Culture + Arts > Visual Arts

October 7, 2022

Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022: un racconto tra corpo e scrittura, donna e linguaggio

Francesca Fattinger

Io sono una carta a quadrettini
Io sono una carta colorata
Io sono una carta velina
Io sono una carta strappata
Tomaso Binga

“Quale forza maggiore di un corpo che diventa scrittura?” Così diceva in un’intervista Mirella Bentivoglio e questa domanda rimbomba forte nel petto, negli occhi, tra le mani appena si entra nella grande sala dedicata alla mostra “Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022” alla Fondazione Antonio Dalle Nogare, curata da Cristiana Perrella e Andrea Viliani, con la curatrice aggiunta Vittoria Pavesi e visitabile fino al 3 giugno 2023. Un’esposizione che è aria, luce, spazio, che invita a farsi “carta”, a prendere parte, voce, corpo e farsi “scrittura”; un’arena e una piazza in cui viene voglia di prendersi il proprio spazio, di non farsi soverchiare da opere altisonanti, assordanti e monumentali, ma di essere pienamente se stesse. 90 artiste internazionali che, con intimità, calore e leggerezza tutto intorno a te, in un abbraccio trasparente e specchiante, bianco e nero, rosso e blu, ti mostrano una via per smaterializzare e ri-materializzare il linguaggio e quindi smaterializzare e ri-materializzare la visione di te stessa e del mondo intorno a te. Opere che nella loro fragilità mostrano tutta la loro potenza e invitano a riflettere sul rapporto tra donna e linguaggio, su come possa essere praticata una modalità di comunicazione “non condizionata e trasgressiva”, sull’importanza delle relazioni, della cura, della resistenza.

11_Mirella Bentivoglio Manuale_retro, 1970 

Io sono una carta assorbente
Io sono una carta vetrata
Io sono una carta opaca
Io sono una carta perforata

Cosa sarebbe successo se nel 1978 la mostra “Materializzazione del linguaggio”, curata da Mirella Bentivoglio ai Magazzini del Sale alle Zattere di Venezia, avesse avuto più tempo, più visibilità, più rispetto? Cosa sarebbe successo se la Biennale di Venezia di quell’anno avesse avuto più artiste esposte non costringendo all’ultimo Carlo Ripa di Meana, presidente della Biennale di allora, a chiamare Mirella per colmare un vuoto ingestibile, troppo grande e pesante? Cosa sarebbe successo se il catalogo della mostra non fosse uscito in grande ritardo e slegato da quello ufficiale della Biennale? Cosa sarebbe successo se le artiste in mostra avessero potuto esporre più opere e non solo quelle che nel pochissimo tempo a disposizione Mirella era riuscita a recuperare? Cosa sarebbe successo se la storia non si fosse dimenticata, in una sostanziale rimozione storiografica, di una mostra che è stata un unicum per numero di artiste esposte, per il suo focus sulle ricerche sul linguaggio e sulla poesia verbo-visuale e per la sua componente internazionale? 

Re-Materializationof Language 008

“Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022” alla Fondazione Antonio Dalle Nogare vuole essere quel “what if”, vuole dare a quella mostra così fondamentale una possibilità di riscatto, la possibilità di avere quel “di più” che si sarebbe meritata. Per questo, pur nell’intento di una ricostruzione filologica, si è deciso in parte di tradirla aggiungendo alcune artiste non presenti alla mostra originaria e allargando il numero di opere presenti per ognuna di loro. Opere visuali e testuali, volumi di poesia, libri d’artista e ricami, disegni e grafiche, appunti e scarabocchi, fogli e carte, articolano la mostra del 1978 così come quella attuale. Cos’è documento e cos’è arte? Il confine è sottile e labile. Due grandi fogli appesi centralmente nello spazio fanno da sfondo ai video e alle performance dal vivo dell’esposizione originaria, documentazioni che erano state in buona parte dimenticate e che adesso animano con corpi e voci la mostra, a rendere ancora più vivo il collegamento tra presente e passato.

Re-Materializationof Language 010

Io sono una carta trasparente
Io sono una carta piegata
Io sono una carta semplice
Io sono una carta bollata

Corpo non come materiale organico, ma come terreno di scontro e atto politico, come grande lezione di libertà. Lucia Marcucci in “A,a B,b C,c“ stampa il suo corpo in mezzo all’alfabeto, perché dobbiamo ricominciare dalla ricostruzione dell’alfabeto per rifondare il linguaggio, allontanandolo dagli stereotipi patriarcali, e quale migliore luogo d’inizio se non il corpo? Lo stesso ha fatto nel suo “Alfabetierie murale” Tomaso Binga che è stato qui reso ancora più vivo e attuale e trasformato nel marcatore alfabetico dell’intera mostra: a ogni lettera incarnata dall’artista con il suo corpo nudo nel 1976 corrispondono ora le artiste il cui cognome inizia con quella lettera. La potenza del corpo sembra essere nascosta in ogni opera, impossibile non nominare le mani di Ketty La Rocca in “Appendice per una supplica”, che, morta due anni prima della mostra del ’78, era una voce potentissima e di grande ispirazione per tutte le altre, o ancora il linguaggio desemantizzato di Irma Blank che sembra di vedere lavorare con pazienza e lentezza davanti ai suoi fogli o alle sue tele. 

