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June 3, 2021

franz opens to Fies openings #1. Affari di famiglia: storie di legami, parentele, case

Stefania Santoni

Come si creano e sciolgono i legami? La parentela è legata esclusivamente alla consanguineità o può essere altro? E qual è lo spazio che ospita lʼintimità generata dai legami delle persone? 

Ce lo spiegano Emanuele Coccia, filosofo e professore presso lʼÉcole des hautes études en sciences sociales a Parigi, Carlo Capello, antropologo della famiglia e professore allʼUniversità di Torino e Marco DʼAgostin, regista, coreografo e performer, in unʼintervista che attraversa in maniera trasversale lʼuniverso delle relazioni, degli affetti, degli affari di famiglia. 

Dal 28 al 30 giugno, presso Centrale Fies, si è tenuta la tre giorni “Thank you for coming”  a cura di Barbara Boninsegna e Marco DʼAgostin. Ed è proprio in questa occasione che ho avuto il piacere di approfondire la questione della parentela da tre prospettive differenti e al tempo stesso integrate tra loro. Marco D'Agostin - residenza SAGA 2021 ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies

Marco, SAGA è uno spettacolo di relazioni, di storie di legami non necessariamente ordinari e normati. Qual è il genere di parentela di cui si fa portavoce questʼopera?

Vorrei articolare il mio pensiero iniziando da Donna Haraway, autrice e filosofa che quando parla di parentela si serve dellʼaggettivo inquietante. Si tratta di una parola che crea una definizione decisamente sui generis: per Haraway la parentela non è solo normata e istituita, ma anche mutevole, pulsante e inquietante per lʼappunto. Questo è uno degli aspetti centrali che ho cercato di far emergere in SAGA, uno spettacolo dove cinque danzatori professionisti ci narrano come si creano relazioni, come ci lega lʼuno allʼatro, come si vive e si muore insieme; e lo fanno attraverso una modalità che non ha necessariamente a che vedere con i legami di sangue e che mette al centro di tutto la dimensione corporea: trovare un corpo per me significa innanzitutto ricercare un sistema di valori che può muoversi nello spazio, nel tempo, nella memoria. 

Altra ispirazione nella produzione di SAGA (oltre ai riferimenti a Virginia Woolf e T. S. Eliot) è un bellissimo libro di Rilke, Appunti sulla melodia delle cose: in questo testo il mondo è immaginato come unʼorchestra che sta sullo sfondo delle cose e dalla quale uno alla volta è libero di staccarsi, per poter fare il proprio assolo. Credo che questa immagine parli di danza: ogni volta che ognuno di noi si allontana dallʼorchestra del mondo e affonda in qualcosa di personale, lo fa e lo può fare perché sa che alle sue spalle lʼorchestra continua a fare della musica. Se ci pensi bene, è la stessa cosa che accade quando noi siamo a cena in famiglia e ci isoliamo nei nostri pensieri: la cena prosegue, non si interrompe. La sinfonia continua. Marco D'Agostin_SAGA_Thank you for coming_ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies5

Nelle relazioni che vengono messe in scena in SAGA la danza è fortemente legata alla dimensione del ricordo e della memoria: quando si creano relazioni come siamo? Pieni o vuoti? I legami che abbiamo costruito ieri influenzano anche quelli di oggi? Ecco perché la temporalità diventa un tema chiave in SAGA, dove di fatto si mescolano più ere: il tempo del gesto quotidiano si fonde insieme al passato e al futuro. E nel farlo i corpi di 5 personaggi si muovono in cerca di legami e di relazione risemantizzando lʼidea di parentela attraverso nuovi codici simbolici, gesti e parole. Anche il canto ha una funzione chiave: sulla scena vediamo i danzatori che cantano in lingue diverse, talvolta comprensibili, talvolta no, e a partire da questa fusione si generano nuove parentele. 

