La nascita del FLLLAP

Siamo onesti, la libertà è spaventosa. Avere giornate intere senza nessuna responsabilità, orari da rispettare, moglie da cui tornare, capo a cui fare rapporto e rapporti da fare, è un incubo. Io mica avevo progettato di arrivare a quarant’anni così. Credo, se non ricordo male, che da piccolo il mio sogno più grande fosse il diventare uno scienziato pazzo che, mescolando varie sostanze illegali, inventava una pozione e veniva mutato in un anfibio umanoide. Col senno di poi, sarà stata l’influenza delle Tartarughe Ninja a farmi fare sti sogni. Mio padre Pucci mi disse che era una fantastica idea, in caso la mia aspirazione massima fosse il morire avvelenato.
Entro da Drin che è lunedì mattina, come al solito fuori sta piovendo e dentro ci sono poche persone. In una stanzetta appartata Chiarafacose sta registrando le stories del lunedì, quelle dove promuove gli eventi della settimana a Bolzano. Io non capisco perché lo faccia, cioè, non ci guadagna niente, è costretta a sorridere, gestire le richieste, il tutto da sola, in un set minuscolo con luci da influencer puntate addosso e si prende pure male parole se si dimentica qualcosa, se decide di non parlare di qualche evento minore tipo “Concerto del Coro Aliti Flatulenti”. Mi saluta nascosta da una selva di ricci rossastri, resi opachi da parole mugugnate mentre cerca di imbastire l’effervescenza della sua personalità per la prossima volta in cui il pollice premerà il tasto rec.
Entro da Drin perché sono libero, vero, ma ho bisogno di sentire di stare facendo qualcosa della mia vita. Uno spazio così, dove mi posso sedere davanti al portatile e agitare le dita sulla tastiera dandomi una parvenza di occupazione mi fa sentire bene. Questo è il potere del co-working space. In teoria qua dentro stiamo tutti lavorando a qualcosa. Che brutta parola “lavorare”. Ogni volta che la pronuncio mi viene un rigurgito anticapitalista, ridimensionato da un passato filo-comunista del lavoro che nobilita noi operai e rende la società vivibile per tutti. Da Drin non mi sembra di vedere operai, metalmeccanici, esperti di saldature. Noto qualcuno intento a proseguire con il suo nuovo progetto letterario, qualcun altro che si occupa di grafica e un tizio che mi si para davanti decantandomi quanto bisognerebbe tutti investire in bit-coin e lui lo ha fatto e mentre lo dice accarezza un vestito elegante (manifattura in Bangladesh, ispirata da un rinomato capo di sartoria italiana) (intendo dire che per me è falso tanto quanto il suo sorriso) e io vorrei andare avanti con il mio prossimo articolo ma questo davvero è convinto io abbia soldi da investire in monetine digitali. Amico mio, una cosa è certa, nel mio corpo scorre sangue incapace di fare affari. Geneticamente siamo negati. C’è un motivo se vivo di libertà e disoccupazione ed entro in questo spazio dove tutti non abbiamo soldi per mantenere un ufficio vero, magari con una stanza dedicata a noi e persino una porta per allontanare i malintenzionati che ti promettono di raddoppiare il tuo investimento. Quanto è il doppio di zero?
Francesco è un’altra anima pia che si aggira per questo spazio. Ha una capigliatura difficile da dimenticare, scelta appositamente per generare emozioni contrastanti. Mi dice che Drin sta cercando una nuova casa. Questa bellissima posizione, così piena di ricordi, avrà vita breve. Io ricordo cosa c’era prima qua dentro. Cabine telefoniche a non finire. Alcune a gettoni, altre a monete, le più avveniristiche a schede. Da piccolo ci entravo sperando che qualcuno lasciasse indietro quello che all’epoca pensavamo sarebbe stata una collezione duratura nel tempo. Il valore di una collezione di schede telefoniche attualmente è pari a zero. Ho chiesto spesso al mio capo, quando lavoravo nella casa d’asta, il perché. Perché i francobolli continuano ad avere valore e le schede telefoniche no? Lui mi rispose “Smettila di fare domande inutili e torna a scansionare che devo fare un sacco di soldi che tu non vedrai”. Poi uno si domanda come mai odio lavorare per i ricchi. O lavorare in generale.
