More

June 8, 2021

Corpo a corpo con la poesia #13: dizionario

Francesca Fattinger

I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Ludwig Wittgenstein

Piove incessantemente fuori, sembra che il cielo stia urlando qualcosa che non so parafrasare a parole, ma che mi sento prepotentemente entrare sotto pelle. Ho acceso una piccola luce accanto a me per non farmi distrarre troppo dagli oggetti che ho intorno e focalizzarmi sulle mie mani che scrivono ed esplorano. Con la colonna sonora della pioggia mi lascio guidare dall’istinto in un viaggio diverso dal solito, così inusuale da sembrare assurdo. Era da un po’ di giorni che lo volevo fare. Lui mi guardava sommerso da mille e più libri. Mi guardava con aria di sfida ricordandomi i momenti in cui lo sfogliavo famelica. L’ho sfilato dalla scaffalatura e me lo sono messo sulle ginocchia. Gli è rimasta impressa in parte la mia impronta, scavata nella dimenticanza impolverata.

È un dizionario. Un semplicissimo dizionario. Ormai non lo usiamo più. A cosa serve ormai? Basta un clic e hai a disposizione il mondo intero. È più veloce farlo che dirlo. Clic. Fatto. Capito. Ricomincio da capo.

E invece il dizionario può avere un fascino estremo; ce l’ho tra le mani e mi sembra di accarezzare una guida di paesi esotici, lontani, inesplorati. Lo apro a caso, mi ci fiondo con gli occhi. Leggo definizioni di alcune parole mai sentite e altre così comuni ma così incomprese. E viaggio. Viaggio da una parola all’altra: mi sento una pellegrina che migra da un sinonimo a un contrario, per rifugiarmi in bivacchi fatti di storia ed etimologie. 
Continuo a viaggiare nel tempo e nello spazio e l’inchiostro delle lettere diventa conduttore di energie misteriose, mi dà la scossa, mi induce a superare i burroni dei vuoti tra una parola e l’altra e dopo essermi arrampicata su liane di definizioni sfocio in oceani profondi e sconosciuti per approdare a nomi comuni e abbeverarmi in laghi di parole di fantasia. 

Perché dare un nome alle cose?
Per fare ordine.
Per distinguere e identificare.
Per capirsi.
Per conoscere.
Tutto quello che non siamo in grado di nominare, per noi non esiste?
E se cominciasse a esistere solo nel momento in cui gli diamo un nome?

La poesia è fatta di viaggi da una parola all’altra, è la ricerca accurata delle parole più aderenti all’abito delle immagini e delle emozioni che vogliamo farle indossare. Ed è solo se si trovano i nomi giusti in cui farla abitare che la poesia viene al mondo ed esiste. La poesia e il vocabolario sono amici intimi, fatti della stessa pasta. Entrambi possono avere un caratteraccio e talvolta non si capisce cosa vogliono dire, capita che litighino in modo molto acceso, ma ci sono sempre l’uno per l’altra, si sostengono e si completano. Ci aiutano a definire ciò che abbiamo dentro e fuori di noi.

Il vocabolario, i nomi, le definizioni, così come i sinonimi e i contrari che contiene, sono un importante strumento del fare poetico. Molto spesso ti diranno di starci alla larga, che l’ispirazione deve venire tutta da te, dalle tue emozioni, ma è come per le parole comuni, quelle di tutti i giorni, che ancora fanno fatica a entrare di diritto nei versi e risultano spesso bistrattate: tu ascolta con un orecchio chi ti dice di tenerlo lontano, cerca di capirne le ragioni, ma poi prendi il dizionario e sfruttalo come “ampliatore inarrestabile di orizzonti”. Non riporre però troppa fiducia nelle sue pagine, è un essere finito, un utensile: sta a te che incarni una scheggia di infinito trasformare la potenza delle parole che contiene in poesia.

A volte il maestro caricava di energia gli amuleti come oggetti o monete solo pronunciando parole. 
Ma le parole possono essere così potenti?
Sara, Sara. Le parole possono tutto. In ebraico dabar vuol dire “parola”, ma anche “cosa”. La parola, fa, crea, fa esistere, accadere.

La poesia ci aiuta a dare un nome a persone, cose, emozioni, relazioni, sguardi, movimenti che altrimenti non sapremmo nominare. In questo modo esistono, accadono, nascono, e non sono solo dentro di te ma si trasformano, crescono, fioriscono: diventando impronte leggibili esisteranno anche negli occhi di chi le leggerà, in una traduzione totalmente inedita in ogni istante.

Oggi prova a restare per un po’ in una stanza buia. Prendi con te una torcia, ma prima di accenderla stai in silenzio e mettiti in ascolto della voce di ciò che hai intorno. Se puoi, sdraiati per terra e rilassati assorbendo l’energia dal pavimento, ascolta che cos’ha da raccontarti lui e mettiti in ascolto anche del tuo corpo. Quando sei pronta, rimettiti in piedi o seduta e accendi la torcia, per osservare ciò che hai intorno o parti del tuo corpo che nel silenzio hai percepito con più attenzione. Dopo aver viaggiato in questo modo inedito nella stanza e sul tuo corpo, scegli uno oggetto che la tua torcia ti ha fatto incontrare o una parte del tuo corpo che hai scoperto in modo nuovo e scrivine una definizione. Puoi usare la struttura classica del vocabolario inventando un’etimologia, una definizione, sinonimi e contrari o trovare una nuova struttura su misura per te. L’importante è volare con la fantasia e raccontare ciò che di quell’oggetto o di quella parte del corpo ti ha parlato e perché. 

Le tazze sono delle piscine molto piccole
che servono per metterci il tè.

Se anche le persone fossero piccole
potrebbero nuotarci dentro o schiacciarci 
un bel pisolino (se nessuno
le avesse già riempite di tè).

Hanno soltanto un orecchio e perciò 
ascoltano metà delle conversazioni.

Ma questo alle tazze non importa perché,
soprattutto se sono di porcellana,
sono esseri abbastanza distaccati.

***

I Ludosofici e Noemi Viola, Questa non è una rosa, Corraini Edizioni, 2019
Silvia Vecchini e Sualzo, Le parole possono tutto, Il castoro, 2021
Maria Josè Ferrada e Gaia Stella, Il segreto delle cose, Topipittori, trad. it. di Marta Rota Núñez, 2017
Yoshiko Noda, Appunti di parole – yocci log, Corraini Edizioni, trad. it.  Isobel Butters e corrainiStudio, 2012

Foto e grafica di Angela Onorati

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.