Culture + Arts > Performing Arts

May 27, 2022

Ende Neu: viaggio tra reale e virtuale
nel nuovo spettacolo di Veronika Riz

Maria Quinz

Conosco Veronika Riz da tanti anni, da quando bambina studiavo balletto classico a Bolzano con Katia Pellizzari e osservavo Veronika insegnare danza contemporanea nella stessa scuola, prima di frequentare io stessa finalmente le sue lezioni. Da piccola rimanevo incantata dai costumi ricercati ed estrosi che Veronika metteva in scena nei suoi spettacoli, dalle musiche colte e sorprendenti che utilizzava e che sapevano evocarmi mondi esotici e sconosciuti e dalle sue coreografie, che sembravano donare al corpo dei danzatori un status espressivo di grado superiore, apparentemente senza limiti e profondamente libero. Una volta cresciuta non ho smesso di ammirare l’entusiasmo e la curiosità di Veronika verso ogni forma di creatività; la passione che mette in ogni singolo progetto, così come la sua profonda conoscenza della scena internazionale della danza e della performance contemporanea, il tutto unito a un contagioso entusiasmo e alla speciale capacità di creare sinergie tra personalità differenti per cultura e provenienza artistica, dalla musica al teatro, dalla moda all’arte, dalla letteratura al cinema.

Sono molto felice dunque di intervistare qui Veronika Riz a proposito della sua ultima fatica artistica, Ende Neu: una performance con musica dal vivo co-prodotta con KulturKontakt Eppan Festival Wege durch das Land e che verrà presentata per la prima volta il 31 maggio alle ore 20:00 alla Cantina San Michele a Appiano. Seguiranno altre repliche, l’1 e il 2 giugno, sempre alle ore 20.00 ad Appiano e il 5 giugno alle ore 18.00 a Schloss Wendlinghausen a Dörentrup, in Germania.

 Veronika come è nato il progetto di questo spettacolo?

“Ende Neu” è nato in collaborazione con KulturKontakt Eppan, che organizza un’interessante rassegna musicale ad Appiano e che negli ultimi tempi si sta aprendo anche ad altre discipline dello spettacolo oltre alla musica. La convergenza tra performance artistiche differenti mi interessa da tempo e sono stata felice di accogliere la proposta del direttore artistico di KukturKontakt di realizzare una performance in cui alla musica dal vivo si unisse la danza. L’anno scorso ho diretto lo spettacolo “Trequenda”, dove i ballerini si sono esibiti assieme all’orchestra di Bolzano e Trento, su musiche contemporanee del compositore austriaco Johannes Maria Staud. Questa volta, dopo l’esperienza con l’orchestra, mi piaceva l’idea di confrontarmi con la musica elettronica: così ho pensato di coinvolgere il musicista e produttore britannico Matthew Herbert, che apprezzo moltissimo da tempo e che ha accolto con entusiasmo il progetto.

Quindi si può dire che la musica ha dato il là… a livello tematico/concettuale, invece, qual è l’idea che sta alla base di Ende Neu. 

Nei miei lavori c’è sempre un richiamo all’oggi, allo spirito che pervade i tempi: in questo lavoro, in particolare, ho voluto rivolgere lo sguardo ai momenti più duri segnati dalla pandemia e dall’isolamento sociale, che hanno penalizzato più o meno tutti, ma soprattutto le giovani generazioni: in particolare penso a tutti quei ragazzi che hanno visto i loro orizzonti di vita restringersi e riversarsi quasi esclusivamente in una dimensione virtuale. Rinunciando alle relazioni, al contatto fisico, al guardarsi in faccia, i giovani hanno congelato anche i loro sogni e i loro desideri più profondi. Tutto è partito da lì, dalla solitudine di questi ragazzi.Ivan Bortondello

Come hai sviluppato questo tema così complesso, nel confronto tra reale e virtuale?

