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October 10, 2023

YOMER intervista Matteo Jamunno

Yomo

Matteo Jamunno aka Yomer suona, canta, fa poetry slam e da oggi scrive pure romanzi. La sua opera prima si intitola ‘Nel gnome del padre’, è edita da Raetia e verrà presentata il 16 ottobre alle 17:30 alla Nuova Libreria Cappelli a Bolzano, in dialogo con Greta Marcolongo. Glorioso ex collaboratore di franz, indimenticato conduttore della nostra trasmissione radiofonica franz on air, Yomer era l’unico che – in occasione di questo glorioso evento – poteva intervistare Matteo Jamunno su franzmagazine. E quindi l’ha fatto.

-    E quindi…

-    Eh, sì, quindi.

-    Ci siamo dai.

-    Ci siamo.

-    Dopo quanti anni? Dieci? Ci sei riuscito. Hai scritto un libro.

-    Beh, ho scritto tante altre cose nel frattempo.

-    Ma mai un libro intero, un romanzo addirittura!

-    No quello no, hai ragione, mai un romanzo.

-    E come ci si sente?

-    Sono felicissimo e terrorizzato al tempo stesso.

-    Come mai?

-    Perché si apre una nuova fase. O almeno penso. Ho la possibilità di deludere le persone in un nuovo modo.

-    Ancora lì a cercare di piacere a tutti?

-    No vabbè, la terapia ha aiutato, però mi spaventa molto questa cosa del libro.

-    Spiegati meglio.

-    È una questione di tempo. Una canzone quanto può durare? Tre, quattro minuti? Per quella piccola porzione di tempo sei nelle orecchie di qualcuno e poi sparisci. È fatta. Con un libro è diverso. Può durare anche giorni e mi sembra di costringere le persone a stare con me, dentro la mia testa, con i personaggi che ho creato, nella storia che sto narrando. Mi sento come di tenere in ostaggio il lettore. Metti che poi finisce per odiarmi? Per schifare quello che ho scritto?

-    Cavolo, e perché diavolo l’hai fatto allora?

-    Mica pensavo di vincere il concorso e finire pubblicato! Io volevo solo scrivere un libro.

-    Però hai vinto, quindi a qualcuno è piaciuto. Come si chiama il concorso?

-    Zoom-ED, premio per opere prime di autori giovani della casa editrice Raetia in collaborazione con SAAV.

-    E tu come fai a rientrare nella sezione “giovani” scusa, hai cento anni per gamba.

-    Intanto un po’ di rispetto. Solo perché siamo la stessa persona non vedo perché ti prendi certe libertà. E poi ok, no, non c’è il “giovani” nel titolo del premio. L’ho aggiunto io per darmi un tono.

-    Ti spaventa invecchiare?

-    Per niente, non avrei scritto la storia di un anziano altrimenti.

-    La storia di un anziano. Quindi, un’autobiografia?

-    Divertente. Sai che quella è la prima domanda che mi fanno tutti quando scoprono che ho scritto un libro?

-    Quale?

-    Se si tratta di un’autobiografia.

-    Che cavolo.

-    Sì davvero, come se non avessi già abbastanza parlato di me in tre stagioni del mio podcast (Diari dell’orso, Spotify, ndr). Per fortuna ho un sacco di immaginazione e l’ho usata per inventare un intero villaggio.

-    Un anziano e un villaggio, di questo parla il romanzo?

-    Sì. Inizia con una tragica morte assurda. La solitudine di Louis, vedovo da dieci anni. Una nuova famiglia che prende in gestione il ristorante del villaggio. Un villaggio popolato da soli e decrepiti anziani. Tra i membri della nuova famiglia arrivata però c’è una ragazza giovane, Greta, che annoiata dalla vita monotona di quel luogo si mette a fare la cosa più fastidiosa possibile: pone domande. Interroga gli anziani e, soprattutto, interroga Louis sulla tragica scomparsa della moglie e sugli ottantatré gnomi disposti in maniera ordinata nel suo giardino.

-    Louis e Greta, questi i nomi dei protagonisti?

-    Sì, poi ce ne sono tanti altri. Non ho idea di quanti personaggi ho inventato. Forse troppi, è difficile ricordare. Volevo dare vita a un villaggio intero e credo di esserci riuscito.

-    Ti è piaciuto scrivere il romanzo?

-    È stato come andare in vacanza in quel villaggio e vivere insieme a loro. Quando scrivevo una pagina di cui non ero convinto andavo a dormire, la rileggevo il giorno dopo e pensavo “Non è andata così! Io c’ero! Ho visto cosa è successo: ero nel villaggio!” Così la riscrivevo da capo.

-    Sembra un processo molto solitario e a tratti schizofrenico.

-    Ehi, non dire certe cose. C’è molta solitudine nel mestiere dello scrittore. Molto tempo da passare da soli con tutto quello che si immagina, per questo riesco a scrivere solo se vado in un luogo pubblico, molto frequentato, dove mi mescolo alle persone e scompaio. A casa, nel silenzio, con il gatto che dorme vicino, non riesco a concentrarmi. Ho bisogno di annullarmi e sentire la vita scorrere attorno a me.

