Culture + Arts > More

July 5, 2022

Home studio 2: Daniel Wunderer

Alessio Posar

Siamo tornati: dopo più di un anno, ecco una nuova stagione di Home Studio. Così nuova che ha anche un sottotitolo, “Storytellers & Creators”. Ci muoviamo nel mondo delle storie e delle persone – che guarda caso hanno un legame con questa terra di mele e mucche – che le creano, le mettono in scene, le portano a noi attraverso i film e i palchi di tetro, i libri e i fumetti e le cineprese…

Il nostro primo ospite è Daniel Andrew Wunderer, un autentico cosmopolita che è nato nel Regno Unito ma è cresciuto in Alto Adige, e che ha studiato sceneggiatura, storia e comunicazione in Austria, Italia, Germania, Finlandia e Regno Unito. I suoi cortometraggi Una casa modello e Shelter hanno partecipato a oltre 50 festival in tutto il mondo tra il 2017 e il 2018. Nel 2019 ha frequentato il Biennale College di Venezia e ha co-diretto il documentario di ARTE Money Bots. Attualmente sta lavorando a un secondo documentario per ARTE, sviluppando il suo primo lungometraggio e pianificando l’uscita – nel 2022 – del suo primo graphic novel Acid Accessories.

Nella tua carriera hai lavorato a progetti molto diversi: documentari, cortometraggi e adesso anche fumetti. Come decidi qual è il linguaggio migliore per un’opera? 

Bella domanda, anche se è strano sentire la parola “carriera”… non so perché, ma dà la impressione di un progresso lineare, mentre io ho la sensazione che mi sto muovendo in mille direzioni allo stesso tempo. Ho dozzine di storie che voglio raccontare e sto cercando modi di realizzarne almeno tre. Poi spesso è il pragmatismo a decidere come: la grandezza dell’idea per esempio potrebbe far capire se è un lungometraggio, una serie o un corto. E se è una storia reale perché non fare un documentario? Poi c’è la questione del budget. Non è romantica, ma è una realtà. È vero che i miei progetti  sembrano molto diversi, ma tutti sono più o meno collocati nel VISUAL STORYTELLING, e io non posso creare immagini senza aiuto: non so disegnare e non sono troppo bravo con la camera. Non so recitare. Come scrittore e regista devo trovare bravi collaboratori e comunicare loro cosa vedo e sento dentro di me, e perché è importante esprimerlo a un pubblico. Poi quando lavori con altra gente deve sempre esserci il compromesso, anche nel senso positivo. Se sei fortunato il progetto esce meglio della tua prima idea, e poi fai finta che l’hai sempre inteso così.

Di cosa ha bisogno, per te, un’idea per diventare una storia da raccontare?

Ogni idea ha il potenziale di diventare una storia. Ma il processo è lungo e laborioso, perciò devi trovare qualcosa che infiamma la tua passione. Un carattere, un tema, forse solo un immagine… 

Spesso persone vengono da me è mi dicono “Ho una storia per te”, ma il 90% sono “storielle” –  eventi belli o fatti interessanti. Possono essere ispirazioni per una storia ma non sono storie nel senso drammatico. E spesso devo dire “Bella idea, ma…”, perché sono mesi della mia vita che devo investire prima che un’idea diventa una storia. Ma teoricamente, se trovi un modo di motivarmi, (soldi, passione, tiramisù) posso trasformare anche un peto in una storia… è il mestiere dello scrittore. 

E quindi, qual è il senso di trasformare un’idea in una storia?

Ho appena lavorato su un documentario con un folclorista. Nel senso folcloristico una storia è un racconto che serve rinforzare la coesione del proprio gruppo e distinguerlo da un altro gruppo. Credo che questa sia la ragione per cui ancora oggi la storia “noi contro gli altri” funziona così bene. È un po’ spaventoso a dir la verità, specialmente nel contesto politico. 

Ma nel senso drammatico credo che la cosa fondamentale che distingue una storia da un’idea è un cambiamento significativo ( spesso del/la protagonista) – o l’assenza significativo di questo cambiamento. Per la sua durata una storia riesce a ordinare l’universo in un modo che sembra coerente e significante. 

Personalmente non credo che le storie per forza debbano insegnarci qualcosa oltre il messaggio effimero della loro durata. Noi umani siamo sempre in cerca del senso della vita, dell’universo, del prezzo del bitcoin. Ma non c’è. Le storie sono un coping mechanism. Ci fanno dimenticare per un paio di ore l’assurdità del esistere. Per quello credo che anche la distinzione tra arte ed entertainment sia arbitraria. 