Bolzano è piena di locali abbandonati. Bolzano è in mano a poche famiglie che preferiscono lasciare vuoti posti che potrebbe essere utilizzati da giovani come me (coff coff) per creare qualcosa di utile per la società. Bolzano con il passare del tempo sta diventando sempre di più una città fantasma. Una Gardaland dove al posto di Prezzemolo c’è una molto più affascinante Chiarafacose. Se Drin si sposta io dove vado a far finta di lavorare quando torno? Dove vado ad ascoltare i concerti del Tiny Drin Desk o come diavolo si chiama. Se non li avete mai visti vi siete persi qualcosa. Andate sul loro canale Youtube e cercateli perché sono girati benissimo ed è pieno di musicisti locali e non e giovani come me (coff coff coff) che vale la pena scoprire per appassionarsi. Mentre penso alla sala e a come diventerà una volta svuotata di tutto vado ad afferrare qualche biscotto nella cucina comune. Anche questa cosa che ci sono i biscotti che puoi mangiare tra una mail e l’altra è una deliziosa occasione per fare una pausa. Poi un’altra pausa ancora e poi ancora e ancora e poi dovrei ricordarmi di lasciare un qualche euro di mancia ma lo sanno tutti che sono povero in canna e la vedono come beneficienza. Aiutare uno squattrinato autore giovane promessa (coff coff coff coff) è un’azione nobile che gli permetterà di aggiungere una notevole quantità di punti karma da utilizzare per la ricerca di un nuovo locale.
Chiarafacose ha smesso di girare i video e mi invita a pranzo. Cucina lei ma essendo lei allergica praticamente a ogni cosa è un cibo ascetico. Mangi senza bisogno di nutrirti realmente. La pasta è una pasta idealizzata che ricorda la pasta ma non è necessario sia realmente pasta. Così come il sugo. C’è, ma per non creare scompiglio, si fa notare il meno possibile. Mentre mangiamo i suoi ricci si muovono sul tavolo e afferrano una forchetta e gliela porgono in mano. Un altro riccio prende un tovagliolo e le pulisce la bocca. Un altro sistema il vestito. Chiarafacose è una specie di divinità indiana piena di tentacoli e talenti. Le chiedo se le pesa essere sempre sotto ai riflettori, se per lei è un grande sforzo e mi dice con una naturalezza inaspettata che per lei è sempre stato così. Che la sua famiglia l’ha sostenuta nei suoi spettacoli e nella sua estroversione. Da piccola in salotto con i soli genitori come spettatori e ora davanti al pubblico dei social, con i genitori come comparse per i suoi video natalizi (i miei preferiti in assoluto). Ogni riccio è una diramazione della sua creatività, del suo bisogno di esprimersi. Alla faccia di tutto e tutti. Ora capisco cosa ci accomuna. Non abbiamo una sola strada dove muoverci, ne abbiamo un centinaio e le stiamo esplorando tutte contemporaneamente. Quello che serve però, quando esplori e passi tutta la giornata in giro, è una base presso la quale tornare per riposare. Drin è questa base. Ok non tutte le persone qua dentro sono così. Molte hanno una sola occupazione, tipo il tizio dei bit-coin la cui unica occupazione è rompermi le palle a quanto pare.