-    Dove andavi a scrivere?

-    Un po’ ovunque, principalmente a Vienna, in un piccolo bar davanti alla Haus des Meeres.

-    Vienna compare anche nei ringraziamenti a fine libro, hai un rapporto di amore/odio con questa città?

-    La amo tanto, nonostante questi dieci anni di relazione, ma la calma piatta e la vita perfetta mi fanno uscire di testa. Però è il posto ideale dove scrivere. Nessuno ti caga quando sei seduto al bar, nessuno si approccia.

-    Mi stai dicendo che non funziona per attirare le ragazze, lo stare in un bar e sembrare un intellettuale alle prese con un manoscritto?

-    Ma mi hai visto?

-    Certo, tutti i giorni quando guardo nello specchio.

-    Appunto, non ho un aspetto che spinge ad avvicinarsi, saranno i tatuaggi o gli occhi a palla di derivazione partenopea.

-    Non ti lamentare, poteva andarci peggio.

-    No no chi si lamenta, fossi stato interrotto non sarei riuscito a finire di scrivere il libro e sarebbe stato un ennesimo fallimento da annoverare alla oramai lunghissima lista.

-    Insieme alla carriera musicale?

-    Sbaglio o stai provocando?

-    Beh, non mi stai più facendo fare niente.

-    Non ti preoccupare, tornerò a farti cantare. Abbiamo solo preso una pausa per esplorare un lato che da troppo tempo giaceva trascurato.

-    Ovvio che torniamo a cantare, ci sono un sacco di canzoni fatte insieme a Thomas Traversa (Supermarket, musicista e produttore, ndr) che meritano di essere ascoltate.

-    Quei quattro minuti di cui parlavamo prima.

-    Esatto.

-    Mica come le duecentoquaranta pagine del libro.

-    Sono tantissime! Le hai scritte tutte tu?

-    Certo. Sono stato un po’ aiutato comunque, da un mentore che è stato al mio fianco quando ho ripreso in mano la prima stesura.

-    Parli di Stefano Zangrando?

-    Lui. È stato importantissimo far subentrare qualcuno, specialmente nella fase di riscrittura dell’opera. Ho imparato un sacco di cose e forse quella seconda fase mi è piaciuta più della prima.

-    In che senso?

-    Riscrivere, correggere, migliorare una storia. Imparare ad accettare le critiche. Evolvere il racconto e trasformarlo da qualcosa che scrivi per compiacere te stesso in un testo che tutti possono comprendere. È un processo stupendo e avvincente.

-    Sembra tu abbia trovato una strada che ti soddisfa parecchio.

-    Sì, finalmente. Per questo sono felice di essere stato licenziato un paio di volte negli ultimi anni, perché se avessi continuato ad andare avanti con lavori socialmente accettati, non avrei avuto il tempo e la forza per iniziare questa nuova carriera.

-    Non lo avresti potuto fare nel tempo libero?

-    Per carità no! E poi quale tempo libero? Viviamo in una società che ha normalizzato il tenere segregati in cubicoli i propri abitanti per quaranta ore alla settimana. A me piace scrivere e mi sta bene fare la fame.

-    Sei diventato un parassita.

-    Vero. Verissimo. E sto benissimo così.

-    E cosa dai in cambio alla società?

-    Storie! Scrivo storie!

-    E se non piacciono?

-    Caro mio questo accadrà sicuramente. A me basta non deludere chi è stato paziente con me fino ad adesso. Tipo mio madre.

-    Sai che lei ti vorrà bene comunque.

-    Eh ok, ma per una volta tanto vorrei non darle un dispiacere.

-    Senti, il libro è dedicato a Pupetta, tua nonna scomparsa in aprile.

-    Nostra nonna vorrai dire.

-    Sì, nostra nonna. Io le ho dedicato una canzone tempo fa, tu un libro. Come mai?

-    Perché è morta una settimana prima dell’annuncio della vittoria del manoscritto. Sono sicuro lei ci abbia messo lo zampino da lassù.

-    Ci puoi dire altro riguardo al libro?

-    Purtroppo no. È costruito come una spirale. Parte dal giardino di Louis e poi si espande e allarga e cresce a dismisura e diventa il villaggio e il mondo intero e infine l’universo. Colpo di scena dopo colpo di scena. Non posso dire nulla altrimenti faccio spoiler. Leggetelo e poi ne parliamo.

-    Chi ti ha ispirato?

-    Douglas Adams direi, Neil Gaiman, chiunque usa la propria immaginazione stravolgendo la realtà, ma principalmente le serie-tv che ho guardato.

-    Pensi che qualcuno si offenderà?

-    Temo di sì, ma oramai questa storia non mi appartiene più. Cioè, l’ho scritta io, ma ho solo narrato eventi che stavano accadendo nella mia testa, non avevo il controllo della situazione (lo aveva, ndr), quindi non posso essere ritenuto responsabile.

-    Mi sembra un atteggiamento molto paraculo.