Quando si realizza una storia di fiction,  trama e personaggi sono incredibilmente importanti per catturare il lettore. Che cosa devono avere i tuoi personaggi?

A me piacciono personaggi che sono imperfetti. Non nel senso che sono simpatici ma hanno questo unico difetto che li rende “più umano”. Al contrario: preferisco personaggi che sembrano disturbati ma hanno un paio di qualità con cui posso identificarmi. Voglio dare la sensazione alla gente: Non sei l’unica o l’unico che non è una persona “brava”. Circola questo mito che gli esseri umani sono perfetti di base, ma vengono danneggiati dalle circostanze sociali. Non so se questo sia vero. Viviamo in un tempo così morale che dimentichiamo che è normale avere sentimenti negativi e brutte idee. La domanda rimane: Cosa fai con la tua energia negativa? Io credo che l’arte sia il mondo giusto dove mettere i nostri demoni: le idee che non dovrebbero far parte della realtà. Credo molto nell’effetto catartico delle storie, per quello mi piace tanto anche il genere horror.

E la trama?

“All you need is a girl and a gun”, disse Godard. Non è completamento falso nel senso che una trama commovente è collocata sulla linea tra amore e morte. Amore in questo caso significa passione, qualcosa o qualcuno che ti dà voglia di vivere. E poi c’è un’altra forza che vuole togliere la vita. È una trama molto basilare, ma trovo che le storie semplici ti diano la libertà di inserire idee e personaggi più complessi senza perdere il pubblico. Per questo motivo mi piacciono anche i film collocati nel Genere: hanno le regole abbastanza rigide, ma io li trovo liberatori. Come avevo detto, dove persone interagiscono deve esserci anche compromesso e per comunicare ti serve un sistema di segni in comune. Altrimenti un opera è solo una collezione di idee e simboli che non hanno significato per nessuno tranne te. 

Acid Accessories, il tuo ultimo progetto, è molto diverso dai tuoi lavori precedenti: è un fumetto. Ci racconti come è nato?

Da quando ero piccolo amavo i film e i fumetti.  E non capivo mai perché non ci sono più film basati sui fumetti. Sembra stupido adesso ma prima del successo di Spiderman e poi l’avvento dei Marvel movies i film basati sui fumetti erano rari e spesso di bassa qualità. C’erano Batman e forse Superman, che a me non è mai piaciuto come personaggio.

Poi nel 2017 é uscito Wonder Woman ed è stato un grande successo. Il primo personaggio femminile che ha incassato più di un miliardo al box office. E io ho pensato: Davvero? Questa è l’eroina che avete scelto? Una amazzone senza sbagli? La versione femminile di Superman? Dove sono le anti-eroine come Tank Girl? Dov’è Æon Flux? Certamente non voglio decidere io quale siano i role models della gente, ma in quel momento ho deciso di aggiungere al canone un’eroina un po´ più irriverente e squallida – una Indie come Tank Girl, ma nata dal mondo glamour e superficiale dei social media.

Come mai, dopo molte storie realistiche e documentari, hai scelto di addentrarti nel genere della fantascienza?

L’esigenza di lasciare la “realtà” per la fantascienza era sempre un desiderio. Sono entrato nel mondo del documentario perché stavo cercando una possibilità di fare film. Stiamo parlando di 15 anni fa. Non c’era il film fund in Alto Adige come esiste oggi, e non c’erano progetti di finzione, ma fare documentari era almeno possibile. E ho incontrato gente spettacolare, ma molto seria, con poca fantasia. Mentre loro volevano parlare dalla politica, o non so… vino, io volevo parlare degli zombie. In Austria, dove vivo adesso, ci sono i progetti fiction, ma anche quelli sempre seri e si parla spesso dell’importanza del realismo. Non ho mai capito perché. Forse è l’antagonismo col cinema americano, che sembra troppo dominante. Non voglio dire che un stile realistico non può essere giusto per una storia. Ma se guardiamo in paesi come Corea, Giappone… la fantascienza e il realismo non sono in opposizione, vengono usati in modo complementare. Ho cercato di fare una cosa simile nel mio cortometraggio “Shelter”. E poi ero allo stesso tempo sorpreso e consentissimo quando il film ha vinto alla Dolomitale di Ortisei nel 2018. Ho pensato:  Forse non sono l’unico sognatore nell’Alto Adige. E questo mi ha dato il coraggio di chiedere per fondi e supporto per progetti più fantastici come Acid Accessories. E il supporto c’è. Dal fondo culturale, dai media e dalla gente su Kickstarter. È un grande passo per me.