Re-Materializationof Language 023

Io sono una carta da imballaggio
Io sono una carta da lettera
Io sono una carta da baratto

A 100 anni dalla nascita di Mirella Bentivoglio (Klagenfurt, 1922 – Roma, 2017) questa mostra arriva dopo varie altre occasioni di commemorazione, come la ripubblicazione del catalogo della mostra “Materializzazione del linguaggio” a cura della Biennale di Venezia o la sala o ”capsula” di approfondimento “Corpo orbita”, sempre alla Biennale di quest’anno. A Bolzano si celebra la Mirella artista e curatrice, ma anche la donna capace di creare relazioni durature e forti, fatte di presenza quotidiana, sostegno e resistenza, una rete che spesso doveva restare invisibile e sotterranea. Non bisogna dimenticare infatti l’attenzione di Mirella per le artiste dell’est che per poter inviare le loro opere le hanno dovute camuffare da doni, giocattoli o oggetti quotidiani da riassemblare non appena arrivati a destinazione. 

Il linguaggio della mostra sarà periodicamente e progressivamente ri- materializzato anche dagli interventi di artiste contemporanee: si è partiti con l’intervento di allestimento di Matilde Cassani che ha così interamente ri-materializzato la mostra dandole un nuovo ritmo, un nuovo corpo, un nuovo respiro, al fine di rendere massima la visibilità e la rivitalizzazione delle opere disposte sulle pareti e nell’unica lunga vetrina, senza alcuna gerarchia di sguardo. Le opere hanno così trovato il loro meritato spazio come corpi vivi e palpitanti, in una sorta di celebrazione della monumentalità della fragilità.

13_Blank, Autoritratto E6, 1981, tecnica mista su carta pergamenamixed media on parchment like paper, ditticodiptych, cm.21x14 cadeach (cm.21x28 overall) (IRBL0006)(ph.C.Favero 170414_CFAV_30_01)(P420 n.609)

Le prossime artiste invitate, anche per mantenere il carattere internazionale dell’esposizione, saranno l’italiana Monica Bonvicini, l’israeliana BRACHA Ettinger e la croata Nora Turato. Si andrà poi avanti per dare spazio a “corpi, voci e comunità” attraverso una pluralità di eventi, sia digitali che dal vivo, per far sì che il discorso iniziato nel 1978 continui ancora oggi. Nella stessa direzione la coincidenza bellissima e potente che per ancora alcune settimane, fino al 5 novembre 2022, sia visitabile all’ultimo piano della Fondazione, negli ambienti intimi e domestici della biblioteca, “Etel Adnan & Simone Fattal: Working Together”, a cura di Vincenzo de Bellis. Dipinti, sculture ma anche libri, poesie e oggetti di uso quotidiano delle due artiste e compagne di vita che hanno creduto da sempre nella forza della parola poetica.

 08_Evelina Shatz, Senza Titolo

Io sono una carta 
Io sono un cartone 
Io sono un cartoncino
Io sono una cartuccia
E questa cartuccia va sparata.

“Ed è qualcosa che non si spara con le armi, una cartuccia di carta si spara con la testa e con il cuore. E questa è l’energia di questo rosso, di questo blu, di questa mostra, spariamo cartucce di carta!” così ha commentato Andrea Viliani la potente poesia di Tomaso Binga che leggete a scandire il testo dell’articolo: quasi come fosse la rete che tiene insieme tutti i frammenti, i nostri di oggi e i loro di allora, rete in cui i nostri fili si intrecciano ai loro, per ricamare nuovi sguardi e nuove consapevolezze, per mostrarci una via possibile e per aprirci la strada lasciandoci il loro filo in mano a darci il coraggio di disfare la trama e ricominciare. Perché come scriveva Mirella Bentivoglio, nell’introduzione al catalogo della mostra: “una connotazione veramente particolare di queste operazioni femminili è di trasformare il linguaggio in tessile (…) Forse una prova di penetrazione nell’inconscio e dell’incontro della donna con il suo mito. Il filo delle Parche, di Arianna, di Aracne, il filo di un discorso spezzato, che sembra ora venire ripreso.”

Foto dell’allestimento di Jürgen Eheim Fotostudio (1, 3, 4, 5); Foto di opere singole: Evelina Schatz, Senza titolo, Courtesy Archivio Lettera_E, Roma (7); Mirella Bentivoglio, Manuale, 1970, Courtesy Gramma_Epsilon Gallery, Athens (2); Irma Blank, Autoritratto E6, 1981, Courtesy the artist and P420, Bologna (6)

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > Visual Arts