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August 1, 2022

Le erbe spontanee e i loro segreti: alla Malga Lodranega con Stefano Delugan

Stefania Santoni

«L’uomo e gli alberi si somigliano molto. Esiste una connessione magica fra queste due entità, una sorta di filo dorato dipanato e voluto dalle scelte di Gaia, la nostra madre terra. Si racconta che in un tempo molto lontano, Gaia creò due esseri viventi: l’uomo e l’albero. Due creature molto differenti l’una dall’altra, ma che per sempre avrebbero cooperato alla loro vita. Il primo fin da subito si mostra decisamente affamato: capisce che alimentarsi è un bisogno primario, di cui non si può fare a meno. Ed è così che l’uomo priva un albero di una foglia e se la mangia. A seguito di questo comportamento, Gaia stabilisce che all’uomo – che aveva avuto il vantaggio di potersi spostare, di andare alla ricerca di ciò che gli mancava – sarà per sempre condannato a questo privilegio, il movimento perpetuo. All’albero, invece, Gaia dona il nutrimento che viene dal cielo, dall’aria, dall’acqua, dalla terra, ma lo priva della possibilità di muoversi, forzandolo all’immobilità più assoluta. Opposti in un’apparente antitesi, uomo e albero finiscono con lo stabilire un legame di assoluta reciprocità e interdipendenza: il primo cede al secondo lʼanidride carbonica, mentre il secondo dona al primo l’ossigeno. Questo ciclico ed eterno scambio io lo chiamo biofilia, o meglio fitofilia».

