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August 10, 2021

Another View #07: dialogo con il curatore Federico Mazzonelli

Valentina Varoli
Curatori, associazioni, musei. L’arte raccontata da chi se ne prende cura.

Immaginate di passeggiare per le grandi sale di un museo. In ogni stanza un autore diverso ne prende possesso e ne ridisegna i contorni. Entra e reinventa gli spazi con la sua poetica, creando opere in grado ti attirarci fin dentro al cuore della sua ricerca artistica.

Questo è quello che offre la Galleria Civica di Trento fino al 12 settembre: Camera Picta, una mostra affascinante che parte dalla suggestione dell’affresco del Ciclo dei Mesi di Torre Aquila (1395) al Castello del Buonconsiglio per invitare nove artisti contemporanei a reinterpretare il concetto di camera picta.

Visitando la mostra sono rimasta impressionata dalla potenza visiva dei lavori e completamente soggiogata dall’idea di poter unire autentica ricerca contemporanea e studi storici in un unico percorso. 

In questa intervista l’ideatore del progetto, Federico Mazzonelli, racconta le sue ispirazioni, progetti e punti di vista.

Qual è la tua formazione?

Mi sono formato a Roma, dove ho studiato a La Sapienza. È stato un momento germinale perché qui ho potuto seguire i corsi di Simonetta Lux e Carla Subrizi che proponevano una serie di approfondimenti su gruppi e movimenti degli anni Cinquanta e Sessanta come Gutai, Fluxus oppure John Cage. Questi approcci mi avevano profondamente affascinato per la loro capacità di ripensare il concetto di arte e di fare arte. Non si trattava solo di esperienze legate all’arte visiva ma anche alla danza, alla musica, al teatro. Studiare questi percorsi apparentemente minori, ancora non musealizzati né storicizzati ma in grado di diventare fondamentali a posteriori, mi ha fornito un’idea di arte più ricca, più complessa. 

Mi colpiva in particolare la capacità di questi movimenti di ridefinire il paradigma artistico in senso avanguardistico ma con un atteggiamento completamente diverso. L’avanguardia infatti inaugura uno strappo che copre e nega il precedente mentre queste esperienze, pur avanzando nuove modalità per esprimere l’arte, si pongono in un’ottica di disponibilità e non di negazione.

Mi sono poi laureato con una tesi su Pier Paolo Calzolari, sviluppando una ricerca sperimentale sui primi anni del suo lavoro e analizzando le opere scultoree e pittoriche prodotte tra il 1964 e 1970 che in qualche modo aprivano il concetto stesso di scultura e pittura.2_stefano_arientiDa questa tua breve presentazione mi sembra già di intravvedere un aspetto ricorrente della tua ricerca curatoriale: l’interesse a unire in maniera inaspettata passato e presente.

Si, assolutamente. Sono molto legato a un concetto che ha espresso bene Alberto Giacometti quando l’Automobile Club Francese gli chiede se un’auto può essere considerata una scultura. Erano gli anni in cui l’estetica iniziava ad entrare negli oggetti comuni. Giacometti, accogliendo la provocazione, visita il Salon d’Auto di Parigi del 1958 e fa un ragionamento che per me è diventato una stella polare. Afferma che l’automobile è un oggetto tecnologico con una specifica funzione d’uso e, come tale, viene detronizzato dal più recente che rende immediatamente vetusto il precedente. Ma si può fare lo stesso ragionamento per l’arte? Una scultura di Bernini detronizza una scultura egizia? Oppure il David scalza un gioiello etrusco? 

È evidente che l’arte non segue queste dinamiche: ha una funzione metafisica, conoscitiva. L’arte continua a inverarsi, giorno dopo giorno. Non a caso penso che i grandi artisti siano tanto contemporanei quanto antichi, arcaici. 

È necessario studiare il contemporaneo e vivere il proprio Zeitgeist, il proprio tempo, ma bisogna anche essere consapevoli dei riferimenti storici e dei recuperi importanti, anche a livello iconografico. Un esempio per tutti potrebbe essere Kiki Smith, artista americana regina degli anni Ottanta, che guarda all’archeologia romana. Il nucleo di forza dell’opera non ha tempo. L’arte dal mio punto di vista ha una sua metastoricità. Per questo sono contrario a una visione evoluzionistica della storia dell’arte di matrice vasariana. L’arte non è una progressione continua, al massimo ogni artista compie una progressione personale di conoscenza. 

