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March 16, 2023

La poesia che si vede
al Café de la Paix di Trento

Stefania Santoni

“La poesia che si vede” è una mostra di poesia visuale e video-poesia a cura del Centro Cultural Tina Modotti. Inaugura sabato 18 marzo al Cafè de la Paix di Trento e avrà una dimensione itinerante. L”esposizione porta a Trento le opere di poesia visiva delle artiste trentine Eleonora Buselli e Francesca Fattinger e le proiezione di “videopoesie” di – in ordine di apparizione - Antonio Nazzaro & Ezio Falcomer, Filippo Balestra & Sieva Diamantakos; Monica Smaniotto, Massimiliano Larcher & Caterina Nebl; zona|disforme curata da Carlotta Cicci e Stefano Massari. I testi delle opere video spaziano dalla poesia classica a quella contemporanea italiana e sudamericana. Questa iniziativa è possibile grazie al Festival Poé, giunto alla sua quarta edizione, e promosso da APS Trento Poetry Slam e Associazione culturale Sanbaradio. Qualche giorno fa ho avuto il piacere di incontrare Francesca Fattinger, Eleonora Buselli e Antonio Nazzaro, che mi hanno spiegato meglio la natura della mostra-evento: “La poesia che si vede”.

Francesca, come nasce il tuo amore per la poesia visiva?

Mi sono avvicinata alla poesia grazie a una macchina da scrivere, trovata in una casa a Bolzano, la città dove vivevo qualche anno fa. Battevo i tasti su quella tastiera dall’alfabeto tedesco e imparavo sbagliando: quei primi esiti di sperimentazione poetica sono stati davvero molto interessanti e formativi per il mio rapporto con le parole e la poesia. Ho così composto i miei primi versi, che andavano a capo in modo strano, sbiaditi, con i buchi nel foglio; poco dopo ho iniziato a raccogliere del materiale in cui mi imbattevo lungo le passeggiate che percorrevo vicino casa: trovavo foglie e fiori mentre immersa nel paesaggio pensavo alle mie giornate. E così, una volta rientrata, aggiungevo ad ogni foglio quegli oggetti raccolti e pensavo alle parole che vi avrei scritto. Poi la pratica si è trasformata diventando più estetica, con un maggiore accorgimento all’immagine che volevo dare alle mie parole. Desideravo che l’oggetto visivo diventasse ogni giorno più potente. Le mie sono quindi poesie personali dove la macchina da scrivere mi permette di giocare con lo spazio del foglio in modo più libero rispetto a un software del computer, cui si aggiunge qualcosa di materico e corporeo che si annulla nella fotografia, ma che al tempo stesso resta.Schermata 2023-03-16 alle 19.49.17 Cosa porterai in mostra a Trento?

Porto in mostra una decina di opere, in formato A4, non cartolina (che è quello mio standard), per la prima volta incorniciati ma in un modo non usuale, un po’ alternativo potremmo dire (non ti dico più di questo perché desidero mantenere un po’ di effetto sorpresa!). Queste 10 poesie sono  parte quasi tutte delle ultime che ho scritto e composto visivamente; ne sono restate due che rientrano nel primo ciclo, cui sono molto legata e affezionata. Diciamo che in questa esposizione ho voluto un po’ mostrare la mia evoluzione, il mio cammino di crescita: scrivendo, crescevo e cambiavo e la mia poesia si trasformava con me, parallelamente.  Creo che la poesia sia magica, perché cambia con te come lettrice, ma anche come scrittrice. Con questa mostra vorrei raccontare alle persone dove la poesia mi sta guidando, dove sta sopraggiungendo la mia emotività, ogni mia emozione; al tempo stesso vorrei condividere quei versi e quelle immagini che per me sono ora poesie manifesto e in qualche modo universali, come se fossero degli strumenti di risveglio e di allontanamento da tutte quelle convenzioni sociali che tendono a ingabbiarci. 

Eleonora, che cosa significa per te la pratica artistica?

