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May 2, 2023

Ritratti di lingue:
intervista a Benno Steinegger

Stefania Santoni

Vivere in un ambiente dove convivono più lingue, dove non esiste un’unica lingua ma piuttosto tante culture che portano con sé la loro storia, tradizione e quindi il loro modo di pensare ed esprimere le cose attraverso parole differenti è un’esperienza trasformativa che ti porta alla riflessione. Crescere in una terra come l’Alto Adige, dove tedesco, italiano e ladino sono le tre lingue principalmente parlate t’invita inevitabilmente a interrogarti sulla diversità (una difficoltà o -piuttosto- una risorsa?), su che cosa significa parlare una di quelle lingue chiamate ʽ”minoritarie”. E non ultimo, su cosa rispondere quando qualcuno ti chiede «quale è la tua lingua madre?».

È con queste premesse e riflessioni che nasce il film ʽʽRitratti di lingueʼʼ di Benno Steinegger, regista e attore per il teatro e il cinema nato a Bolzano e che attualmente risiede a Bruxelles. Il film è stato presentato al Trento Film Festival,  il 29 e 30 aprile al Multisala Modena.

Benno qual’è la tua formazione e come si è articolato il tuo iter artistico?

Io nasco come attore e regista teatrale: mi sono avvicinato a queste pratiche durante un corso di formazione ai tempi delle scuole superiori.  Proprio allora è nato, in maniera immediata, il mio interesse per questi ambiti. Da attore e co-regista del progetto, questa esperienza molto intensiva mi ha subito condotto su un grande palco. E da allora non ho mai smesso di occuparmi di regia, arte e teatro. La mia formazione è anche accademica; mi sono inoltre laureato in Antropologia Culturale a Firenze con una tesi che metteva a confronto tematiche sociali come  l’immigrazione e il teatro. Poi mi sono trasferito a Londra, alla CSSD, dove ho perseguito l’esperienza artistica, unita a quella accademica: qui ho frequentato un master professionale dove ogni componente del gruppo aveva sì un proprio ruolo, ma secondo una visione orizzontale: ognuno sapeva di che cosa era responsabile, ma senza una gerarchia. Nella sala prove si lavorava insieme e il regista facilitava il processo di ogni membro del gruppo: dalla scrittura dei testi alla vera e propria produzione. E questo tipo di esperienza l’ho fatta mia: cerco, in ogni lavoro e idea che progetto, di avere sempre questo sguardo inclusivo. 

E dopo Londra come è proseguito il tuo percorso professionale? 

Sono rientrato in Italia e ho co-fondato il collettivo “Codice Ivan”, con il quale abbiamo vinto il premio più rinomato per i giovani teatranti in Italia, cioè il Premio Scenario. Riconoscimento, questo, che ci ha dato molta visibilità e permesso di esibirci con diverse produzioni, come quella a Centrale Fies, “The Casting”, che ormai risale al 2014. Con “Codice Ivan” ci siamo sempre occupati di lavori multidisciplinari, quindi contaminando ambienti come il teatro e il museo. Eravamo ibridi: ci muovevamo tra diversi generi. Una volta terminata l’esperienza col collettivo, che mi ha portato a intraprendere tournée mondiali, ho continuato a occuparmi di teatro contemporaneo e ho prodotto installazioni video, perfomance e spettacoli teatrali. Poi mi sono trasferito nella capitale belga e ho iniziato un progetto da solista e anche una carriera da attore cinematografico. E a Trento Film Festival porto il mio primo film: “Ritratti di lingue”.Schermata 2023-02-17 alle 16.32.27 Come ti sei avvicinato alla riflessione sul tema delle lingue? 

Diciamo che mi sono avvicinato alle lingue quando sono nato. A Bolzano è una terra di confine che dà l’opportunità di essere a contatto con tre lingue, ma anche con altre che si trovano poco più distanti. Sono cresciuto in un ambiente tedesco, ma mi trovo in difficoltà quando una persona mi chiedere «qual è la tua madrelingua?». È il tedesco? O l’italiano? Quando vivevo a Firenze mi scambiavano per tedesco, ma quando ero in Germania pensavano che fossi straniero. Non ero mai del posto, un locale, non appena mi allontanavo dai confini della mia provincia. Quindi ho vissuto sulla mia pelle la questione delle lingue, pur essendo la mia una lingua “maggiore”: si sa che il tedesco è ufficiale, parlata in un grande paese. Un po’  più complicato è far comprendere che sono un italiano di madrelingua tedesca…Schermata 2023-02-17 alle 16.26.23 Il tuo film, ʽʽRitratti di lingueʼʼ, raccoglie quattro interviste fatte da te a delle persone che parlano le cosiddette lingue minoritarie…

Nel film intervisto quattro persone (Rut Bernardi, Calus Soraperra, Leo Toller, Paul Videsott) che considerano la loro madrelingua minoritaria. Chiedo loro di raccontarmi come vivono personalmente l’uso della propria lingua, di cosa pensano rispetto agli episodi di discriminazione. Paul Videsott, ad esempio, che è professore allʼUniversità di Bressanone, porta un approccio più tecnico e linguistico allʼinterno della sua riflessione, spiegandoci aspetti legati alla ricerca scientifica. A ognuna di queste persone chiedo di scegliere una parola che è per loro significativa (come una parola che esiste solo nella loro lingua e che non è traducibile con nessuna altra lingua): poco dopo mi siedo a un tavolo con Rut Bernardi, una poeta, con la quale componiamo insieme una poesia che raccoglie queste quattro parole e che desidera narrare il valore alla diversità delle lingue minoritarie. Per comprendere le nuance di ogni lingua, io appaio nel film ripetendo i gesti degli intervistati, le intonazioni; ne assumo le posture fisiche, per assorbire nel corpo tutti i non detti che, al di là dell’apprendimento mentale e razionale, ogni lingua porta con sé.

In questo senso, potremmo quindi definire lʼalterità una risorsa, non qualche cosa che complica

Le persone che parlano le lingue minoritarie si devono legittimare ogni volta che escono dalla loro piccola valle (penso ai territori del Trentino Alto Adige, ma non solo a quelli): questo allontanamento ti spinge a porti delle domande come «chi sono io?», «è legittimo che io parli questa lingua?», «è giusto che continui a perpetuare l’uso di questa lingua o mi devo adeguare a ciò che è maggiormente diffuso?». Io ovviamente sono convinto che questa diversità debba essere mantenuta, perché è una risorsa, una ricchezza assoluta. Ogni lingua porta con sé delle parole intraducibili: se ci omologhiamo alla lingua della maggioranza, una di queste parole verrà persa. E perdere una parola significa perdere un pezzo di cultura, di civiltà, di storia: un pezzo della propria memoria e identità.Schermata 2023-02-17 alle 16.31.51 Credits: (1,2,3,4) foto tratte da “Ritratti di lingue”, Benno Steinegger. 

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