Quando l’arte è vita – Intervista a Marcello Jori

18.10.2023
Quando l’arte è vita – Intervista a Marcello Jori

Incontro Marcello Jori nel suo studio di Milano. L’artista, originario di Merano, mi accoglie sorridente in uno spazio arioso dalle pareti neutre. Non vedo tele o schizzi, ma mi colpisce la quantità di libri che scorgo qua e là, impilati in piramidi composte da grossi volumi d’arte, in bilico uno sull’altro, molti dei quali – scoprirò – ad opera dallo stesso artista. I libri “scritti e illustrati” costituiscono solo una parte – seppur un tassello importante – dell’ampissima e variegata produzione di opere di Marcello Jori, artista di primo piano sulla scena artistica italiana, che fin da giovanissimo, a partire dalla fine degli anni Settanta ad oggi, ha esposto i suoi lavori in gallerie tra le più importanti in Italia e all’estero (tra cui, la Galleria d’Arte Moderna di Roma; Studio Morra e Galleria Trisorio a Napoli, Castel Sant’Elmo a Napoli; Studio Marconi a Milano; Galleria De’ Foscherari e Galleria d’Arte Moderna a Bologna. Hayward Gallery a Londra; Kunstverein a Francoforte; Holly Solomon a New York,) così come in collettive ed eventi artistici di livello internazionale (tra cui tre Biennali di Venezia, una Biennale di Parigi, due Quadriennali di Roma).

L’arte – come mi dirà – lo ha accompagnato fin da ragazzo, in una ricerca creativa costante, vorticosa, istintiva e inarrestabile (come un fiume in piena) con la sperimentazione di materiali, tecniche e linguaggi sempre nuovi, in grado di esprimere le sua personale visione e che lo hanno condotto a esplorare molteplici zone dell’arte (e anche altri mondi, con incursioni nel fumetto e nel design, ma non solo) mai scisse dalla dimensione esistenziale, anzi strettamente connesse con essa. Non a caso diversi critici, a proposito del suo lavoro, hanno parlato di arte “totale” o di “eclettismo”; Marcello – mi dice – preferisce definirsi un artista “intero”. Ma lascio la parola a lui, al suo entusiasmo e ai suoi racconti. Peccato non riuscire qui, a riportarli tutti…

 Marcello, da dove è iniziato tutto?

 Da Merano, e da Paul Klee. 

Sono nato a Merano in un albergo asburgico del 1832, a cui ho dedicato un libro – in parte autobiografico – che è “Nonna Picassa”, uscito nel 2000 per Mondadori e ristampato di recente. Già questo è un fatto che caratterizza una vita: nascere in un albergo è come nascere in un film: in una realtà a parte, cinematografica, straripante di vita, personaggi e storie. Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente bellissimo a due passi dal torrente Passirio e posso dire che ho vissuto il meglio della città di Merano, respirando una dimensione internazionale, grazie ai clienti che venivano all’hotel da tutto il mondo. Ho goduto di questo privilegio fino all’età della ragione, quando ho deciso di approfondire la mia inclinazione per l’arte, che mi ha portato all’Università di Bologna. Ma già a 13 anni o poco più, con un padre regista, avevo deciso di dedicarmi alle arti visive. A quell’età mi sono innamorato di Paul Klee e quindi ho cominciato a girare l’Europa a caccia dei suoi quadri: volevo essere lui, scoprire tutto della sua opera. Klee era il mio maestro, anche in virtù dei sui scritti teorici: per me era una sorta di “Leonardo Da Vinci della contemporaneità”, soprattutto per la sua teoria della forma, che allora mi ha sedotto. Quindi è così che ho cominciato: inseguendo Paul Klee e poi mettendomi alla prova nei primi lavori, concretizzando le mie visioni in maniera originale. 

Schermata 2023-10-18 alle 10.01.43Oggi Merano cosa rappresenta per te? 

Merano è il luogo dove tutto è cominciato ma anche il luogo dove tornare appena posso, dove circondarsi di bellezza e dove riprendere le energie e lasciar fiorire le idee, prima di rilanciarsi nel vortice delle grandi città. Oggi vivo e lavoro dividendomi tra Merano, Parigi e Milano, quando non sono in giro per le mostre o altro. A Merano c’è la natura, il torrente dietro casa, il suo rumore ipnotico, a Parigi e Milano invece, un maggiore dinamismo. Qui a Milano mi trasferirò in un nuovo spazio, ora in ristrutturazione, un ambiente molto originale che dividerò con Brigitte (Brigitte Niedermair è fotografa e personalità di fama mondiale nell’ambito della ricerca artistica e della moda: anche lei, come il marito Marcello Jori, è originaria di Merano). A Parigi, anche se io e Brigitte abbiamo trovato uno studio che più parigino di così non si può, risiediamo in un albergo perfetto per dipingere. Mi hanno dedicato una stanza ampia e luminosa ideale per lavorare. In qualche modo, un ritorno all’infanzia – e anche un omaggio a Giorgio de Chirico che a Parigi, quando poteva, dipingeva al Bristol.

