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August 29, 2024

Neues Leben, neues Glück? L’artista Laura Pan “partorisce” riflessioni e pensieri sulla nascita

Elisa Barison

Neues Leben, neues Glück? Riflessioni e pensieri sulla nascita è il titolo della mostra attualmente ospitata alla Galleria Civica di Bressanone e allestita fino al 7 settembre 2024. A cura di Linnea Streit, la mostra collettiva con opere delle tre artiste Helga von Hofe, Laura Pan e Sarah Solderer, si interroga su uno dei temi più emotivi e ambivalenti di sempre: dare la vita.

Le artiste affrontano gravidanza, parto e tutto ciò che ruota attorno alla nascita con approcci molto differenti, segnalando così che forse nessun’altro tema merita maggiormente di essere discusso e analizzato caso per caso, persona per persona, e che spesso a portare una nuova vita dentro di sé e a donarla è la persona meno ascoltata e compresa di tutta la “rete”.

Una delle tre artiste, Laura Pan, rivela il suo contributo alla mostra raccontando il coinvolgimento della scrittrice Monica Trettel, che questo sabato, 31 agosto alle 16.00, presenterà in galleria il suo ultimo libro “La zuppa di pollo e l’ostetrica su quattro ruote”: un testo in cui condivide le sue impressioni dal punto di vista di una delle ultime ostetriche a domicilio dell’Alto Adige.

Come è inevitabile dato il tema trattato, alla presentazione del libro seguirà un dibattito pensato come un momento di riflessione collettiva.Laura Pan Quelques jeunes mères, (mes amies) – Alcune madri (mie amiche) © Südtiroler Künstlerbund:Leonhard AngererNel tuo lavoro “Quelques jeunes mères, (mes amies)”, attualmente esposto alla Galleria Civica di Bressanone, dai voce a tre amiche che parlano della loro esperienza con la gravidanza e il parto. Qual è l’idea che orienta la tua opera e quali riflessioni trai su questo tema, dopo aver ascoltato tutte e tre le protagoniste?

Laura Pan: “Quelques jeunes mères, (mes amies)” è una video installazione con tre schermi disposti nello spazio, in un ampio cerchio. Per ogni schermo ci sono due sedute e due cuffie che permettono l’ascolto delle interviste. Queste testimonianze sono l’inizio di un archivio di racconti di gravidanze e parti e sono anche il punto d’arrivo di una ricerca iniziata due anni fa, quando una delle mie più care amiche – Isabelle, una delle tre giovani madri intervistate – ha saputo di ospitare una nuova vita dentro di sé. Non è stato tanto l’evento della sua gravidanza ad avvicinarmi a questo tema, quanto la sua decisione di non partorire la sua bambina in un ospedale, ma a casa. Quando ne avevo l’occasione, condividevo con entusiasmo la storia di Isabelle. Purtroppo incontravo spesso giudizi negativi, soprattutto da parte di chi ricopriva ruoli ospedalieri; ginecologi e ostetriche la definivano “irresponsabile”. Eppure ha vissuto uno dei parti più belli che io abbia mai sentito raccontare; negli ultimi anni, invece, ho ascoltato molte storie di parti, spesso esperienze terribili e traumatiche. 
Inizialmente credevo fosse perché le neomamme decidevano di partorire in ospedale. Ogni volta che arrivavano in sala parto era una catastrofe, una puntura dopo l’altra per poi rassegnarsi al parto cesareo e, magari, capitava di non vedere i propri figli anche per giorni. Fino a quando ho ascoltato le storie di Elisabeth e Theresa: i due parti fatti in ospedale, raccontati nella video installazione, palesano che la differenza la fa anche la persona, il suo modo di approcciare il parto, l’educazione ricevuta e, soprattutto, lo sguardo che ha sul mondo, sulla natura e su se stessa. Perché dare vita a un essere umano è un evento radicato nel corpo femminile e quindi fisiologico e naturale. D’altra parte l’ospedale può intervenire laddove, altrimenti, l’opzione sarebbe la morte fetale. 
Diventa però un grande problema quando partorire viene trattato dalla società come una patologia; così facendo si leva il potere alla donna, delegandola a un’istituzione.
Le tre donne intervistate sono donne che hanno un fortissimo legame con la natura e con i loro sensi. Quello che mi ha più affascinato delle loro interviste è proprio questa capacità di descrivere la magia e la conoscenza del loro essere femminile nel momento della gravidanza e della nascita; quello che nessun dottore, mente o macchina può avere o sostituire. Dobbiamo stare molto attenti a togliere fiducia alle donne. Se vogliamo un mondo paritario, dovremmo in realtà basare la nostra società anche in relazione alla ciclicità femminile, prima che venga completamente annientata. Mi sembra che stiamo giungendo a un momento storico in cui bisogna re-imparare a fare le cose base prima che ci sfuggano dalle dita: fare il pane, filare, tessere la lana, lavorare la terra senza sfruttarla, e anche far nascere i nostri figli. Conoscere il nostro corpo vuol dire conoscere il nostro potere, perché quello che mi hanno insegnato queste donne è che dentro di noi abbiamo una forza della natura. Dare la vita è un potere immenso e ogni donna dovrebbe sentirsi libera e non giudicata, ma anzi incoraggiata e accompagnata nel poter vivere questo rito di passaggio a suo modo e con chi vuole.Laura Pan Quelques jeunes mères, (mes amies) – Alcune madri (mie amiche) © Südtiroler Künstlerbund:Leonhard Angerer theresaQuando si tratta di gravidanza e parto, chiunque sembra avere un’opinione vincente sulle altre. Cosa pensi di questo fenomeno?