Bolzano è piena di locali vuoti e abbandonati e spesso ci si sente così, forse perché si aspetta che qualcosa ci venga donato dall’alto. Non intendo dal Signore Onnipotente. Intendo dalla Provincia o dal Comune o dal sindaco di turno e dall’assessore più compiacente. Se si aspetta che i ricchi magnati mettano mano ai loro portachiavi per aprire uno di quegli spazi beh, si può soccombere durante l’attesa. Mi fa strano pensare a quante cose si potrebbero fare se semplicemente si sfondassero certe porte e se ci si appropriasse di ciò che è lasciato a marcire. Quello che hanno fatto a Drin è stato brutale e ha funzionato. Snaturare le pareti di uno spazio per renderlo fruibile eliminando tutti i ricordi annessi e riprodurli solo nella onomatopea del nome.
C’è una soluzione che non richieda l’uso della forza per cambiare la situazione nella nostra città? O davvero bisogna aspettare che la polvere prenda il sopravvento nel centro storico. Forse la polvere è quello che vogliono i turisti per sentire che Bolzano è una città dal sapore antico. Quando scelgono la stanza su Airbnb controllano se c’è il wifi, il parcheggio e un sacco di polvere.
Vorrei preparare dei manifesti che dicono “Se entro (data da definire) questo locale non tornerà in uso, ce lo verremo a prendere” firmato FLLLAP (Fronte Liberazione Locali Lasciati Alla Polvere) e andare a affiggerli sulle vetrate degli spazi più ambiti. Sulla porta di quel che resta del fu “Bar Nazionale”. Tutto quello che abbiamo lasciato diventare memorie e basta.
Ecco, questa tipologia di libertà non mi spaventa. L’atto della liberazione intendo. Quello che ne consegue poi, il rimboccarsi le maniche e realmente costruire qualcosa, lo lascio alle associazioni come BeYoung. Loro sanno quello che fanno, io non ne ho idea. Io sono un rivoluzionario della domenica, uno che dice “Avanti popolo!” ma poi è troppo stanco e si mette sul divano a recuperare le forze.
Non cambia che oggi nasce il FLLLAP. Trovate questi posti e segnateli, venite da me e portatemi a vederli, scopriamo come fare per aprirli o almeno capire come mai non possono essere utilizzati. Metti che ci sono tracce di amianto direi anche no, ma se è solo per indolente ingordigia da parte dei purulenti proprietari palazzinari allora bisogna fare qualcosa. Bisogna liberare. Liberi più dei ricci di Chiarafacose che, una volta finito di pranzare, si mettono a pulire la tavola e sistemare i piatti nella lavastoviglie il tutto mentre si prepara per un concerto o un tour turistico in qualche parte meno polverosa di Bolzano. Troviamo uno di questi spazi e immaginiamo una nuova casa per Drin e poi costruiamoci dentro il prossimo Drin che immagino si chiamerà Drindrin perché lo lasci squillare due volte. Propongo questa idea di nome a Francesco che mi guarda e dice di essere talmente deluso da me che potrebbe quasi tagliarsi il mullet.
Dopo aver scritto questo articolo sono dovuto tornare a Vienna e ho passato qualche settimana in balia del senso di smarrimento dovuto all’eccesso di libertà ma non volevo demordere. Eh no, se ho imparato qualcosa è che bisogna essere costanti con le proprie idee e inseguire i propri sogni e qualcosa di buono accadrà.
Infatti, ho iniziato a lavorare come sguattero in una cucina. Taglio carote, lavo piatti e getto quintali di monnezza. Un finale non male per il fondatore del FLLLAP.
Per questo ho bisogno di gente come Chiarafacose o Francesco e ho bisogno di Drin, perché mentre mi insudicio con avanzi di feta andato a male e resti di crauti devo pensare al futuro del mio digitare forse il prossimo libro, ovunque tornerà a esistere il Drin, ovunque i miei amici andranno a rifornire di biscotti il mio pancino.
Ora, mentre sto con i guanti rosa, la libertà non mi spaventa più come una volta.
Anzi. È tornata ad essere il mio sogno erotico numero uno.