Questi cinque corpi creano legami di risonanza lʼuno con lʼaltro attraverso affetto e risentimento. Perché parentela per me vuol dire entrare in un orizzonte di carattere emotivo: in SAGA lʼidea di famiglia si presenta come uno schema di riferimento per pianificare un sistema collettivo che va oltre la dimensione del sangue; è una sorta di magma che supera lʼidea di famiglia tradizionale. Questa creazione della parentela ha luogo grazie alla landa (ispirazione di un mio viaggio nelle Marche nel 2014): è uno spazio deserto, dove non cʼè nulla. E proprio da questo ambiente vuoto è stato possibile plasmare lʼinvisibile, performare la memoria, trasformare il pensiero in un movimento dove ciascuno si lascia guardare e al tempo stesso intuisce qualcosa dellʼaltro. Jérôme Bel_Laura Pante_Laura Pante_Thank you for coming_ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies1
 Carlo, da un punto di vista antropologico, come possiamo definire la parentela? Esistono delle pratiche che ci consentono di generare legami che vanno oltre lʼidea di corpo e genetica?

La parentela è qualcosa di costruito: è una convenzione sociale che abbiamo interiorizzato dentro la nostra identità; si tratta di un artefatto che però è ideologicamente dellʼaltro e viene rappresentato come un legame naturale e soprattutto ascritto. Secondo la visione tradizionale, nasciamo allʼinterno di una famiglia, di una parentela che non possiamo scegliere. Queste sono relazioni e convenzioni che abbiamo co-costruito: tutti noi creiamo legami profondi in cui condividiamo gli uni le vite degli altri e lo facciamo perché la relazione con lʼaltro ci permette il processo dʼindividualizzazione. Noi siamo ed esistiamo nel momento in cui veniamo riconosciuti. Le relazioni ci rendono soggetti, ci trasformano e mutano. 

Come ci comportiamo quando viviamo queste relazioni? Costruiamo, coltiviamo da un lato, ma dallʼaltro può capitare di scappare e allontanarsi. La fuga può diventare la risposta ad un legame: è una sorta di aspetto oscuro della parentela che riesce al tempo stesso a mettere in luce gli aspetti transindividuali e fondamentali degli esseri umani. Come detto pocʼanzi, i legami sono meccanismi simbolici fondamentali per la costruzione della nostra soggettività. Per tale ragione dobbiamo imparare a costruirli con chi cʼè e ci sta intorno, anche se questo clima culturale attuale, segnato da quella che lʼantropologo Ernesto de Martino definisce “clima di apocalisse culturale,” sta provocando una crisi di civiltà. Si pensi ai protagonisti di La strada di McCarthy dove padre e figlio (una famiglia e parentela che diamo per scontato) si ritrovano ad essere contro tutti e devono prendere quel poco che è rimasto. Ciò che dovremmo rammentare è il fatto che esiste anche un tipo di parentela altra, non ascritta, che si manifesta nella condivisione delle vite degli uni con le vite degli altri. In questo modo, nuovi immaginari di parentela diventano sono possibili. ZimmerFrei_Family Affair_Thank you for coming_ph Roberta Segata1

Come antropologo posso chiedermi: che cosa mi permette di creare un legame e quindi di comprendere gli altri? Lʼascolto e lʼosservazione partecipante. La parentela ha componenti fondamentali di intimità e condivisione di vite. Come aprire questo spazio di reciprocità e mutuo aiuto? Diventano a questo punto fondamentali riti e rituali che più sono consolidati, meglio funzionano: per questo quando vogliamo costruire parentele, per quanto laici, spesso ricorriamo alla dimensione rituale. I riti ci permettono di creare legami: sono momenti dʼincontro e convivialità (pensiamo al significato del mangiare insieme e della condivisione del cibo) che sanciscono unioni. È importante rammentare che il rito non ha una valenza esclusivamente religiosa, come ci insegna Hegel: il rito è piuttosto da intendere come una serie di comportamenti dettati da condivisione e consuetudine. Lʼabitudine e lʼinteriorizzazione di queste norme consente non solo il radicamento di legami ma anche di scandire il cambiamento (si pensi al significato del battesimo e a quello del funerale). In questo senso il rito da individuale si trasforma in universale, in spazio e momento di incontro collettivo che ha il potere di generare nuove forme di parentela. Marco D'Agostin con Alessandro Sciarroni, Elena Giannotti e Chiara Bersani_Passage_Thank you for coming_ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies17

Emanuele, parlando di legami, non possiamo fare a meno di parlare di casa. Da qualche giorno è uscito il tuo nuovo libro “Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità”. Me ne vorresti parlare correlando la casa e lʼidea di parentela?

