Culture + Arts > Visual Arts

May 11, 2023

Fatto e finzione. Karla Hiraldo Voleau
a fotoforum

Allegra Baggio Corradi

In “Another Love Story”, mostra visitabile da oggi 11 maggio al 17 giugno presso la galleria fotoforum, la fotografa franco-dominicana Karla Hiraldo Voleau reinscena gli scatti privati di una sua passata relazione dopo la scoperta della “liaison” segreta del suo allora compagno. Karla si reca negli stessi luoghi con un attore, usa gli stessi mezzi, indossa gli stessi abiti, adotta le stesse pose. A questi scatti ne accompagna alcuni originali. Fatto e finzione si fondono in un racconto in cui il privato si fa pubblico perché possa diventare di qualcun altro, di tutti, non più suo. L’immaginazione si sfalda di fronte allo stereotipo.

Nella conversazione con Karla il calore rotondo dei suoi scatti muta nell’appuntita secchezza delle sue risposte: la vita, la fotografia. karla hiraldo voleau 3

Fotografia e mostre. La mostra che aprirà a breve a fotoforum è stata già esposta in altre sedi con lo stesso allestimento. Come medi tra specificità del luogo e concetto? 

“Another Love Story” segue una narrazione cronologica, quindi devo mantenere una certa coerenza in termini di esposizione delle opere da una galleria all’altra. Tuttavia, tendo ad adattare le mie mostre al luogo specifico in cui espongo. Al Photoforum Biel in Svizzera, per esempio, ho aggiunto una scultura che porterò anche a Bolzano. Mentre qui a fotoforum c’è una vetrina all’esterno della galleria che sto utilizzando per adattare la mostra alla scenografia del luogo. La prossima tappa è l’International Centre for Photography di New York. Vedremo cosa succederà lì!

Fotografia e significato. La mostra suggerisce che una singola immagine ha troppo o troppo poco significato da sola per te, mentre le “nuvole d’immagini” sono più adatte a costruire narrazioni. Come costruisci il significato attraverso la fotografia piuttosto che nelle fotografie?

Un’immagine a sé stante non trasmette un significato. Nel mio progetto parlo di sentimenti, d’intimità, e lo faccio basandomi su fotografie spontanee scattate con il telefonino che non sono state concepite per essere mostrate in pubblico. Erano scatti privati. La serie è definita dalla ripetizione e dalla rappresentazione della stessa situazione da diverse angolazioni. Era mia intenzione fin dall’inizio mostrare quanto vastamente ho documentato la mia relazione, il numero di scatti e la sensazione quasi cinematografica che tale abbondanza generava. Ci sono baci, c’è affetto, e lo spettatore è invitato a entrare in tutto questo, nello stereotipo. Per questo ho costruito delle nuvole di immagini che raggruppano il materiale in pannelli.

Oltre alle componenti visive, c’è del testo. Mi piace rivolgermi direttamente allo spettatore, parlando in prima persona per fornire un contesto più ampio. In “Another Love Story”, ho incluso la reale conversazione telefonica che ho avuto con l’amante del mio ex. A questa ho aggiunto dei testi in cui spiego il mio stato d’animo, come si farebbe in un diario o in un film.

Ci sono anche cartoline in ricordo dell’estate in cui ho ingenuamente aspettato che lui lasciasse l’altra donna. Ho aggiunto anche una nota strappalacrime che ho scritto in un giorno in cui ho sognato ad occhi aperti il nostro matrimonio e la lista degli invitati.

