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August 5, 2022
Eleonora Buselli e la libertà custodita tra immagini e parole
Francesca Fattinger
Io e la mia arte andiamo di pari passo.
Eleonora Buselli
Si può essere leggeri e profondi allo stesso tempo? Si può sorvolare con delicatezza temi profondi e sociali mostrandosi senza nascondimenti? Si può essere autentici per parlare del mondo che ci circonda e ci attraversa? Si può avere il coraggio della vulnerabilità? Essere vulnerabili per mostrare le proprie ferite e quelle del mondo e in quelle crepe offrire la possibilità di una rinascita, di un nuovo sguardo? Dare la possibilità di giocarne, di sorriderne, di mettersi in gioco per farsi e disfarsi, distruggersi e ricostruirsi? Eleonora Buselli, artista ecclettica trentina che fa del collage analogico e digitale e della poesia visiva alcuni dei suoi linguaggi principali, mi ha mostrato che è possibile e parlandone insieme mi ha accompagnato a scoprirne gli esiti nelle sue opere.
Mi piace quando incontro un’artista lasciare decantare dentro di me le sue parole, farle adagiare piano piano e sovrapporsi alla mia vita, ai miei sguardi. Succede poi che i punti di vista si mescolino e si arricchiscano. Ora sono davanti a un mare completamente piatto che si staglia sull’orizzonte quasi fosse ritagliato e adagiato su una tela gigantesca azzurro chiaro; lo sguardo cade più in basso e affonda nella sabbia calda e sembra un altro strato adagiato e incollato con cura da mani dolci e premurose che in quell’atto svelano parallelismi e simmetrie che la natura ci suggerisce e l’uomo spesso trascura o peggio ancora distrugge. E mi sembra di vedere un’Eleonora gigante che meticolosa, con le forbici in mano, adagia mare, cielo e sabbia e ne fa un mondo in cui poter camminare e respirare, in cui poter abitare. Ogni volta che si osserva un suo collage si finisce in un mondo nuovo, altro, vivo, così vivo che se lo osservi troppo ci caschi dentro, e chi vuole uscirne più?
Così mi è accaduto la prima volta che mi sono trovata di fronte a un suo collage: tirava vento quel giorno, così tanto vento da perdere la testa e farsi turbinio di pensieri e sogni, in un moto così veloce da perdere l’equilibrio o forse trovarlo proprio in quella precarietà mai immobile. Era così calmo l’abitante di quel mondo quasi subacqueo, sembrava pronto a lasciare quell’abito da un momento all’altro, diffondersi nel paesaggio in un soffio; tanto ne era già parte integrante, bastava poco e si sarebbe fatto albero, chissà se lo riavrei trovato lì al prossimo sguardo.
Nelle opere di Eleonora Buselli è una questione di spazio e corpo; il corpo dell’artista che crea, ma anche quello delle figure dei suoi collage che si fanno paesaggio dando vita allo spazio che le circonda abitandolo, abito e luogo come un tutt’uno senza barriere.
Da un atto creativo quasi ombelicale delle prime opere a un fare sempre più relazionale e aperto all’esterno nelle ultime: “le opere parlano di me. L’arte mi parla e io parlo attraverso l’arte”. Così le sue opere non possono che essere fatte di quella vastità di cui parla Walt Whitman, contengono “moltitudini”, apparenti contraddizioni che si compenetrano, s’intrecciano sensualmente e si risolvono negli occhi di chi le guarda. La sua arte esprime la necessità di approcciarsi all’immagine da diversi punti di vista: manipolandola, trasformandola, rompendola e così manipolandosi, trasformandosi, rompendosi. È da quella rottura, da quel taglio, da quello strappo che sgorga un fiume in piena che dà vita a un nuovo spazio: “lo spazio è femmina”, perché è materno, portatore di una maternità di idee e di potenzialità, gravido di racconti, corpo caldo e palpitante.
Parliamo per ore io ed Eleonora, parliamo di come si guardano le immagini, di come le immagini ci guardano, di come ci specchiamo in loro, e parliamo di poesia. La immagino nella sua cucina con i suoi cassettini ordinati pieni di ritagli catalogati o con le sue riviste di ogni tipo, perché le sue immagini vengono da tutto, senza nessuna gerarchia; la immagino tranquilla con le sue forbici, il suo taglierino e con la sua colla che userà però solo in un secondo momento: la creatura che nasce dalle sue mani pretende lentezza, deve essere lasciata riposare e raffreddare, per poi prendere una forma definitiva. D’un tratto mi sembra di essere in un caffè romano o fiorentino e di parlare con una poetessa visiva come Mirella Bentivoglio o Ketty La Rocca, due personalità forti, due donne, due artiste e due attiviste che hanno fatto della parola e dell’immagine la loro arma contro una società spesso stretta e soffocante. Eleonora in effetti non ha paura di mettersi a nudo, di parlare francamente attraverso le sue mani e i suoi occhi. Mette così in scena a volte spettacoli irriverenti, a tratti voyeuristici e perché no scomodi, e lo fa senza paura: la società va scrollata dai suoi tabù ammuffiti e l’arte deve essere innanzitutto uno spazio di libertà.
Ne sono un esempio le sue “Persiane”, collage in cui due immagini, tagliate a strisce e così decostruite si fanno tessuto, si intrecciano come una tessitura fitta in cui l’una nell’incontro con l’altra si tinge di un nuovo significato: come un bambino che curioso spia dalle persiane socchiuse di una finestra e intravede un mondo nuovo al di là del vetro.
“L’al di là, l’oltre” è centrale nelle opere dell’artista che nelle sue ultime sperimentazioni decide di far straripare l’opera dalla cornice stessa attraverso l’uso della tessitura. Sono nuovi lavori in cui tessuti e filati insieme all’immagine si fanno racconto: “voglio rendere visibile l’invisibile, dare corpo al sentire. Attraverso i fili tesso l’invisibile.” E così il filo rosso di una riflessione portata avanti da alcuni anni nei collage analogici e digitali e nelle poesie visive si reifica nelle ultime opere in cui le relazioni tra e nelle immagini si fanno sguardo morbido e rosso intenso.
Immaginate, ora che vi siete avvicinati a qualche aspetto della pratica artistica di Eleonora Buselli, di avere davanti a voi le parole che seguono, di racchiuderle nelle mani, scuoterle e farle cadere liberamente; sparpagliate questi frammenti sul tavolo, componeteli in un nuovo intreccio e darete vita al vostro personale ritratto di Eleonora: donna, sacrificio, responsabilità, racconto, consapevolezza di sé e dell’arte, connessione, tenere insieme, libertà, immaginari, frammenti, apertura, voracità, eclettica, curiosità, nutrimento, sperimentazione. Mi raccomando componete le parole con cura, fatelo con amore, rispecchiatevi nelle connessioni che scegliete, un po’ come fa l’artista quando si trova a dar vita alle sue opere.
Non perdete l’occasione di vedere alcune sue opere dal vivo alle Terme di Levico: la sua mostra “L’immagine eclettica” sarà visitabile fino al 15 agosto. Per tenervi aggiornati sull’evoluzione dei suoi lavori e sulle prossime mostre seguitela su Instagram e Facebook. I prossimi passi saranno una mostra a Pavia all’Osteria Letteraria Sottovento e un’altra a Trento a Palazzo Thun. Non mancate!
Foto ritratto di Goffredo Pezzola (1), foto delle opere di Eleonora Buselli (3,4,5,6), dell’allestimento e dell’inaugurazione de “L’immagine eclettica” alle Terme di Levico di Elisa Vettori (2,7,8)
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