In una storia di speculative fiction, l’ambientazione è quasi un personaggio a sé e dà forza a tutto il resto. Come hai creato l’ambientazione di Acid Accessories?

Infatti vedo l’ambientazione o il mondo di Acid non solo come personaggio, ma come l’antagonista principale della storia. Prima di diventare una anti-eroina la nostra protagonista era una celebrity e la forza più importante nella sua vita erano il pubblico e i sponsor. Visto che Acid Accessories è una storia di vendetta, aveva senso vedere questo ambiente come l’antagonista. Mi sono chiesto: Chi é l‘antagonista di Batman per esempio? Joker? Forse. E nelle storie senza Joker? Io credo che l’antagonista di Batman sia la città di Gotham. Gotham ha creato Batman, Batman ha cambiato Gotham. Ed è uscito un antagonismo che è motore per storie da 80 anni. Abbiamo creato la stessa cosa con Acid: un mondo, un universo che riflette la protagonista e viceversa. Questo comprende tutto, dal look, alla storia e ai personaggi.

Come hai conosciuto REVKIN, l’illustratore?

Prima di essere un fumetto Acid era un progetto di film. Un film basato su un fumetto che non esisteva. Cercavo di trovare fondi per un primo cortometraggio e dovevo far vedere alla gente cosa avevo in mente, ma i miei disegni facevano schifo. Perciò ho cercato qualcuno che potesse aiutarmi con il character design. Prima ho commissionato a un altro artista – che era molto bravo – ma suo stile non era quello che intendevo. Poi ho trovato il sito di Sascha (REVKIN) e gli ho chiesto di fare uno storyboard. E già dal primo disegno si poteva vedere che lui… non so… aveva capito l’essenza di Acid. E quando è diventato chiaro che non avrei avuto abbastanza soldi per un film davvero ACID, ho avuto Sascha come alternativa. Sapevo che lui sarebbe stato in grado di disegnare un mondo al di là di un piccolo cortometraggio.

In un fumetto, lo sceneggiatore è anche un po’ regista, così come il disegnatore. Come avete lavorato per la resa grafica di Acid Accessories?

Direi che la maggior parte è l’interpretazione di REVKIN delle mie parole. Ho scritto una sceneggiatura cinematografica e poi gli ho dato tante libertà di scegliere le inquadrature, disegnare le pagine etc. Qua devo dare tanto credito a lui; anche l’architettura e i colori sono suoi, presi in parte dal mood board che io avevo creato per il film. Ho più influenza sul character design, perché dopo 5 anni di preparazione  avevo una visione ben chiara della protagonista e gli altri personaggi. Ma dopo aver trovato il loro look, questo ha dato Revkin la base per il resto della resa grafica. Io gli ho dato feedback sui dettagli, e lui mi ha dato feedback sui dialoghi. E con ogni pagina disegnata si vedeva che lui si immedesimava di più nel progetto e una cosa che all’inizio era “mia” alla fine è diventato “nostra”. Infatti è lui a rompermi le scatole quando un post sui social non è al 100% perfetto.

Cosa vi ha spinti a usare Kickstarter per lanciare il progetto?

Abbiamo discusso tanto su quale sarebbe stata la piattaforma giusta per Acid. Ci sono quelle più locali, ma  noi volevamo includere anche il pubblico globale. Kickstarter ha una grande comunità internazionale che ama i fumetti, per quello è sembrata la scelta giusta. 

Dopo il numero zero, cosa possiamo aspettarci?

Be’, spero il numero uno : – ) Sto anche ancora lavorando sul cortometraggio e credo che l’universo abbia il potenziale per una serie TV. Ma per ora ci concentriamo sui fumetti. Se il pubblico deciderà di darci una mano e supportarci su Kickstarter, ci saranno tante altre storie da raccontare. Senza pubblico… sarà più difficile. Ma amo il personaggio, e con Sascha adesso siamo già in due e la risonanza della gente che ha già letto il numero zero è stata molto positiva. In generale la gente ci ha supportati molto: credo davvero che possa essere l’inizio di una bella amicizia.

 

Home Studio  Storytellers & Creators è un progetto di Alessio Posar, realizzato con il sostegno della Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Ripartizione Cultura Italiana e ospitato in esclusiva da franzmagazine.

Foto Daniel Wunderer 

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.