3_andrea_mastrovitoQuesto approccio è stato messo perfettamente in atto nella mostra Camera Picta.

Si, in Camera Picta c’è questa fascinazione e, per far interagire presente e passato, abbiamo ideato un progetto su due livelli. Da una parte abbiamo chiesto a Francesco De Gradi di cimentarsi con l’assenza del mese di Marzo nell’affresco del Ciclo dei Mesi di Torre Aquila. L’artista ha realizzato un lavoro sulla stratificazione iconografica che è esposto al Castello del Buonconsiglio. Dall’altra, alla Civica, abbiamo coinvolto otto artisti (Francesco Arena, Stefano Arienti, Benni Bosetto, Andrea Mastrovito, Fabrizio Perghem, Alessandro Piangiamore, Federico Pietrella, Esther Stocker) per lavorare sul concetto di camera picta in senso lato, cioè l’azione che l’arte può compiere in una dimensione architettonicamente più ampia. 

È una mostra collettiva che, pur presentando linguaggi e poetiche diverse, integra delle visioni in sé conchiuse che nelle singole sale hanno una propria integrità.4_piangiamore

Come curatore freelance trovi buoni interlocutori istituzionali sul territorio?

Con il MART ho sempre lavorato molto bene. Per esempio, nel 2015 Margherita De Pilati mi ha coinvolto per curare una mostra sulle collezioni private di Trentino Alto Adige e Veneto. Ho proposto di invitare alcuni artisti contemporanei a scegliere uno o più lavori delle collezioni selezionate e metterle in relazione con le loro opere. La mostra si intitolava Il Sosia. Artisti e collezioni private e ha dato esiti molto interessanti, per esempio, Adrian Paci aveva appena realizzato un video sul cimitero monumentale di Tirana la cui architettura quasi metafisica era stata messa in relazione dall’autore con un’opera di De Chirico. 

Un altro interlocutore importante per me è stato il MAG, per il quale ho curato per quattro anni un progetto sul contemporaneo, Der Blitz, insieme a Denis Isaia. Abbiamo fatto transitare per il Museo Alto Garda moltissimi autori e ogni anno realizzavamo una pubblicazione che raccoglieva tutte le nostre iniziative. 

A parte le esperienze istituzionali, sono un grande sostenitore del valore di progetti più piccoli e autonomi. 7 E. Stocker Upload Art Project 2010

Mi fai qualche esempio?

Ne ho fatti diversi. Upload Art Project era un incubatore per artisti emergenti. Avevamo a disposizione degli spazi in centro a Trento: un appartamento per gli artisti in residenza e una sede in cui produrre le opere. Da Upload sono passati giovani autori che poi hanno avuto una carriera importante come Driant Zeneli o Silvia Giambrone.

Successivamente, ho gestito anche per tre anni Spazio KN: un luogo espositivo dove abbiamo sviluppato progetti di incontro tra artisti trentini e internazionali con doppie personali.  Volevo che questo spazio non fosse semplice espressione della cultura locale ma diventasse un momento di incontro tra questa e quella internazionale.

Credo che il contemporaneo abbiamo bisogno di maggiore diffusione. Per questo è indispensabile fare una ricerca serie e attenta anche attraverso incubatori più piccoli e diffusi sul territorio. È un lavoro quasi sottotraccia che però ritengo essenziale.

Adesso, dopo la pandemia, quali nuovi progetti hai in mente?

Dopo Upload Art Project a Spazio Kn che avevano spazi fisici specifici, vorrei promuovere una piccola rassegna in luoghi diversi. Adesso sto cercando una serie di spazi diffusi sul territorio che potrebbero rendersi disponibili a questo tipo di progettualità. Una volta individuata questa mappa andremo a costruire il progetto.

 

Crediti foto:

1 – Federico Mazzonelli, ritratto
2 – Stefano Arienti, Studio per Fra gli Alberi, 2015. Courtesy l’artista e Museo Kartell, Noviglio – Milano
3 – Andrea Mastrovito, La Melancolia dell’Uomo Invisibile, 2018-2021. Courtesy l’artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
4 – Alessandro Piangiamore, Il Cacciatore di Polvere, 2018-2021. Courtesy l’artista
5 – Ester Stocker, Upload Art Project 2010 

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