Il lavoro di genesi è stato molto interessante e ha coinvolto tante personalità creative e sensibili in diversi ambiti. Con il mio drammaturgo Marco Gnaccolini abbiamo creato la storia e indagato i suoi risvolti filosofici. Ci siamo ispirati in particolare al poema persiano di Farid al Din Attar, del dodicesimo secolo,  “Il Verbo degli uccelli”, opera che tratta di un gruppo di uccelli messosi alla ricerca – attraverso sette valli – di Simurgh, leggendario re dei volatili della mitologia persiana. L’opera usa come stratagemma narrativo la ricerca di questi uccelli per condurre il lettore in un vero e proprio percorso mistico. Questo percorso è l’elemento che abbiamo voluto riprendere dal poema: i danzatori di “Ende Neu” affrontano, come nel libro, sette valli dell’anima – la valle della Ricerca, la valle dell’Amore, la valle della Conoscenza, la valle del Distacco, la valle dell’Unificazione, la valle dello Stupore e la valle dell’Annichilimento – per cercare una nuova dimensione dell’essere. Tutti gli elementi della rappresentazione – dall’allestimento scenico e delle luci dell’artista Alberto Scodro - che ha anche realizzato la dimensione pulsante della natura attraverso gli schermi-fondali posti sulla scena – ai video del filmaker Nuno Escudeiro, dalla musica alla danza – convergono nel raccontare questo viaggio che scandisce la nostra vita contemporanea, in bilico tra reale e virtuale – con o senza tecnologia – quest’ultima non necessariamente vista negativamente, ma come nuovo strumento conoscitivo, utile per accedere a nuovi “livelli” di esperienza del mondo esteriore e interiore. 

E per quanto riguarda la danza…

I giovani danzatori selezionati a Berlino, sono quattro, Adaya Berkovich, Lena Kilchitskaya, Gabriel Lawton, Marcin Motyl, provenienti da diversi paesi europei; sono tecnicamente molto preparati e generosi nelle loro improvvisazioni. Lo spettacolo è particolarmente attivo e richiede tanta energia che a loro non manca. Abbiamo voluto dare loro la possibilità di scegliere una “valle dell’anima” per ciascuno, che in qualche modo li rappresenti. Via via abbiamo creato i vari spunti della drammaturgia, generati dalla reciproca relazione e dall’ingresso di ognuno del ballerini nelle valle degli altri. Naturalmente gli aspetti narrativi, come generalmente avviene nelle performance di danza contemporanea, sono di natura astratta e concettuale, espressione del linguaggio del corpo, dei suoi movimenti nello spazio e di una deviazione della realtà in una dimensione evocativa ed emozionale, che ogni spettatore può interpretare e sentire a suo modo. 

Ci sarà anche una parte video?

Assolutamente sì, il video è una parte fondante del progetto, nel momento in cui si indaga proprio la contrapposizione tra mondo reale e virtuale. L’aspetto interessante è che le due dimensioni sono proposte secondo un capovolgimento: il mondo reale è contenuto nei video, compresa la dimensione della natura, mentre il mondo virtuale è tutto ciò che succede in scena e che conseguentemente – come dicevo prima – si manifesta con una pratica di astrazione attraverso la danza. Anche l’esperienza di realizzazione del video è stata fondamentale per il progetto. 

Siamo entrati 3 giorni (io, i danzatori, il videomaker, lo scenografo e la mia collaboratrice alle coreografie, Hwan Hee Hwang) in un appartamento condiviso di Bolzano – una vera e propria “WG” (Wohn Gemeinschaf) – per vivere insieme a dei ragazzi, studenti ma anche lavoratori, facendo esperienza della loro quotidianità, abitando le loro stanze, usando i loro oggetti e osservando il loro via vai. Matthew Herbert ha ripreso questa quotidianità attraverso le sue composizioni per i tre musicisti – Eren Solak (electronics), Jozef Dumoulin (keyboards/electronics), Eric Thielemans, (percussion/electronics) – i danzatori si sono ispirati alla gestualità e i rituali quotidiani dei ragazzi per articolare le loro improvvisazioni, io ho trovato spunti per creare le varie scene e così via… L’esperienza è stata molto bella, oltre che stimolante e funzionale allo spettacolo.

Gli spunti di riflessione che emergono in Ende Neu sono quindi di natura propositiva? 

Sì, proprio così. Ci piaceva l’idea che il messaggio fosse positivo, esprimendo la possibilità di un uso sano del virtuale, visto come occasione di arricchimento e scoperta di nuove fonti di crescita personale e umana, al passo con l’evoluzione tecnologica. Lo spettacolo si chiude (anche attraverso un dissolvimento nel bianco delle luci) con la sparizione di uno dei ballerini dal gruppo: ognuno può, naturalmente, interpretare come sente questo finale; nella mia visione, tuttavia, la persona che sparisce se ne va perché è richiamata nell’altro mondo – quello virtuale – rimanendo quindi, in qualche modo ancora presente e viva, seppur non nella sfera del tangibile. Mi sembrava un bel pensiero; un bel messaggio da lasciare allo spettatore. 

Foto Ivan Bortondello

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > Performing Arts