Penso che sia normale: siamo così diversi gli uni dagli altri… L’importante è lasciare libertà di scelta e non giudicare modalità diverse di partorire; semmai essere curiosi delle scelte che hanno mosso un’altra donna a prendere quella decisione. Sarebbe importante che le istituzioni sostenessero le scelte dei singoli individui per consentire di mantenere la fiducia, dato che non è possibile standardizzare la gravidanza e il parto.
Nel libro di Monica Trettel, l’ostetrica Anna lo spiega benissimo: ogni donna ha il suo tempo, la sua modalità, la sua posizione. Chi per terra, chi in vasca, chi al buio e chi con la luce. C’è chi ha bisogno di urlare o verbalizzare e chi no.
Anche all’interno della mostra collettiva che ospita la video installazione i lavori delle artiste Sarah Solderer e Helga von Hofe affrontano la stessa tematica, ma con altri sguardi.
Helga von Hofe incarna la pesantezza e la difficoltà di “indossare” il ruolo di madre attraverso enormi zaini con la pancia. Sarah Solderer, invece, attraverso la sua installazione partecipativa “Neues Leben, neues Glück?” offre la possibilità ai visitatori di rompere alcuni tabù attraverso il ricamo di una tela.

La zuppa di pollo e l’ostetrica su quattro ruote - monica trettelCosa dobbiamo attenderci da Monica Trettel e dalla presentazione del suo libro? Vedi dei parallelismi tra il tuo lavoro e il suo libro?

