L'architettura come specchio di una società in cerca di lentezza
In mostra a Kunst Meran Merano Arte le trame architettoniche dell'Alto Adige che cambia

Pedevilla Architects & Willeit Architektur, Edificio di servizio, 2020, Passo di Monte Croce, Sesto, © Gustav Willeit
"L'architettura siamo noi: una società, attraverso l'architettura, compie un autoritratto fedele, maniacale, perfetto; se noi vogliamo capirci, dobbiamo osservare l'architettura".
Bricolo è parte della giuria internazionale, composta anche dall’architetta svizzera Annette Spiro e dalla collega spagnola Elisa Valero Ramos, che ha selezionato 56 progetti tra oltre 240 candidature. Ventotto sono presentati in modo esaustivo, altri ventotto in sintesi, in un viaggio che traccia un percorso rappresentativo, ispirato da domande critiche e da un’intuizione che ne ha guidato la scelta: cosa distingue l'architettura dell'Alto Adige? E in cosa rispecchia l’identità della sua comunità? "Non si tratta delle opere "migliori" - premette Bricolo - ma di quelle che raccontano una storia, che individuano percorsi e strategie, offrendo una visione critica e poetica di un dialogo tra tecnologia e paesaggio".

Una visione che va oltre la mera efficienza energetica. "Oggi si tende a pensare agli edifici in termini prestazionali, ma un edificio può avere un’ottima efficienza senza dialogare con l’ambiente e lo dimostra il modello-Milano - prosegue l'architetto -. Qui in Alto Adige, invece, vediamo il tentativo di ripristinare un dialogo con il contesto e il paesaggio, di creare un’architettura che non sia solo un oggetto, ma una presenza". Il concetto di edificio avveniristico è superato. "Per fortuna questo periodo delle utopie dell'avanguardia è terminato; di queste opere, mi ha colpito che non cercano di essere futuro, di essere innovazione, e soprattutto non cercano quella velocità che vediamo nelle metropoli, con le sue architetture isteriche - analizza Bricolo -. Ho trovato in Alto Adige un antidoto a certi semplicismi, l'idea di ritrovare una lentezza di cui la società contemporanea ha bisogno: l'architettura può essere un presidio di lentezza, per imparare a vedere bene il mondo, a vedere le cose da vicino".

La mostra, strutturata in sette sezioni tematiche, esplora il legame tra costruzione e territorio. In "Riuso riflessivo" spiccano i progetti di recupero architettonico che adottano un approccio rispettoso verso edifici storici, come nel lavoro di Lukas Wielander e Martin Trebo su una struttura medievale a Glorenza che fonde tecniche moderne con esigenze abitative contemporanee. O l’intervento di Markus Scherer su un complesso conventuale e una scuola di Merano, che dimostra come il nuovo possa convivere con l’antico senza infrangere il dialogo visivo con la storia. "Ogni intervento qui non è mai neutro - spiega Bricolo -. Piuttosto è una forma di rispetto per ciò che esiste e, in qualche caso, un atto di cura che salvaguarda la memoria storica".

Protagonista del cambiamento è anche la sezione “Evocazioni urbane”, che guarda al dialogo tra architettura e tessuto cittadino. La Biblioteca Civica di Bressanone dello studio Carlana Mezzalira Pentimalli è un esempio paradigmatico: moderna e sperimentale, si integra nel contesto storico senza fratture in un omaggio alla città che si apre alle influenze del contemporaneo. "Bressanone sta vivendo un momento di straordinaria intensità architettonica. Le architetture moderne - sottolinea Bricolo - quando riescono a essere memorie latenti del passato diventano non solo esempi virtuosi di progettazione, ma spazi capaci di rivitalizzare le città".

La sezione "Architettura naturans" rimanda alla natura come matrice ispiratrice. Nel caso della nuova Cantina Pacherhof a Novacella, progettata dallo studio bergmeisterwolf, l’edificio sembra trasfigurare la montagna stessa in una struttura architettonica, esemplare per la sua integrazione con il paesaggio. "Non è una tendenza formale, ma un atto di adesione al territorio - spiega l'architetto veronese -. L'architettura non cerca di essere sovrastante ma, in dialogo, si evolve in continuità con l’ambiente circostante". In "Topografia partecipata", il rapporto con il suolo e le sue irregolarità è al centro: "Il Centro Protezione Civile Renon, progettato da Roland Baldi Architects, sembra scolpito nel declivio naturale, con una facciata in cemento che richiama le Piramidi di terra, formazioni naturali del territorio".


Nella varietà dei progetti esposti, emerge anche la connessione tra architettura e artigianato, evidenziata nella sezione “Vernacoli plausibili” con interventi che reinterpretano la tradizione in chiave moderna, come nello Zierhof in Val di Fleres di Naemas Architekturkonzepte. Qui l’architettura non è mero sfoggio estetico ma una fusione consapevole di memoria storica e innovazione. "Non si tratta solo di replicare elementi iconici - precisa il curatore - ma di dare nuova vita a tecniche e materiali, in modo che l'architettura diventi cura per la memoria".

Frammenti di un racconto più ampio che l’Alto Adige offre attraverso la sua architettura contemporanea. La mostra, nella sua interezza, fornisce l'ultimo tassello di un puzzle che fa emergere come negli ultimi 24 anni l’architettura locale si sia evoluta, passando da una stretta connessione geografica a una maggiore apertura internazionale, pur rimanendo ancorata a una sensibilità unica per il contesto e l’ambiente. Le strutture in legno, i pigmenti naturali che colorano il cemento e il ricorso alle risorse locali come materie prime testimoniano l’impegno per una simbiosi con il territorio. Filippo Bricolo riassume questo lungo viaggio architettonico come una "ricucitura dello strappo della modernità": "il tentativo di riconnettere le tecniche costruttive contemporanee al paesaggio, allontanandosi dalla tecnologia ubiqua e anonima per abbracciare nuovamente il luogo, la memoria, e la natura stessa".
Il catalogo della mostra, realizzato da granit Studio e pubblicato da Edizioni Park Books, ospita sezioni critiche che interrompono la presentazione dei progetti come un ipertesto, invitando il lettore a un’esperienza immersiva e non lineare. “È una sorta di libro dentro al libro che rinnova l’idea di catalogo e di mostra”. Con la stessa struttura modulare dello spazio espositivo, dove legno e pannelli in cartone danno vita a combinazioni aperte, "Architetture Recenti in Alto Adige 2018-2024" si presenta come un luogo di riflessione aperto al pubblico, in cui le domande iniziali sull’identità architettonica del territorio si rinnovano a ogni sguardo, per osservare l’architettura come specchio della nostra sensibilità culturale e della nostra evoluzione collettiva.