Infine, ci sono fiori gialli. Inizialmente non ci avevo fatto caso, ma almeno in Francia, si dice che non si debbano mai regalare fiori gialli a una donna perché sono indice di tradimento. Ironia della sorte, ho inserito i fiori gialli nella mostra senza saperlo, ma alla fine si è rivelata una scelta piuttosto appropriata. Appesi a testa in giù, questi fiori indicano tristezza, non sono affatto romantici. Si chiamano “immortali”, il che è ironico perché la mia relazione è finita brutalmente e l’amore, in generale, non è affatto eterno. Inoltre, hanno l’odore del mio ex. E per me l’olfatto è il principale fattore scatenante dei ricordi passati.karla hiraldo voleau 2

La fotografia e il fotografo. La tua pratica sembra essere un’estensione della tua biografia piuttosto che un’operazione concettuale a sé stante. In un’epoca in cui l’autore spesso muore a favore della presunta necessità che la sua pratica parli una lingua universale, le tue fotografie mantengono un legame indissolubile con il tuo vissuto. È una cosa a cui pensi?

La mia mostra non è un viaggio dell’ego. Non affronto il tema perché voglio parlare sempre di me stessa; anzi, lo trovo piuttosto stancante. Penso che per parlare di genere, sessualità e intimità si debba avere una conoscenza diretta di questi temi. È più naturale e organico partire da un’esperienza personale per poi passare a una discussione più ampia. “Another Love Story” segue questo movimento affrontando la narrativa e le relazioni, la fotografia dello smartphone, la sorellanza, l’empowerment. Inoltre, il mio archivio personale è una fonte così grande di materiale che è logico che io parta da lì per poi digerire il materiale in progetti che sento profondamente miei.

Fotografia ed estetica. Dalla tua mostra emerge che mentre la trama delle nostre azioni può essere invisibile, la proiezione della nostra attività è sempre piuttosto visibile. Questo si riflette nella superficie della fotografia, che è seducente, mentre il contenuto può rimanere crudo. Qual è il ruolo della bellezza per te come fotografa?

È ovvio che una fotografia non è una riproduzione della realtà. Ma trovo che ci sia una verità nella ripetizione, nel lungo termine, nella rappresentazione di un soggetto o di una situazione da diverse angolazioni fino al suo esaurimento. Ha a che fare con il processo. Siamo ossessionati dalla verità e nei social media, ad esempio, non accettiamo le bugie. Nell’arte, invece, si può sospendere il giudizio aprendosi alla possibilità di romanzare o edulcorare, anche quando l’argomento è duro o complesso. 

Se “Another Love Story” fosse stata scattata nel contesto posato di uno studio, non avrebbe avuto alcun senso. Il mio linguaggio è crudo. Tuttavia, credo fermamente che la bellezza sia necessaria per attirare l’attenzione delle persone che poi approfondiscono l’argomento. Se si mostra una bellezza non convenzionale, è molto difficile essere altrettanto efficaci. Pensiamo alle fotografie di Richard Mosse sulla guerra in Congo. Parlano di orrore e devastazione, ma lo fanno in rosa. La bellezza ci attira e, una volta catturati, sviluppiamo un interesse più complesso, siamo più inclini ad ascoltare e imparare.karla hiraldo voleau 4 A cosa stai lavorando al momento?

Attualmente sto lavorando al mio progetto sino ad ora più politico sull’aborto nella Repubblica Dominicana. Si tratta sempre di intimità, ma è più stratificato. Quando l’anno scorso negli Stati Uniti è passata la legge che limitava il diritto all’aborto, la mia reazione come artista è stata quella di avviare un progetto sull’argomento. Mi sono recata nella Repubblica Dominicana già alcune volte da quando ho iniziato il progetto nel settembre 2022. Ho parlato con diverse donne e ho raccolto le loro testimonianze. Lì non c’è educazione sessuale e le donne rimangono incinte in giovane età. Faccio scattare degli autoritratti alle donne che incontro. Le aiuto a inquadrarsi e loro premono il pulsante quando si sentono a loro agio. Quest’estate mostrerò alcuni degli scatti iniziali al Festival Internazionale del Film di Locarno.

 Karla condurrà una visita guidata alla sua mostra venerdì 12 maggio a fotoforum. Per info, scrivere a info@foto-forum.it

Credits: (1,2,3,4) Karla Hiraldo Voleau.

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.