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March 1, 2022
Ombres: l’opera di Christian Boltanski
al Museo Burel di Belluno
Maria Quinz
Un’ombra scura si disegna attraverso una superficie vetrata. L’ombra cambia, con il movimento ondeggiante del corpo su cui si riflette la luce: la fonte luminosa è diretta e decisa, l’ombra si deforma e si smaterializza, ricomponendosi via via, in una danza silenziosa.
Si riconosce la silhouette di una ballerina di flamenco: la vita stretta sopra la corolla della gonna ampia e spumosa, un braccio eretto a reggere un vezzoso ventaglio, la postura sinuosa e volitiva con il profilo del volto sovrastato da un copricapo svettante…
Questa “visione” è ciò che si impone allo sguardo dei passanti di via Mezzaterra a Belluno, mentre camminano oppure si fermano per qualche momento davanti alla vetrata su strada del piccolo Museo Burel, museo di arte contemporanea della città e delle Provincia di Belluno, aperto nel 2019 e diretto dalla curatrice indipendente Daniela Zangrando.
Siamo al cospetto di Ombres, in mostra fino al 13 marzo: un’opera del grande artista francese, Christian Boltanski – che ci ha lasciato nel 2021 – realizzata nel 1986 per la pionieristica mostra Chambres d’Amis, curata a suo tempo da Jan Hoet, e che aveva coinvolto più di cinquanta artisti chiamati a realizzare ed esporre le proprie opere in altrettante case private a Gent, in Belgio.
Nell’opera di Boltanski, di proprietà del museo di arte contemporanea S.M.A.K di Gent – che ha collaborato alla realizzazione dell’attuale mostra a Belluno – lo sguardo si lascia catturare, rapito da qualcosa di apparentemente semplicissimo: “un gioco da bambini” vecchio come il mondo, come quello delle ombre cinesi, ma ammaliante e carico di suggestioni. La figura della ballerina si presenta impalpabile ed evanescente, nella sua esposizione alla luce: immagine della transitorietà della vita, “sulla soglia di una sparizione che avverrà da un momento all’altro”.
Lo scorrere inesorabile del tempo nella vita umana, la sua fragilità e forza, così come la presenza “vibrante” della morte, costituiscono la materia fondante del lavoro di Boltanski, qui come in molte altre sue opere e declinata in molteplici forme, ma, comunque, sempre volta a sfidare la caducità delle cose.
La curatrice, nella sua presentazione alla mostra, ci dice che in occasione della mostra Chambres d’Amis, Jan Hoet aveva deciso di operare nelle abitazioni private, con l’intento di instaurare con i proprietari delle case e con la città un “prudente lucido flirt”: una di quelle relazioni dove ci si lascia andare, senza pensare troppo alle conseguenze.
Un approccio non dissimile verso la città e il territorio è quello che si propone di portare avanti Daniela Zangrando anche con questa mostra e con quelle che verranno e che vanno a sommarsi alle precedenti realizzate dal museo Burel, con lo scopo di rendere sempre “più porose” le pareti del museo, mettendo in connessione i suoi spazi con la città e favorendo il dibattito pubblico sul suo ruolo nella società.
Un “flirt” con la città, senza nessuna previsione definita – sottolinea la curatrice – ma intrigante come la ballerina di flamenco di Boltanski, portatrice di un disincanto che incanta…
Immagini: Christian Boltanski, Ombres, 1986. Courtesy Museo d’Arte Contemporanea Burel, Belluno, Ph. Francesco Titton
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