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February 3, 2023
Trento: una città per gli occhi, una città dipinta di cui prendersi cura
Francesca Fattinger
Nella città la strada deve essere l’elemento essenziale. È il primo organismo della città. La strada è una stanza, una stanza che appartiene alla comunità, i suoi muri appartengono a coloro che li hanno donati alla città, all’uso comune. Il suo tetto è il cielo. (…)
Louis Kahn
Ehi tu! Sì, dico a te! Non far finta di non capire. Stacca gli occhi dal cellulare, disarma i pensieri che ti fanno accelerare, incastrare tra il monitor e le dita che impazzite si attorcigliano su di esso. Fermati. Rallenta. Alza lo sguardo. Ti stai perdendo uno spettacolo, un intero museo a cielo aperto che ti accompagna giorno per giorno, una pinacoteca dalle dimensioni grandiose e dai dettagli infiniti ti si srotola davanti a ogni passo, ti è talmente vicina che potresti accarezzarla con un battito di ciglia, ti sussurra la Storia e le miriadi di storie che contiene. D’accordo le loro voci si confondono con i mille stimoli visivi e uditivi che ti travolgono ogni giorno per le strade della città, hai ragione, per questo non te ne sei accorto, ma questo nasconde anche il loro bello. Sono storie che sono talmente tutt’uno con le facciate che decorano che il tuo occhio si è abituato alla loro presenza senza però conceder loro il tempo, l’attenzione e la cura che meritano. Sono libri fitti di Storia. Se ti fermi, se le guardi, le storie che ricamate ogni palazzo trattiene sanno insegnarti a fermarti e a leggerle. Non sempre risulterà un libro facile da leggere, ma addentrati nella difficoltà, lascia lo spazio al “non so” e alla meraviglia, interroga le sue pagine.
Sulle pareti di un palazzo affacciato verso lo spazio pubblico s’incontrano più universi: quello personale (familiare, dinastico) di chi l’ha costruito o ristrutturato; quello collettivo (sociale, comunitario) di chi abita la città; quello esotico che il viaggiatore porta con sé. Quando i palazzi sono disposti uno accanto all’altro, formando cortine edilizie che definiscono nettamente gli spazi pubblici della città, queste relazioni si moltiplicano, s’ infittiscono, diventano corali.
Trento è la mia città, ci vivo, ci abito, cammino fra le sue strade da quando sono nata. Nei miei occhi negli anni si è trasformata e, pian piano come una fotografia che emerge in camera oscura, ho imparato a cogliere e apprezzare i dettagli che emergevano. Abbiamo tanti abiti: abitiamo il nostro corpo, la nostra casa, la nostra città. Ci prendiamo cura del nostro corpo e della nostra casa, ma anche la nostra città ha bisogno delle stesse attenzioni. Ha le sue bellezze e i suoi punti di forza ma anche le sue fragilità e i suoi punti deboli a cui dare ascolto e da affrontare. L’importante è farlo, farlo insieme e farlo presto, non quando ormai non c’è più nulla da fare.
Per questo è nato il progetto e il volume “Trento città dipinta. I decori murali esterni dal Medioevo ai giorni nostri”, edito da Edizioni Grafiche Antiga e acquistabile nelle librerie di Trento. Un libro che è l’esito di un progetto di ricerca lungo sei anni, ideato e curato dalla sezione trentina dell’associazione Italia Nostra e in particolare da Ezio Chini, Salvatore Ferrari e Beppo Toffolon.
367 pagine, 180 schede di approfondimento con un ricchissimo apparato fotografico e didascalico in cui il lavoro di 30 studiose e studiosi, professionisti e professioniste del settore hanno riversato il proprio lavoro, la propria energia e la propria cura. Un libro che ci fa addentrare nei meandri della storia e delle storie del museo a cielo aperto che è la città di Trento con il suo straordinario patrimonio murale dal Medioevo fino ai nostri giorni. Un atto di cura e amore per la nostra città e un SOS lanciato con fermezza, un monito, un allarme, una preoccupazione comune che si è trasformata in una richiesta d’aiuto per non essere costretti ad “assistere passivamente al degrado e alla perdita irreversibile di un patrimonio unico e inestimabile, abbandonato a sé stesso.”
Il progetto non si limita alla pubblicazione del prezioso volume, ma vuole essere l’inizio di una serie di iniziative: si è appena conclusa la mostra a Palazzo Roccabruna, ma molte altre saranno le occasioni di presentazione, oltre all’auspicio di creare una banca dati digitale consultabile online.
Com’è bello provare a ripercorrere il percorso descritto da Cesare Brandi nel 1979: “da via del Suffragio si passa in via Manci, dove troviamo altri palazzi, ma proprio uno dietro l’altro, e tutto ciò fa un tessuto viario senza smagliature… Ma poi si arriva a quella via Belenzani che ha uno sviluppo armonioso ed episodi architettonici di gran classe, con la rarità assoluta di presentare tre facciate ancora affrescate…”, provare a entrare nei suoi occhi, a riversarsi nei suoi passi e aggiungerne di nuovi. Cosa succede se da via Belenzani ci spingiamo fino a via Torre Vanga. Cosa accomuna e cosa distingue la bellissima facciata di Palazzo Geremia in via Belenzani, con la sua decorazione che risale ai primi anni del Cinquecento, con il murale del 2016 dell’Ostello della Gioventù “Giovane Europa” in via Torre Vanga 11? Un programmatico omaggio all’allora re Massimiliano d’Asburgo come può dialogare con un omaggio all’interdipendenza tra esseri umani? Una provocazione forse la mia o forse un invito a dialogare con un passato che è più presente di quanto pensiamo. Mi piace infatti concludere con una delle citazioni che aprono il saggio di Ezio Chini. Si tratta di Franco Russoli che nel 1981 parla delle opere d’arte e del ruolo del museo nella società: se solo sapessimo cambiare prospettiva e capissimo l’importanza dell’arte, dei musei, quelli convenzionalmente definiti tali, e quelli a cielo aperto, come le nostre città; se lo sapessimo fare, forse sapremmo investire denaro, risorse, tempo, forse sapremmo capire l’importanza di difendere il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro.
Quando l’opera d’arte non sarà più considerata un miracolo o un feticcio, ma quel prodotto dell’uomo che giunge a testimoniare la vita del proprio tempo nella dimensione assoluta dell’eterno, quando sarà intesa come un interlocutore sempre attuale, allora si comprenderà che il dovere di difenderla e ben conservarla non è noiosa pretesa di anime pie e di anacronistici eruditi, ma è impegno di ogni individuo che voglia essere politicamente cosciente del suo ruolo nella società in cui vive.
Foto: Agenzia Gianni Zotta (1;4), foto copertina (2); Archivio della sezione trentina di Italia Nostra (Ezio Chini) (3;5)
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