 Quanto sono stati importanti gli anni di studio al DAMS di Bologna?

Sono stati anni entusiasmanti. Mi trovavo nel posto giusto al momento giusto. Ho avuto l’impatto con l’arte contemporanea e ho avuto la fortuna di conoscere Renato Barilli. Era il mio professore di storia dell’arte al DAMS. Mi sentivo dentro una fiaba: si poteva studiare arte, teatro, giornalismo, cinema, danza. Sul finire degli anni Settanta in quella università potevi incontrare le personalità più innovative  e interessanti della cultura italiana: Umberto Eco, Furio Colombo, Tomas Maldonado. Se ti dimostravi intraprendente e avevi la fortuna di essere apprezzato da qualcuno di loro, potevi avere accesso immediato  al futuro. Il mio incontro fortunato è stato con il critico Barilli. Ancora studente, l’ho invitato in studio senza timidezze, mostrandogli i miei lavori e dichiarandomi artista. Lui subito mi ha organizzato la mia prima personale alla prestigiosa galleria De’ Foscherari di Bologna, dove aveva appena esposto Paul Klee… Barilli è diventato il mio primo curatore e il mio sogno più grande diventava realtà a soli 23 anni.

Da allora la tua ricerca artista e la tua carriera non si sono più fermate…

Da allora ho iniziato a fare mostre, viaggiando, sperimentando e confrontandomi nei primi anni con dei lavori di tipo concettuale. Sono arrivato forse alla fine di quel periodo dove l’arte concettuale si era ormai avvitata su sé stessa; gli artisti erano diventati più intelligenti delle loro opere. Teorici e critici d’arte, più che artisti. Schermata 2023-10-18 alle 10.03.01Quel concettuale stava esaurendo la sua carica di originalità, e aveva perduto i contatti con la realtà, il cosmo, la vita vera. Per prendere le distanze, ho cominciato a riportare le opere del museo all’aria aperta, in quelle situazioni ambientali che le avevano ispirate. In quei lavori la fotografia, ma anche la registrazione sonora mi sono venute in aiuto per documentare le mie azioni, in cui restituivo l’arte al mondo, riportandola alle sue radici, ridandole corpo e ossigeno: è così che ho portato la riproduzione a grandezza naturale di un quadro di William Turner al mare nell’ora del tramonto, l’Ofelia di John Millais a galleggiare in un fiume, la “Insula Dulcamara” di Klee tra le isole vere. Poi ho finito questo ciclo di opere in bellezza: portando la “Moldava” di Smetana, un’opera sinfonica descrittiva che trae ispirazione dal fiume, al luogo che l’aveva ispirata nell’allora Cecoslovacchia; l’ho fatta suonare a pelo d’acqua e il fonico di Pavarotti, che mi seguiva nel viaggio, ha registrato il rumore del fiume che si fondeva con la musica ad esso ispirata… Un’emozione indimenticabile!Schermata 2023-10-18 alle 10.41.31

Poi è arrivata la fase della scrittura…

 Sì, ho comincio a scrivere colorato, a tracciare su tela e carta racconti di vita, facendo della scrittura un disegno e realizzando quindi dei cartigli che appendevo nello spazio. Non avevo ancora il coraggio di dipingere, lo sentivo quasi come un peccato mortale… Schermata 2023-10-18 alle 10.03.50Via via questi racconti-cartigli si sono ingigantiti, diventando mari e fiumi di parole scritte. Con questo lavoro di scrittura dei primi tempi – ero ancora giovanissimo – in qualche modo dichiaravo il mio desiderio di raccontare, che anche oggi mi caratterizza: mi ha fatto capire che mi interessavano le storie, oltre alle immagini. La pratica della scrittura è stata quindi importantissima per la mia arte: il tratto di allora, che uso ancora oggi nei libri – è diventato infatti un mio segno distintivo.

Dalla scrittura sono passato poi ai cristalli. Ho scelto così di usare gli elementi, oggetti concreti dotati di una loro dimensione astratta. I cristalli sono contenitori di energia, di luce, di forza e sono diventati le cellule di tutto un mio mondo di cristallo: un codice formale che nella “Città Meravigliosa degli Artisti Straordinari”  mi è servita a sfaccettare anche i volti degli artisti abitanti le mie architetture dipinte. Anche il cristallo, come la scrittura, è diventato una mia marca stilistica.

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Veniamo ai libri, scritti e illustrati, quanti nei hai realizzati?