Il mio nuovo libro prende avvio da unʼoccasione banale sulla casa (ho traslocato moltissime volte nella mia vita) e al tempo stesso da una riflessione sulla situazione pandemica che ci ha portati a stare chiusi in casa.

Che cosʼè una casa? Certamente non è solo un fatto architettonico, ma piuttosto un fatto psichico: è una macchina che deve produrre intimità con una serie di cose e di persone. È un insieme di persone che chiedono di essere felici. Comprendiamo quindi che la casa ha una natura fortemente psicologica e che al tempo stesso è collezione di cose e di persone. Lʼintimità di anime che si genera in una casa produce a sua volta piacere; si pensi alla cucina, forse emblema della casa: cucinare significa trasformare il mondo per renderlo più gustoso. Di conseguenza, la casa è creare parentela, cioè quel legame che ci fa accedere allʼatro attraverso azioni quotidiane come il dormire, il mangiare, il bere, il parlare assieme. La casa diventa in questi termini una macchina di produzione di familiarità perché la parentela ti conduce a far accesso a tutto. In tal senso, la casa è rito di totalità, perché ogni cosa deve essere usata ed essere messa in condivisione e così la parentela assume una valenza materiale: non si tratta più di unʼintesa esclusivamente cognitiva, ma di condivisione di spazi e odori.F De Isabella_DICIOTTANNI_Thank you for coming_ph Roberta Segata4

La necessità di indagare sulla casa nasce da unʼurgenza di ripensare il mondo, che va trasformato e modificato. Siamo abituati a pensare solo alle città come centro e luogo della nostra esperienza perché la città moderna ha fatto in modo che la produzione uscisse dalla casa e che la città diventasse teatro di ricchezza. Per questo la casa rimane sempre nellʼombra e non è un caso che i trattati che la riguardano siano pressoché assenti. Ma la pandemia ci ha in qualche modo costretti a ripensare la casa, a figurarla come uno spazio politico: la vita durante il lockdown era solo dentro casa, perché il mondo al di fuori di essa era rovina. Per la prima volta nella storia dellʼuomo, abbiamo avuto modo di sperimentare una specie di consanguineità planetaria. La condivisone della stessa carne è stata per secoli sostenuta e provata per mezzo della genealogia: adesso, con la pandemia, ci è stato dimostrato che esiste una sola carne, attaccata da un virus, e che il mondo è diventato una sola casa. Da questʼemergenza dobbiamo imparare a costruire un legame che non è più politico, ma di consanguineità planetaria. È diventato un compito urgente re-immaginare la casa, ma di fatto lo stiamo già facendo. Basti pensare a come vengono costruite le app digitali, come Facebook, WhatsApp. Si tratta di case con veri e propri salotti che ospitano un numero considerevole di persone.

Rispetto al rapporto fra casa e relazione è importante rammentare il fatto che la casa è sì uno spazio intimo, ma al contempo misterico. Perché? Gli antichi ci insegnano che il mistero è quellʼesperienza per cui tu devi essere iniziato da un altro. È qualcosa che ti sfugge, che non ti permette un accesso immediato, ma che piuttosto prevede sempre la mediazione di un altro. Per tale ragione cʼè una parte di oscurità che rimarrà sempre tale. In questo senso la casa è mistero: per entrare in una casa, devi sempre essere invitato da qualcun altro (lo stesso avviene anche quando la compri: lʼacquisto non è mai diretto). La casa è in questi termini un legame di parentela che non ti darà mai lʼaccesso completo a tutto. 

Vorrei chiudere con unʼimmagine suggestiva. Per gli uccelli la casa si costruisce attraverso il canto e quindi non si tratta di un elemento spaziale, fisico, geometrico, materiale. Un uccello per dire “questa è casa mia” deve continuare a cantare. Comprendiamo che è solo attraverso i segni e gli immaginari simbolici che possiamo fare casa, parentela, famiglia. Emanuele Coccia e Carlo Capello_Thank you for coming_ph Roberta Segata courtesy Centrale Fies

Foto Roberta Segata

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