Monica Trettel, oltre a essere la madre del mio partner, ha avuto un ruolo fondamentale per la mia ricerca e nella mia formazione sul tema della natura fisiologica del corpo femminile durante il parto e l’arte ostetrica. È successo per una coincidenza: durante la mia ricerca, Monica stava concludendo il suo ultimo libro “La zuppa di pollo e l’ostetrica su quattro ruote”, un lavoro che raccoglie la testimonianza di una delle ultime ostetriche dell’Alto Adige che assiste a domicilio. Ho avuto la possibilità di leggerlo in anticipo, scoprendo moltissime cose che non conoscevo sul mio stesso corpo e realizzando di quanta sapienza può essere capace al momento del parto. Sono diventata consapevole di quante scelte deleghiamo ad altri e di come il dare la vita non sia più un tema presente nella nostra vita quotidiana. Eppure è l’azione, il passaggio, la porta che ci conduce qui, alla vita, tutte e tutti, senza eccezioni.
Invitarla all’interno della mia video installazione a presentare il suo libro mi sembrava più che opportuno. Sarà un’occasione di confronto e dialogo su un tema estremamente attuale. Ho inoltre avuto la possibilità di collaborare con lei e la sua casa editrice, Therapeia, proponendo un mio lavoro pittorico come copertina del libro: un vaso realizzato con calce, caseina e polveri dei materiali del luogo in cui vivo, l’Alto Adige. Per me il vaso è diventato un simbolo che celebra lo spazio vuoto, un contenitore capace di ospitare e di lasciar andare; così come il corpo femminile, che ha la capacità di accogliere dentro di se un’altra vita e, fisiologicamente, lasciarla andare.  
In mostra sono presenti altri riferimenti al vaso, non solo la video installazione che è a forma di cerchio, ma anche una serie di tre quadri realizzati con la stessa tecnica della calce e della caseina e un vero vaso di ceramica: una Moonjar dell’artista Michel François.Laura Pan Quelques jeunes mères, (mes amies) – Alcune madri (mie amiche) © Südtiroler Künstlerbund:Leonhard Angerer Neues Leben, neues Glück Stadtgalerie BrixenNel processo di realizzazione del video e della mostra c’è un aspetto che ti ha colpita di più, una nuova scoperta, una presa di consapevolezza, una virata nelle tue opinioni?

Durante il montaggio e il lavoro di sottotitolazione, dal tedesco all’italiano, mi ha colpito il concetto di dolore espresso da Elisabeth che racconta come senza le fitte delle contrazioni non ci sarebbe stata quella forza enorme che mai aveva sentito prima e che le ha permesso di far nascere la sua creatura; questo crea un contrasto evidente, in una società in cui il dolore viene considerato un male. E ancora, Elisabeth racconta che le sue contrazioni “le hanno parlato”, dicendole che doveva lasciar andare. In quel momento ha realizzato che stava trattenendo, impedendo al bambino di nascere.
L’intervista di Theresa, invece, mi ha rivelato che i parti difficili lasciano una grande cicatrice nel cuore e che le donne che li subiscono dovrebbero avere il diritto di ricevere sostegno per superarli.
Riguardando più volte l’intervista di Isabelle, l’unica donna ad avere accanto la sua bambina durante l’intervista, mi ha sorpreso la sua chiarezza nonostante la piccola la distraesse. La fiducia e il sostegno del suo compagno non l’hanno mai messa in una condizione di dubbio. E pensare che, durante l’intervista, era incinta del secondo bambino e mancavano solo pochi mesi prima che andasse nel bosco, dal suo albero, a chiedere aiuto per dare inizio al parto. Dopo poco, le si sono rotte le acque…
Durante l’inaugurazione mi ha invece colpito moltissimo sentire la forza del cerchio, la partecipazione dei visitatori e delle visitatrici all’installazione: questo cerchio ha iniziato a prendere vita. Si era formata una grandissima energia tutto attorno e al suo interno, diventando per me il cuore pulsante della sala. Questo mi ha dato molta gioia, non sapevo se avrebbe funzionato e invece anche le altre persone sono ne rimaste molto toccate. 
Se qualche opinione sia cambiata, in questo percorso, non saprei dirlo; Isabelle, Elisabeth e Theresa non hanno filtri e si esprimono in modo diretto e sincero. Sono inserite in questo spazio a forma di cerchio, in accoglienza, ospitano gli spettatori avvolgendoli nella conversazione e per ogni intervista ci sono due sedie e due cuffie, per permettere un eventuale inizio di dialogo.
Il mio obiettivo non è divulgare un’opinione, ma costruire un ponte tra il tema e la persona. Quello che succede nella mente e nel cuore di una persona, poi, lo sa solo lei…Laura Pan Quelques jeunes mères, (mes amies) – Alcune madri (mie amiche) © Südtiroler Künstlerbund:Leonhard Angerer Neues Leben, neues Glück 00Fotos: Courtesy of the artist Laura Pan, (1–3, 5–8) Südtiroler Künstlerbund/Leonhard Angerer; (4) Monica Trettel 

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