È con queste parole cheagroecologo Stefano Delugan conclude un’esperienza immersiva in natura a Malga Lodranega, una giornata (quella del 29 luglio) dedicata alla scoperta e all’esplorazione dei doni di Gaia, di quelle erbe selvatiche e spontanee che vediamo nei prati delle nostre montagne e che spesso ci limitiamo a calpestare, quasi senza accorgerci della loro viva presenza. Non si è trattato di un semplice itinerario nozionistico, ma piuttosto di un assaggio di etnobotanica, vale a dire quella disciplina che coniuga la scienza con il mito, la storia, la tradizione. Con tutto quel bagaglio che ci arriva da una cultura popolare fatta di trame di parole, ancestrali sapienze, riti magici.
Il contesto in cui si trova Malga Lodranega è un ambiente dove la presenza dell’uomo è visibile, dove il bosco ha ceduto il passo all’azione dell’uomo (che definiamo antropizzazione): qui l’uomo ha lasciato tracce ben visibili. Noi definiamo questi ambienti paesaggi. Spetta a noi il compito di aprire bene occhi, naso, orecchie e andare alla ricerca degli ambienti autentici come le biodiversità, luoghi che sanno raccontarci le innumerevoli specie vegetali che la montagna può ospitare, come le erbe selvatiche. Queste riescono a nascere quando ri-trovano condizioni che potremmo definire perfette per se stesse, cucite su misura: ogni erba selvatica riesce a generare radici solide così che un nuovo germoglio possa nascere e riprodursi (perché questo è il fine di ogni specie: replicare sé stessa) quando suolo, cielo, condizioni climatiche sono accoglienti con lei. «Ciò che sta sotto e ciò che sta sopra conferisce a ogni pianta le istruzioni su come si fa a sopravvivere», spiega Delugan.malga Lodranega_Stefano Delugan IMG-20210718-WA0026Ed è da queste premesse che inizia il nostro viaggio nel riconoscimento delle erbe selvatiche. Erbe che da sempre sono state raccolte dall’uomo – fin dai tempi della preistoria – per cibarsi: per questo si parla di fitoalimurgia che letteralmente significa “alimentazione in tempo di emergenza”. Ma non solo: le erbe (come quelle officinali) possono essere anche definite nutraceutiche, cioè in grado di curare, prevenire, garantire lo stato di salute. Sappiamo infatti che la farmacia della natura è una scienza antica inventata da Paracelso nel lontano 1500. Tra le erbe di questa tipologia Delugan ci indica subito le ortiche: le sue proprietà maggiori sono contenute nella pianta femmina di ortica che distingue dal maschio per il suo aspetto che la fa apparire più pesante, quindi orientata verso il suolo (per via della fioritura molto importante). Il maschio invece, privo di semi, è proteso verso l’alto, come se volesse toccare il cielo. Dopo le ortiche ci avviciniamo al cardo asinino (che è un piccolo cardo selvatico dal bellissimo fiore di colore fucsia), ricco di silicio, calcio, vitamina K e di cui si usa solo lʼinflorescenza. A seguire ecco troviamo in prossimità del bosco bacche di fragola e lamponi: le proprietà di questi frutti sono le stesse delle foglie che appartengono alla famiglia delle rosacee, riconoscibili per avere 5 petali sempre simmetrici. Si procede con il riconoscimento di alcune conifere, qualiabete rosso, abete bianco e illarice: molte resine di queste piante vengono utilizzate per confezionare balsami medicamentosi, unguenti e oli essenziali. I germogli (quelli del primo anno di vita) si colgono per la realizzazione di pesti ed emulsioni dal forte valore nutritivo: i loro aghi sono una sorta di panacea di tutti i mali. Proseguendo ecco che incontriamo degli ospiti speciali sopra un larice: si tratta dei licheni, che si tramanda fossero utilizzati dagli alchimisti. I licheni costituiscono una sorta di elisir dal momento che sono in grado di assorbire tutto ciò che durante la notte e il giorno è rilasciato nella foresta, come i terpeni, i fitoncidi, i flavonoidi e molto altro. Questi organismi, che sono una sorta di ibrido tra pianta e alga, come spugne catturano ogni cosa. E come si utilizzano in cucina? Vanno fatti seccare, e poi, una volta polverizzati, si spolverano sulle pietanze con moderazione dato il loro gusto molto deciso! Il lichene rinvenuto nel nostro itinerario è di tipo islandico: si dice che si chiami così perché la sua forma assomiglia a quella delle corna delle renne. Ha funzioni digestive, è utile contro la nausea ed è anche febbrifugo.malga lodranega IMG_20200624_163854344Durante la passeggiata i nostri piedi si trovano poi a calpestare, senza farci caso, la piantaggine: ne esistono di tre specie (maggiore, minore, lanceolata) e tendono a crescere nei posti dove passano persone e animali. Potremmo definire quest’erba un cerotto della natura per via delle sue proprietà curative e lenitive: si tramanda infatti che nei tempi antichi le sue foglie fossero usare nei calzari come delle specie di solette protettive. Non mancano tra i viventi incontrati violette, acetosella, menta selvatica, timo serpillo, camomilla che con le loro proprietà nutraceutiche ci insegnano la distinzione tra alimentarsi (cioè il semplice cibarsi, riempire lo stomaco) e nutrirsi (che significa apportare al nostro organismo proprietà nutritive che favoriscono un benessere psicofisico). Tra le erbe più interessanti menzioniamo infineachillea, dalle foglie lunghe e pennate, preziosa per le sue proprietà antisettiche e anti-fiammatorie e dal sapore amaro in cucina. E in ultima battuta alchemilla, un’erba magica: come evoca il suo nome, questa specie era utilizzata nei laboratori degli alchimisti che ogni mattina si alzavano per catturare le gocce di rugiada che si formavano sulle sue foglie. Con un panno di lino le coglievano, come perle preziose, e divenivano uno degli ingredienti fondamentali per la preparazione dellʼelisir della vita eterna. Non sono mancate, infine, nel corso della mattinata, esperienze sensoriali di tipo gustativo: alcune delle erbe selvatiche (come lʼacetosa, lʼacetosella, lʼachillea) sono state raccolte dallo chef stellato Alfio Ghezzi per la preparazione di piatti deliziosi che hanno omaggiato il formaggio prodotto da Malga Lodranega. Meraviglia per gli occhi, risveglio ancestrale per il palato: una sinestesia di pura bellezza.

Un ringraziamento speciale va a chi ha reso possibile questa esperienza: la Pro Loco di Bondo, il Comune di Sella Giudicarie, lʼAPT di Campiglio e ovviamente Malga Lodranega.

Foto: Stefania Santoni

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