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May 3, 2023

Corpi che appartengono al vento:
Parisi e Senoner in mostra a Verona

Francesca Fattinger

Piume e fogli che al passaggio si muovono, corpi sollevati nella dimensione del sospeso e dell’inatteso, in bilico tra il mondo dei ricordi di un passato mai esistito e un futuro che li renderà reali o li distruggerà. Due artisti, il trentino Michele Parisi e l’altoatesino Andreas Senoner, che pur con tecniche diverse, “attraverso il corpo, sono alla ricerca della stessa leggerezza”. Si tratta di una leggerezza che è quella del vento e della memoria, un vento impalpabile, che non si può né toccare né vedere, ma che da solo sa smuovere sguardi e ricordi, farli intrecciare. Chiudete gli occhi per un attimo soltanto e immergetevi nel ricordo di un momento in cui il vento è arrivato e vi ha mosso i capelli, vi ha scompigliato i pensieri e i ricordi, vi ha fatto ripiombare in un passato lontano o in un futuro appena delineato, pensate alla forza di quel vento che vi ha toccato, accarezzato, abbracciato e vi ha fatto immergere in qualcosa di così profondo che altrimenti sarebbe stato insondabile. Le opere dei due artisti, in dialogo faccia a faccia nella mostra bipersonale Corpi che appartengono al vento alla galleria Isolo 17 di Verona, visitabile fino al 7 maggio, a cura di Silvia Concari, è un viaggio nel tempo e nell’interstizio tra i mondi del reale e quelli del ricordo. Ne ho parlato con la curatrice, per scoprire qualche dettaglio in più sulla mostra, sulle opere e sugli artisti. 

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Le opere di Michele Parisi e Andreas Senoner sono porte verso mondi altri, indizi e suggestioni per un altrove. Due artisti, che pur molto diversi in termini di tecniche usate, parlano la stessa lingua. Come è avvenuta la selezione e perché hai deciso di farli dialogare?

Proprio così. La selezione in realtà è arrivata in modo molto spontaneo e naturale: il direttore della Isolo 17 Gallery, Giovanni Monzon, da tempo aveva il desiderio di creare un progetto che coinvolgesse Andreas Senoner, artista presente nella galleria da tempo e che già conoscevo, con un pittore molto diverso e contemporaneamente simile. Da tempo Giovanni conosceva anche i lavori di Michele, e così anche io ho cominciato ad interessarmi a fondo della sua ricerca, colpita dalla sua tecnica e dalla sua estetica. Dopo un breve confronto è scattata dunque la scintilla: entrambi, attraverso il corpo, sono alla ricerca della stessa leggerezza.

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La memoria assieme al vento, inteso qui come un suo fratello gemello, collega ogni opera, trattenuta da corpi in bilico tra mondi a tratti fantastici a tratti così reali da farci immergere nel calore dell’intimità più segreta. Ci parli un po’ dei tre temi scelti: corpo, memoria e vento, che ai miei occhi funzionano come la punteggiatura del racconto che hai scritto in mostra?

La ricerca di questa leggerezza è ciò su cui mi sono voluta concentrare: un po’ perché penso che abbiamo tutti bisogno di un vento di aria fresca, di una rinnovata leggerezza, e un po’ perché il corpo è una tematica ampiamente analizzata, per la quale volevo una nuova interpretazione. Volevo collegare la ricerca che entrambi gli artisti fanno sul corpo, nella sua riproduzione, ad una dimensione poco carnale e più eterea. Le opere di Michele sembrano essere attorniate da un pulviscolo, una sospensione materica: le opere di Andreas riproducono un corpo fantastico, piumato, che poco ha a che fare con la vita sulla terra. Il vento mi è sembrato un filo conduttore interessante, e così come la memoria non si può né toccare né vedere, ma si può in modalità diversa, sentire. La tematica della memoria è affrontata da entrambi gli artisti perché Michele da vita a delle immagini che sono sospese tra il ricordo e il presente, Andreas perché nel sapiente intaglio del legno, ne studia la storia, lavorando su un materiale che tiene la memoria di tutto il tempo passato al suo interno.

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Il lavoro di Michele Parisi sulla parola viene esposto per la prima volta in questa mostra, da dove viene e perché lo hai voluto esporre insieme alle sue tele di nudi femminili?

Prima ancora di conoscere Michele, ricordo che studiando la sua ricerca, mi hanno subito colpito i suoi titoli, così poetici e suggestivi, sempre attorniati da un alone di malinconia.Quando poi ha preso vita il progetto espositivo, nato parecchi mesi fa, ci siamo dati molto tempo per incontri e diversi momenti di dialogo “libero”, senza una direzione precisa. È proprio durante questi dialoghi che percepii, oltre alla sua conoscenza del mondo letterario, anche la sua attenzione verso il verbale, come se in parallelo alla sua ricerca visiva ci fosse una vera e propria ricerca poetica. Gli chiesi dunque di appuntarmi tutto ciò che voleva e che poteva aiutarmi a conoscere meglio la sua visione. Nel giro di poche settimane, nacque Leggo al buio cosi mi invento le parole , una raccolta dei suoi appunti visivi su una carta antica e leggerissima che in fase di allestimento facemmo diventare poi installazione. Penso che le sue parole siano come le sue tele, solo che sono delle immagini che non vediamo con gli occhi ma che immaginiamo; questo aspetto trovo che faccia comprendere più complessivamente la sua sensibilità artistica.  

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Il lavoro di Andreas Senoner ci fa piombare nel surreale, lavorando con nascondimenti e opere sineddoche che con frammenti del reale evocano un intero. Ci parli dei lavori scelti per la mostra?

Le sculture di Andreas ritraggono sempre dei corpi o alcune parti di esso. Tipico della sua ricerca è unire il legno ad altri materiali organici, come muschi, licheni, piume. Nella costruzione della mostra, che ha appunto nel corpo uno dei suoi focus così come nella “dimensione aerea”, i lavori con le piume sono stati quelli su cui ci siamo più concentrati. Oltre ai corpi di piccole dimensioni, sovrastati da un manto di piume come Involucre,Andreas ha realizzato nuove sculture che ripropongono parti di corpi a grandezza reale che sembrano proprio essere rappresentati nel momento di passaggio da umano ad uccello, in una metamorfosi; come nel caso della gamba Extremity, o del braccio Shapeshifter. Questo ibrido animale-umano, che vive nel vento, è rappresentato anche nella sua interezza e grandezza in un momento di stasi e riflessione, come se si fosse appena posato sul terreno o fosse pronto a ripartire per un nuovo slancio. Nasce quasi un racconto dalla visione delle opere di Andreas, perché oltre a questi lavori, abbiamo portato in mostra altre sculture che, anche senza il piumaggio, rimarcano l’idea di leggerezza. Questo avviene nel piede che è frammento senza alcuna funzione di stabilità sul terreno, o nella piccola gabbia di legno che è aperta e vuota, come se chi dentro era rinchiuso fosse – finalmente – volato via.  

Credits: (1,2,3,4,5)  Rohd Studio.

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