-    Oh sì, assolutamente, sono diventato un enorme paraculo. Però dai, se possiamo essere seri per un momento. È un libro che vuole scherzare su tutto, sulla morte, sulla malattia, sulla solitudine, sulla religione, sul conflitto generazionale. Vorrei solo che il lettore capisca che si tratta di puro e semplice umorismo e che si può, anzi, si deve scherzare su tutto per alleggerire il peso dell’esistere.

-    Te lo auguro. Tu ti senti più Louis o più Greta?

-    A giorni alterni. Delle volte mi sento un anziano rancoroso come Louis e penso che resterò solo per sempre e tutto mi fa schifo. Altre volte sono combattivo e forte come Greta, che se può rompere le palle dicendo la cosa sbagliata non si tira mai indietro.

-    Ti piace proprio Greta, eh?

-    È fantastica. È punk. È sensibile. È sfacciata, è forte, è gracile, è sporca. La amo profondamente.

-    C’è altro che vuoi dire a chi ci sta leggendo?

-    Certo, lasciate il vostro lavoro. Fate quella cosa che avete sempre voluto fare. Vi rende felice coltivare verdure? Fate quello. Io era da quando andavo alle superiori che sognavo di scrivere e non l’ho mai preso seriamente perché ammettiamolo: non sono un pozzo di intelligenza. Ok magari posso illudere le persone per un po’ ma se scavi (e non devi scavare nemmeno tanto, ndr) ti accorgi che non c’è un grandissimo cervello. Però l’ho fatto lo stesso. Mi sono svegliato tutti i giorni (con relativa calma, ndr) e sono andato a scrivere in quel bar. L’ho fatto perché era l’unica esperienza sensata da provare prima dell’inevitabile.

-    La morte?

-    No no, il collasso climatico.

-    Ah cavolo.

-    Guarda, non so te, ma io soffro un casino il caldo.

-    Ma se siamo nati a Napoli!

-    E che vuol dire? Cioè dovrei avere un mandolino piantato nell’addome secondo la tua teoria.

-    Aiuterebbe sicuramente durante i concerti.

-    Comunque la faccio facile io. Sono riuscito a scrivere un libro solo perché la disoccupazione in Austria me l’ha permesso. Ero protetto. Aggiungici qualche risparmio accumulato in quarant’anni di vita ed ecco qua, facile realizzare i propri sogni. Mi rendo conto che non per tutti sia così.

-    E quindi cosa suggerisci di fare?

-    Distruggiamo i ricchi.

-    Mi piace questa idea.

-    Sapevo di trovare un alleato in te.

-    Quando esce il libro?

-    16 ottobre, prima presentazione ufficiale presso la Nuova Libreria Cappelli ore 17:30, moderatrice Greta Marcolongo.

-    Immagino tu l’abbia scelta per il nome.

-    Mi hai scoperto! Dai, è una coincidenza bellissima.

-    E poi, dopo che il libro sarà uscito, che programmi hai?

-    Vorrei portarlo in giro. Creare uno spettacolo che tocchi i vari lati della mia creatività, che inglobi un po’ di musica, un po’ di racconti, letture, un po’ delle poesie dello spettacolo “Favole della buia notte” (creato insieme a Marco Stagni, musicista jazz, ndr). Poi vorrei scrivere il seguito del libro e lavorare a una sceneggiatura per un film.

-    Addirittura?

-    Eh sì, ora si fa sul serio.

-    Non sarai mica diventato un artista?

-    Oh no, rispetto troppo quel mondo. Al massimo mi ritengo un autore.

-    Sai già quanto costerà?

-    Mi pare di aver letto 15 €.

-    Vabbè ma tanto per te i soldi non sono importanti, no? Lo hai sostenuto fino ad adesso…

-    Scherzi? Sto facendo la fame! Tra un po’ non riesco più a comprare da mangiare per il gatto e tu sai quanto mangia Ernesto.

-    Finirà per mangiare tutti e due.

-    Puoi starne certo. No, per favore, comprate il mio libro. Ma lo dico proprio senza vergogna. Compratelo. In omaggio con ogni copia riceverete il diritto di insultarmi.

-    E se io volessi farlo gratuitamente?

-    Non puoi, solo chi compra il libro può prendermi a maleparole e dirmi che sono scarso.

-    Mi sembra un’ottima strategia di marketing.

-    Mi piace avere idee geniali e finire ricoperto di insulti.

-    Beh, ti auguro di continuare a fare solo cose che ti piacciono.

-    Sappiamo tutti e due che non è così. La sofferenza è dietro l’angolo, così come la solitudine e il fallimento e non parliamo della malattia!

-    Quella non ci lascerà mai.

-    Siamo una cosa sola! Però almeno adesso, quando sto male, ho imparato a nascondermi nelle mie storie.

-    Un grande insegnamento.

-    Grazie franz! È bello tornare qua dopo dieci anni. Non è che mi sono dimenticato di voi eh, ho solo pensato di non essere figo abbastanza per potervi interessare.

-    Infatti, per questo ti sei intervistato da solo.

-    Ah cavolo.

-    Dai che scherzo!

-    Un abbraccio?

-    Più che volentieri! 

Pic by TheHomie

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