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July 7, 2021

Sentirsi libere. Il diario di sei adolescenti
a Centrale Fies

Franz

Se il teatro è una relazione effimera, che si crea nel qui e ora per poi “sparire”, ardua è l’impresa di fissarlo su carta, di viverlo attraverso la scrittura. Altre Velocità ci ha provato per APAP Feminist Futures Festival a Centrale Fies, assieme a sei ragazze fra i 14 e i 18 anni che hanno partecipato a un laboratorio di osservazione critica e giornalismo che ha attraversato le proposte sceniche. Quali impressioni, quale esperienza di redazione e comunità?

«Io mi sento migliorata nella scrittura», dice Bea. «Prima lasciavo le cose così, ora provo a migliorarle, mi ci metto un po’ di più, l’hanno notato anche i miei genitori leggendo il blog». L’idea è quella di trovare un approccio rigoroso dentro la libertà di sperimentazione, un modo di assistere agli spettacoli il più possibile attento anche se, in una certa misura, estemporaneo. Lo rilevano, quasi all’unisono, Bianca e Agnese: «A scuola ti prescrivono delle regole più strette alle quali devi attenerti rigorosamente altrimenti vai fuori tema, mentre qui mi sono sentita più libera. È più difficile», concludono. «Ma più divertente, alla fine dà più soddisfazione». Le ragazze hanno assistito a tutti gli spettacoli presenti al festival, oltre che partecipare agli incontri della “scuola femminista del futuro” organizzata dalla rete europea Apap portandovi delle loro domande personali. «Sia nel festival che nella scuola mi è sembrato bello che ci fosse una grande libertà di espressione», rileva Bea, mentre Sofia P. è affascinata dalla «presenza di tutte le diversità possibili». Bianca, dal canto suo, confessa anche un certo spaesamento e propone di cambiare nome al femminismo intersezionale cui si ispiravano gli incontri perché è «lontano dall’idea che io avevo di femminismo. Non c’entra niente con quello che intendevo io che avevo un’idea e poi mi sono trovata a piantare un albero di nespole». 

È uno spaesamento che, d’altronde, investe anche la visione degli spettacoli, talvolta divertenti e perfettamente intellegibili, altre volte magari più “oscuri” agli occhi delle ragazze. In maniera abbastanza trasversale Agnese, Bianca, Sofia P., Fevi e Bea riportano infatti lo stupore delle dichiarazioni delle compagnie intervistate rispetto alla mancata volontà di «lasciare un messaggio». Dice Bea che «non volere trasmettere niente è uno spreco, perché se cerchi di trasmettere qualcosa probabilmente ti arriva questo sforzo, questo tentativo». A quel punto, ribatte Sofia C.: «Non è detto che il motivo per cui hanno intrapreso il progetto sia quello che noi recepiamo, ma proprio questa spinta, la spinta dell’artista nelle sue svariate forme è la cosa a cui guardare».

Quale che siano le convinzioni di ognuna, il teatro e la visione di spettacoli fa discutere, dibattere in una forma che non è sempre possibile trovare dappertutto. «In classe parliamo solo di scuola, di quello che facciamo in classe», afferma per esempio Bianca. «Da noi se si parla di altro, di qualcosa “di valore”, a tagliare corto per primi sono i prof.». Ma anche fuori dalle aule, come testimonia Sofia P.: «Con i coetanei non riesco a confrontarmi perché sono immaturi, a ben pensarci nemmeno con i “maturi” mi confronto granché. Mi piacerebbe avere argomenti seri ma, nonostante abbia tanti amici con nessuno riesco a parlare seriamente».

La paura è quella della deriva, delle mille possibilità e della vertigine che offre la pagina bianca: «Quando scrivo cose che non avrei pensato di scrivere mi scatta un allarme perché sento che questo potrebbe crearmi confusione in testa», dice Agnese. E Sofia C. aggiunge: «A scuola, divagare è una cosa che non puoi fare, è censurata, prendi insufficiente se lo fai. Col teatro, la difficoltà sta nel provare a scrivere qualcosa di ineffabile, di astratto». Eppure la risposta, come dicono appunto le ragazze, non può che essere divagare

Solo così facendo, infatti, è possibile dare un senso all’impreciso, conoscere qualcosa che non ci si aspettava. Tipo scoprire che «anche una centrale idroelettrica potesse diventare palcoscenico per degli spettacoli». E, aggiungiamo noi, potesse diventare il luogo di formazione per un gruppo di osservatrici energiche e curiose, un gruppo di amiche che si allontana dalla Centrale Fies guardando le montagne e sapendo di aver trovato, forse, un linguaggio condiviso. Di certo, con il desiderio di rivedersi per un «ape in Gae” a Milano.   

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Nelle foto di Alessandro Sala: la Redazione di Altre Velocità composta da Bianca Azpeitia, Francesco Brusa, Sofia Castaldi, Fevi Cevolani, Agnese Doria, Beatrice Ghione e Sofia Pancaldi.

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