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June 24, 2024
“Ab umbra lumen”: la mostra personale di Alessandro Del Pero a Brunico
Text Francesca Fattinger
Video Matteo Vegetti
Da svariate osservazioni mi sono accorto che l’uomo è composto di un’anima e di una bestia. – Questi due esseri sono completamente distinti ma talmente incastrati l’uno nell’altro, o l’uno sull’altro, che è necessaria una certa superiorità dell’anima sulla bestia per distinguersi del tutto.
Xavier de Maistre
Quando mi sono trovata a tu per tu con le opere di Alessandro Del Pero, concedendomi il tempo lento di uno sguardo attento e vivo, sono stata sopraffatta: mi hanno dato l’impressione di trovarmi di fronte alla rappresentazione poetica e iperbolica di un viaggio fisico e metafisico al contempo, tutto racchiuso all’interno dello spazio rappresentato, che non è altro che spazio nello spazio del quadro, uno sfondamento corporeo e simbolico della parete osservata, specchio e grembo brulicante di vita, esso stesso organismo dotato di plurimi battiti cardiaci e sistemi nervosi.
L’arte di Del Pero mi è sembrata fin dal primo sguardo un invito a un’indagine che sfondi la superficie per calarsi nel subconscio, nell’interno dell’essere umano, che è sempre un affacciarsi all’esterno, ma che è dall’interno che parte. Un rapporto interno-esterno e viceversa che avviene in ogni sua opera che, pur rappresentando quasi sempre uno spazio chiuso, una “stanza virtuale”, come le definisce l’artista, in cui le sue narrazioni hanno luogo, ospitano sempre la luce che viene da fuori e che quindi presuppone la presenza dell’esterno. Sono spazi chiusi e aperti al contempo, aperti a noi che li guardiamo e che ne siamo coinvolti, aperti alla luce che li fa esistere. Le sue opere, in tutte le loro pennellate vorticose e scultoree, sono come “balconi” sospesi sul precipizio del nostro essere umani, del nostro voler apparire più che essere, del nostro contenere moltitudini, dissidi, vita e ombre, spazio e luce, mosaici di corpi e animali, assemblaggi di ambizioni e illusioni.
“La gente ha paura delle ombre. La gente ha anche più paura di essere in ombra. Ma senza un’ombra la vita sarebbe bidimensionale” scriveva Yoko Ono, e penso alle stanze di Del Pero come luoghi di buio che permettono di mostrare la tridimensionalità dell’animo umano, intendendo quindi l’ombra come possibilità, come occasione di mostrarci ciò che è in luce: è dall’ombra che viene la luce, senza di lei la luce non esisterebbe, nemmeno nascerebbe, non potrebbe appunto “venire alla luce”. “Ab umbra lumen” (dall’ombra la luce) è infatti il titolo della mostra personale di Alessandro Del Pero, ospitata dal 28 giugno al 28 settembre all’Eck Museum of Art, in Via Bruder Willram, a Brunico, in cui presenta una selezione di opere su tela di grande formato, alcune realizzate negli ultimi 10 anni tra l’Italia e New York e altre inedite create tra il 2022 e il 2024 nel suo studio a Vienna. La mostra si inserisce nel percorso tematico annuale del museo che per il 2024 sta indagando il rapporto tra arte e religione.
