di cosa si tratta?
Il calendario è un progetto particolare, un po' a sé rispetto agli altri: si tratta di un mix – media di grandi dimensioni che sarà esposto all’entrata della mostra. Il calendario è nato come regalo per mio marito. Presenta 365 oggetti creati per ogni singolo giorno, disposti in altrettanti alloggiamenti, tutti cuciti tra loro con fili di carta del Giappone. Per ogni giorno ci sono poi dei rimandi alle mie letture, a romanzi e frasi che ho amato particolarmente e che mi hanno ingenerato delle riflessioni. Ho voluto collocare questo lavoro all’ingresso dell’esposizione, perché riassume un po' in toto il mio universo creativo: vi si ritrova la mia passione per la scrittura, la letteratura e l'objet trouvé; c’è la componente sentimentale ed affettiva, l’impiego di materiali e tecniche diversi mixati tra loro.
Ho iniziato il calendario venti anni fa e l’ho concluso ora, aggiungendo una struttura rotonda in metallo che lo sorregge con 36 aperture. Il calendario ha richiesto molto lavoro nel corso degli anni. Era appeso nel nostro appartamento di New York ed è legato a tanti momenti di vita della nostra famiglia: per me è un oggetto speciale e sono felice di portarlo in mostra.
Sabine, mi hai parlato di ispirazioni letterarie... Chi sono gli autori che ami di più e ti hanno ispirato maggiormente?
Sono moltissimi e naturalmente molto diversi tra loro per provenienza, epoca, visione e stile. Diciamo che il loro influsso sulla mia opera avviene più che altro per piccoli dettegli, elementi bizzarri che colpiscono la mia immaginazione: fili sottili più o meno intrecciati e riconoscibili, ma anche per le particolari atmosfere e riflessioni esistenziali che la scrittura riesce ad evocare. Posso citare alcuni autori in lingua tedesca come Robert Walser, Georg Büchner e Friedrich Dürrenmatt; in lingua italiana come Cesare Pavese, Luigi Pirandello, Italo Calvino ma anche poeti come Paul Celan, Francis Ponge. Amo anche gli autori russi, come Anton Čechov, Michail Bulgakov e la letteratura giapponese del passato e contemporanea.


Sabine hai scelto di tornare a vivere a Merano. Che legame hai con la tua terra di origine e con la cultura ed il paesaggio che la contraddistinguono?
Ho sempre amato viaggiare e conoscere realtà diverse, sentendomi cittadina del mondo. Tuttavia trovo che la cultura dell’Alto Adige con la presenza forte della sua natura, stretta tra alte montagne - così come la cultura che contraddistingue le isole, penso per esempio al Giappone e a luoghi particolarmente appartati, dove il linguaggio e i saperi si sono conservati e tramandati nel tempo – mi abbia in parte influenzato oltre che affascinato. Ho attinto a livello iconografico all’immaginario alpino e a certe peculiarità e soggetti propri di questi luoghi, penso alle montagne, ma anche alla flora e fauna locale, ad animali come il cervo e la capra, solo per fare qualche esempio. Ma penso anche alla cura e alla dimensione intima che contraddistinguono certe pratiche femminili come il ricamo e l’uncinetto. Personalmente trovo la ritualità di tali attività quasi ipnotica e capace di aprire la percezione a spazi molto ampi, ma anche silenziosi, con azioni che, se eseguite con ostinazione e precisione, possono condurre ad amplificare il gesto dal piccolo al grande, dal dettaglio minuzioso ad un nuovo insieme, ampio e sorprendente. È un po' come per l’alpinismo: è soltanto mettendo un passo dietro all’altro, con concentrazione e cura, che si può raggiungere la cima, contemplandone la vastità e la quiete.