Molti, realizzati anche a volte in concomitanza con le mostre. Alla Galleria Marconi di Milano per esempio, nelle 5 mostre personali presentate dal 2011 alo 2015 ho realizzato 5 libri, inizialmente  scritti e dipinti a mano in copia unica, poi stampati da Skirà, come cataloghi. In questi libri ho messo dentro tutta la storia della mostra come fosse la sceneggiatura di un film. Un lavoro quasi da amanuense, del tutto contro corrente in un’epoca dominata dai computer, eseguito servendomi di inchiostro e acquarello e prendendomi tutto il tempo necessario alla realizzazione. Le mie più varie esperienze con la letteratura, la scrittura, la pittura, il fumetto ecc. sono confluite in quei volumi, che io chiamo gli “Albi dell’Avventura”.

Tra questi ci sono gli albi dedicati a Lucio Fontana, dal titolo “Orizzonte Fontana”, “La guarigione” e “La conversione”, dove racconto le vere e proprie avventure rocambolesche e miracolose che ho affrontato quando ho portato un vero Taglio di Fontana sulla montagna, per poi suturarlo con la neve… e quando invece sono riuscito a  collocare sempre un Taglio di Fontana, trasformato in croce, sull’altare della Basilica di San Petronio con il permesso del Vaticano.  Così che “la croce dell’arte si convertisse in croce di Dio”. 

Schermata 2023-10-18 alle 10.07.44Un altro libro importante è stato “La Storia Dipinta dell’Arte”, la prima storia dell’arte scritta e dipinta da un’artista”. Quest’opera mi è stata commissionata da Giancarlo Politi  per Flash Art ed è poi stata pubblicata da Rizzoli in Italia e in seguito anche all’estero, in più lingue. Un lavoro davvero titanico, una vera pazzia! E poi citerei il  “Pinocchio”. In questo caso è stato Emilio Mazzoli a propormelo. Era un suo sogno da sempre: un volume su Pinocchio realizzato da un artista. Mazzoli mi ha lasciato totale libertà e io, via via, ho fatto confluire nell’opera tutto quello che ho imparato da quando ero bambino fino ad oggi. In un anno e mezzo di lavoro forsennato ho realizzato cinque volumi scritti e dipinti a mano, per un totale di 400 pagine. Ogni pagina è stata una sfida, tra illustrazione, disegno, scrittura, arte, colore. Poi Pinocchio “è uscito dal libro” per diventare protagonista di una mostra, con una serie di opere su tavola di legno antico dipinte a olio, ma non solo. Ora è anche un libro per Mondadori. 

Hai qualche nuovo progetto in corso che vorresti raccontarci?

 Sto lavorando a più progetti contemporaneamente ed è entusiasmante. Uscirà per Rizzoli un altro volume “estremo” che si chiama “Lo straordinario viaggio del mondo” nel quale sono fisicamente il protagonista dell’avventura e dove finalmente realizzo il sogno di diventare un super eroe che salva il mondo… È un progetto che avevo iniziato in Giappone, dal 1995 al 2000, con la casa editrice Kodansha, con cui avevo un contratto in esclusiva mondiale per il disegno e la scrittura. Adesso il libro è diventato di una sconcertante attualità e sembra concepito apposta per questo momento storico disastroso. È stato emozionante mescolare il me di allora a quello di oggi. Naturalmente ho attualizzato tutti i testi e adesso, per fortuna, l’opera si è riempita di ironia. La mia prossima esposizione sarà invece a Modena da Emilio Mazzoli con il titolo:“Il movimento dei quadri viventi”. Qui porterò in mostra nuove avventure insieme a grandi amici “viventi” come Paul Klee, Gino De Dominicis, Giorgio de Chirico… e altri grandi amori.

Il titolo della mostra mi sembra emblematico del tuo lavoro oltre che intrigante…

Il titolo “Il movimento dei quadri viventi” riafferma la mia ossessione di dare vita all’arte, con quel richiamo potentissimo che ritorna ancora una volta e che ho sentito fin da giovanissimo. Un tempo portavo le opere alla natura, al mondo che le aveva generate. Oggi continuo a portare la vita nell’arte e l’arte nella vita. Cosi l’Arte è viva e la vita è Arte!Schermata 2023-10-18 alle 12.47.06

Credits: immagini tratte dal catalogo Marcello Jori, artista dell’anno 2021, Premio Belluno/Cortina, a cura di Renato Barilli, su gentile concessione dell’artista (1) Al Museo,”Genio” di Klee guarda Jori e Jori guarda”Genio “di Klee, 1974 ; (2) 9146 opere: Paul Klee, Riproduzione fotografica di tutte le opere di Paul Klee, 1975; (3) nove fotografie, Compianto e tumulazione di Ofelia di John Everett Millais, 1976, (4) “Moldau” on Moldau, LP 33 giri, Edizioni Morra, Napoli; (5) Disteso sul fondo con il petto pesante, 1981; (6, 7) La città meravigliosa: il Pianeta, 1996 ; L’abitante: Mario Merz, 2012; (8,9) Gli albi dell’avventura – dedicati a Lucio Fontana: N.2 La Guarigione, N. 3 La Conversione;  (10) il volume Pinocchio di Jori, 2018; (11)  L’ombelico, 2019 – 2020, courtesy Galleria Mazzoli.

 

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