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October 14, 2022

Pulvis ritorna nella Chiesa di Sant’Osvaldo a Rovereto con le installazioni di Igor Molin e Michele Parisi

Francesca Fattinger

Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –

Ma giungerà una sera
a queste rive
l’anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l’acqua o l’aria
salperà – con le case
dell’isola lontana,
per un’alta scogliera
di stelle –
Antonia Pozzi

Voglio cominciare questo articolo con i versi di Antonia Pozzi, una poetessa che ha lasciato più di trecento composizioni, mai pubblicate in vita, e che nelle sue poesie ha saputo parlare delle maree della malinconia con grazia, fascinazione e gentilezza incredibile. Nei suoi versi si intravede sempre una mano che indica qualcuno o qualcosa che si intravede solo in lontananza, ma che lei avrebbe voluto raggiungere con tutta se stessa, un anelito verso l’incontro. 

allestimento - Michele Parisi Igor Molin_PH Thomas Saglia

Ed è proprio l’incontro a essere il vero protagonista delle iniziative della Scuola di Sant’Osvaldo – Laboratorio delle Arti di Rovereto, uno spazio aperto e partecipato per la sperimentazione artistica, un laboratorio per il quartiere e la città e per chiunque sia interessato, in cui artiste e artisti abbiano l’occasione di incontrare nuovi luoghi, nuovi temi, nuove persone, nuovi territori; arricchirsi e arricchire di questi contatti la propria arte e a loro volta arricchire le persone che in questa veste li incontrano. 

ph.Thomas Saglia0

Così è capitato a me che ho avuto la fortuna di varcare l’entrata della Chiesa sconsacrata di Sant’Osvaldo nel distretto di Santa Maria a Rovereto e riscoprirmi immersa nella magia. Mi sono ritrovata a camminare in mezzo a una storia fatta di colori, installazioni e sculture, in un viaggio tra il mare e il cielo, tra la storia antica e le emergenze attuali, tra le onde vivaci, mosse e brillanti di Igor Molin e le tinte poetiche, nostalgiche e sofferte del cielo in lotta di Michele Parisi. È proprio grazie a quel confine, a quell’orizzonte disegnato tra i loro sguardi, che come elementi contrastanti e per questo complementari si arricchiscono l’un l’altro, che mi sono ritrovata in mezzo al dialogo che gli artisti hanno intessuto con il luogo che ospita le loro opere. Un dialogo intenso e rispettoso in cui Michele Parisi si è confrontato addirittura con la pala d’altare ricoprendola con una sua carta di grandi dimensioni. L’artista si è qui misurato con il mistero del cielo, con la meraviglia e la paura della sua spettacolare forza che può salvare e distruggere, liberare o imprigionare. Come nel 79 d.C. quando Plinio il Vecchio, secondo i racconti del nipote Plinio il Giovane, attratto dal prodigio della nube fosca, immensa e minacciosa causata dall’eruzione del Vesuvio, ammonimento a tutti i mortali della collera degli dei, è andato incontro alla morte. E come Icaro, che attratto dalla potenza di quel cielo in fiamme si è bruciato le ali, anch’egli è caduto alle soglie del mistero, come la scultura di Michele Parisi, a terra davanti alla pala d’altare, ci fa immaginare. Così “un grande mantello grigio matita come il cielo avvolge fino alle orecchie” il visitatore e la visitatrice che si perdono nel mistero di quel cielo di carta, tanto fragile e leggero, quanto potente e attraente: l’occhio non può fare a meno di indagarne ogni piccola piega, come linee di un paesaggio sensuale in cui perdersi. 

Michele Parisi_ PH Thomas Saglia

Un dio e una natura migliore sanarono questi contrasti: dal cielo, infatti, divise la terra, dalla terra l’acqua, e dall’aria densa distinse il cielo limpido.
Districati gli elementi e cavati dall’ammasso informe, riunì quelli dispersi nello spazio in concorde armonia. (…)

Così Ovidio nelle Metamorfosi parla di acqua, cielo e terra, di lotta, divisione e nuova armonia. E dal desiderio sofferto verso un altrove che le opere di Parisi ci fanno intuire, il corpo si muove nell’installazione di Igor Molin e si fa acqua insieme a loro. Tele che sembrano volare a pochi centimetri da terra e che come una marea che sta pian piano salendo attraggono l’occhio e lo fanno nuotare tra le pennellate. Solo con un’osservazione lenta e paziente appaiono alcuni elementi che da intrusi tra le onde denunciano in modo silente e giocoso l’urgenza ambientale che stanno vivendo i nostri mari. La meraviglia dell’ambiente marino, qui ritratta nei mari cari all’artista tra Venezia e Creta, è minacciata da presenze di plastica: può l’uomo non accorgersi del male che sta facendo a se stesso attraverso l’inquinamento e la negligenza? Così anche le pennellate luminose di Molin, come nel caso di Parisi, ci fanno dondolare su quel “sottile confine tra il bello e il pericoloso, tra il meraviglioso e il mostruoso”, aprendo in noi una serie di domande sul nostro modo di abitare il mondo.

foto catalogo Pulvis261

La mostra, visitabile fino a domenica 15 ottobre, il sabato e la domenica dalle 17 alle 19 o su prenotazione, fa parte del progetto “Pulvis. Arte tra emergenze umanitarie e ambientali,” curato da Francesca Piersanti con Veronica Bellei, che negli ultimi mesi ha visto protagonisti vari luoghi della città oltre alla già citata Chiesa di Sant’Osvaldo, come la Fontana delle Due Spine, la Passerella sul Leno, il Filatoio Colle-Masotti e il Palazzo Betta-Grillo. “Pulvis” è un termine carico di sfaccettature: pulviscolo, terreno arso dei morti, polvere del campo di battaglia; qualcosa di effimero e d’impermanente che nella sua apparente leggerezza e inconsistenza nasconde temi importanti, urgenti e attuali. 

ph. Thomas Saglia6

Così come le parole leggere e affilate di Ungaretti che si nascondono nella Chiesa di Sant’Osvaldo a corredo di una piccola scultura di Michele Parisi, sintesi della manualità dell’artista, incontro delle due mani che solo nella materia e nell’atto scultoreo possono fondersi indissolubilmente e farsi una:

Stamani mi sono disteso in un’urna d’acqua e come una reliquia ho riposato.
Giuseppe Ungaretti

Foto di Thomas Saglia

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