Di fronte ai suoi quadri non ho potuto fare a meno di pensare a un libro che ho incontrato durante il lockdown, quando eravamo costretti a un rapporto intimo e spesso inedito con lo spazio della nostra casa. Si tratta di “Voyage autour de ma chambre” (Viaggio intorno alla mia stanza) di Xavier de Maistre, un cavaliere dell’Ottocento che, dopo aver sfidato in duello un ufficiale, venne condannato a 42 giorni di arresti nei propri alloggi e rinchiuso fra le quattro mura della sua stanza. Capitolo dopo capitolo si assiste al diario di bordo di un vero e proprio viaggio in uno spazio che, se circoscrivibile a soli 36 passi di perimetro, in realtà, partendo dal letto, dal comodino, dai quadri appesi, dallo specchio, non è altro che un percorso nella quotidianità e nell’immaginazione, nelle sensazioni e nelle riflessioni, nell’anima e nella mente del suo protagonista. Una stanza che contiene così tanto da sembrare un mondo percorso in lungo e in largo dal suo protagonista. Lo stesso accade nelle stanze di Del Pero: “penso che sia un po’ la mia stanza di quando ero ragazzino, nell’appartamento in cui vivevo con i miei genitori, che sia quindi la rappresentazione di uno spazio che mi è sempre appartenuto, e che è poi è diventato il mio studio, fino a diventare uno spazio virtuale dove succedono le cose che avvengono nei miei quadri”.
Uno spazio che è semplicemente un pretesto, un inizio, il “balcone” come lo definivo prima, da cui sporgersi per immergersi nell’animo umano. “Se togli tutto dalla stanza – mi spiega l’artista – lei stessa diventa un essere vivente, un soggetto a sé: l’intenzione è proprio quella di darle un’identità, l’impressione finale è che abbia un suo battito cardiaco, una sua vitalità”.
Ogni quadro come una pagina, che non è mai bianca, ma sempre viva e corporea, su cui scrivere la propria storia: “da quando ho iniziato è come se continuassi a scrivere un libro”, dice l’artista, per cui ogni opera è come un tassello di una sua autobiografia, in cui alcuni elementi tornano, altri si perdono, altri ancora si affacciano per la prima volta, così come accade nella vita. Un’autobiografia in cui “ripercorrere i diversi capitoli del suo incontro quotidiano con la pittura” come scrive Veronica Santi, autrice del testo critico della mostra, in cui appare evidente il suo rapportarsi con la storia dell’arte, i suoi temi e i suoi generi: dai ritratti alle nature morte fino alle pietà e alle crocifissioni.
“L’artista non può che confrontarsi col proprio presente se non facendolo attraverso il passato o il futuro” continua Del Pero, raccontandomi del suo rapporto con la storia dell’arte, che ha frequentato e “usato” per capirsi e capire il proprio posto, attraverso una pittura che è evidentemente ritratto dell’umanità, del mondo contemporaneo, realizzato attraverso la lente di un proprio autoritratto in costante mutamento e teso a rappresentare il momento, “il suo momento” nell’atto in cui si compie.
Nell’ultima serie di quadri presentati dall’artista per la prima volta al pubblico l’ombra “come seme del risveglio”, come la definisce la Santi, ci conduce al cospetto di figure ibride antropomorfe senza testa, in cui parti di corpi di uomini e donne si intrecciano a parti di animali, fauci di leoni, dorsi di cavalli, un piccolo cane rabbioso, ali d’angelo, e sono poste su basamenti, che le elevano, ma al contempo le bloccano: “sono rappresentazioni metaforiche dell’individuo che vuole costruirsi un’immagine, pretende di essere quasi adorato, consacrato, ma in realtà si trova a essere castrato dai basamenti su cui si eleva, che lo tengono fortemente con i piedi a terra”. Bestia e anima intrecciati, come nella riflessione di Xavier de Maistre, tra desideri di volo e gabbie ancorate a terra, in un dialogo che nella “pittura estrema ed estetizzante” di Del Pero porta l’acrilico a sfide sempre ulteriori e ci mette di fronte alla realtà dell’oggi: “che la parte animalesca dell’uomo rimanga, potenzialmente, quella più autentica e reale”? si chiede la Santi.
Non perdete quindi l’occasione alle ore 19 del 28 giugno di partecipare all’inaugurazione di “Ab umbra lumen” presso l’Eck Museum of Art di Brunico e di dialogare con l’artista di persona di fronte alle sue opere.
Foto: (Video) (c) Matteo Vegetti, immagini (2–6) (c) Alessandro Del Pero
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