L’arte per me è un luogo privilegiato dove è possibile fare esperienza di sé. Attraverso il collage creo nuovi mondi, soluzioni alternative, possibilità. Quindi arte come scoperta, come viaggio, come ricerca di identità. Negli ultimi anni mi sono avvicinata molto alla poesia e questo ha influenzato anche il mio fare arte, a tal punto che alcune opere sono trapassate dalla parola scritta per diventare poesie visive, come quelle che espongo all’interno del Festival. Soggetto protagonista è sempre la donna e il suo sguardo sul mondo, senza mai dimenticare l’aspetto ludico e giocoso che l’atto creativo sempre permette. Ed ecco che ne escono opere anche ironiche e provocanti che permettono al contempo di mostrarsi e di non prendersi troppo sul serio.

 E che cosa hai scelto di esporre?

In mostra porto dei collage dove è prevalente la parola. A partire da ritagli di titoli di giornali, libri e riviste creo altri testi. Mi lascio catturare da quello che mi stuzzica e risuona e lo uso come base di partenza per dare vita a nuovi accostamenti, che tengono conto anche della dimensione e del colore dei caratteri. Eugenio Miccini – uno dei padri del movimento e colui che ha coniato il termine – paragona la poesia visiva a una guerriglia. La mia ha connotati sicuramente più romantici, atti a unire estetica e contenuto. Ma mantiene una presa di posizione critica rispetto alla società attuale tipica dell’avanguardia.Schermata 2023-03-16 alle 19.49.58Antonio, mi parli delle videopoesie — che forse non tutti conoscono – di cosa si tratta esattamente ?

Desideravo portare in mostra una poesia che non fosse solo scritta su pagina, motivo per cui abbiamo proposto al Poé Festival un evento di poesia visiva e di videopoesia: due rami della creatività poetica che di solito non vengono sufficientemente valorizzati. Gianni Toti, poeta romano, è stato il primo a produrre poesia elettronica e che si è proclamato “poetronico”. La poetronica era intesa da Toti come un linguaggio diverso rispetto a quello di Gutenberg e della stampa; è così che lui iniziò a fare per la Rai dei progetti dedicati alla videopoesia, una branca che sta all’interno di quel grande contenitore che è la videoarte. La nostra idea del progetto di videopoesia nasce dalla volontà di mostrare opere contemporanee, fatte da diversi autori secondo differenti stili. I video fatti da me e da Falconer risalgono a quindici anni fa, realizzati secondo questa pratica creativa: invece di avere una videocamera che crea le immagini, abbiamo attinto al magma visivo di  internet, rimontando e dando nuovi significati alle immagini. Alla base del progetto ci sono quindi un testo poetico, con la sua lettura e interpretazione e la creazione del video, usando immagini conosciute che potessero evocare nuovi immaginari. Altra videopoesia  è quella di Balestra & Diamantakos che hanno realizzato un video più classico: un poeta che cammina per strada e recita una sua poesia. Poi abbiamo tre artisti trentini che sono Monica Smaniotto, Massimiliano Larcher & Caterina Nebl in una prima opera  che è al limite tra videopoesia e cortometraggio. Qui il video non ha suono, né testo ma è comunque costruito come una poesia. Infine abbiamo zona|disforme, curata da Carlotta Cicci e Stefano Massari, che raccontano la videopoesia attraverso effetti digitali possibili sulle immagini, creando al tempo stesso una “colonna sonora” per immagini di diversi autori italiani. Un po’ come nella storia del cinema italiano – dove, per esempio Pasolini viene descritto come autore dal linguaggio poetico – così noi cerchiamo di recuperare questo aspetto nei nostri lavori. In tal senso portiamo all’interno di un festival la poesia che si vede (e che, al tempo stesso, non si vede perché questo tipo di poesia non entra facilmente nei musei e nelle grandi mostre!).

Credits: (1,2) poesie visive di Francesca Fattinger, (3) collage di Eleonora Buselli.

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