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May 24, 2021

Cosa ci insegnano le Alpi 08. Design, arte, cultura: Anna Bernagozzi

Emanuele Quinz
Il paesaggio delle Alpi è un ecosistema unico, un fragile e millenario equilibro tra natura e cultura. Cosa insegnano le Alpi – a chi le attraversa, a chi ci vive e lavora? Ma soprattutto, come influenza questo paesaggio, questo ecosistema, questa cultura il pensiero e la pratica degli artisti e dei designer?

Per l’ottavo episodio della nostra serie, incontriamo la ricercatrice, curatrice e redatttrice Anna Bernagozzi. Dal 2004, insegna teoria e storia del design all’EnsAD – École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs, Parigi. Dal 2017 dirige il progetto di ricerca europeo From Conflict to Conviviality through Creativity and Culture, con l’obiettivo di identificare e condividere pratiche inedite di design per l’innovazione sociale. La sua ultima esposizione, alla Villette di Parigi, Infinite Creativity for a finite World (2021), esplora il potenziale di un “design civico” che permetta ai cittadini di sperimentare e misurare l’impatto quotidiano delle azioni di design e, soprattutto, di approfittare dei benefici della loro componente collettiva. I contesti progettuali si rivolgono spesso a situazioni socialmente, politicamente ed economicamente vulnerabili, complesse e conflittuali, dove la co-progettazione diventa lo strumento ideale per orientare e valorizzare l’impulso creativo di ogni individuo attraverso azioni responsabili, concrete e riparatrici, in armonia con gli altri e con il mondo. anna bernagozzi 5

Qual è il tuo rapporto con le Alpi?
Il mio rapporto con le Alpi è un rapporto di amore intenso, un rapporto maturato con gli anni, la cui origine è sicuramente riconducibile ad una forma di eredità famigliare. Mio padre nutriva un rapporto di interdipendenza vitale con i suoi boschi, in particolare con quelli  dell’Alto Adige, ed ogni anno, da quando avevo due anni, abbiamo passato almeno due settimane a Nova Levante, a stretto contatto con i suoi preziosi elementi naturali, andando a funghi al sorgere del giorno tra odoranti aghi di pino e morbidi muschi dal colore verde acceso, accompagnati dal fruscio del vento tra le felci e lo scampanio lontano delle mucche all’alpeggio. E’ a lui che devo la conoscenza profonda dell’habitat alpino ed il mio legame sensibile agli alberi, alla terra, ai ruscelli; legame che mi spinge ogni anno a ricercare quelle stesse esperienze sensoriali, che, ora più che mai, sono diventate anche per me vitali e parte fondamentale e necessaria del mio equilibrio. 

Al di là del carattere immersivo e quasi ascetico del rituale soggiorno famigliare nelle Alpi altoatesine, negli anni ho sentito il bisogno di approfondire anche gli aspetti più culturali della regione, anche perché il fato ha voluto che incontrassi altoatesini in luoghi e contesti lontani, istaurando con loro rapporti professionali o di amicizia. Anche per la mia conoscenza della lingua tedesca, oggi penso alle Alpi come una seconda casa, una casa complessa, in divenire, multiculturale e poliglotta…anna bernagozzi 4

Puoi raccontare una storia, un ricordo personale, una parabola, un aneddoto legato alle Alpi?

Ne ho talmente tanti che non so da dove cominciare…. mi piacerebbe condividere qualche ricordo d’infanzia… la gioia incomparabile che provavo ogni anno arrivando all’Hotel Diana, isolato ai limiti del bosco, con un panorama ipnotico sul monte Latemar. O quando al tramonto con gli altri bambini dell’hotel aspettavamo che i cerbiatti uscissero dal bosco per venire a brucare nel prato. O quando costruii una funivia con dei pezzi di legno per la montagnetta di roccia nel retro dell’albergo. O quando passeggiando nel bosco trovavo una cappannina (dei cacciatori) e pregavo i miei genitori di poter passare un po’ di tempo « lassù». O quando, correndo in una foresta di abeti sempre più fitti, riuscimmo a seminare un toro che, attirato dal rosso del K-way della mamma, inizio a correrci dietro…O quando tornando dalle passeggiate al lago speravo di incontrare Wilfried, artigiano malizioso e chiacchierone che sbucava all’improvviso dal fondo del sentiero con i suoi oggetti, le sue sculture ed i suoi amuleti magici, il tutto rigorosamente in legno d’abete. O quando « l’om delle storie » con i suoi abiti in lana cotta, i suoi amuleti ed il grande cappello con tanto di sonagli incantava i bambini la sera intorno al fuoco con i suoi racconti pieni di magia, dove gli elementi naturali circostanti diventavano personaggi, uno più affascinante dell’altro…O quando a 18 anni passai le feste dell’ultimo dell’anno in una baita di alta montagna di fronte al Catinaccio senza acqua corrente, con WC ecologico esterno, felice di ascoltare gli amici altoatesini che predicevano il futuro leggendo le forme assunte dai pezzetti di piombo fuso che si solidificavano nell’acqua…anna bernagozzi 6

Cosa ti hanno insegnato le Alpi?
Le Alpi mi hanno insegnato innanzitutto il rapporto di interdipendenza che ci lega alla natura, il grande rispetto che dobbiamo ad ogni elemento vivente non umano, sia esso vegetale o animale. Quando si entra in un bosco si incomincia a capire il suo funzionamento. Una volta lasciato il sentiero, i nostri sensi si risvegliano permettendoci di orientarci, di identificare la posizione e gli habitat precisi di determinate piante, alberi o rocce. In quel momento preciso la comprensione diventa simbiosi e ci sentiamo vivere pienamente, sentiamo di appartenere ad un disegno più grande, non abbiamo più paura di perderci perché entriamo in sintonia con le sue parti costitutive, ne indoviniamo i ruoli e riusciamo infine ad ammirare la ricchezza e la bellezza infinita dei suoi diversi ecosistemi.  

Le Alpi, e le Dolomiti in particolare, ci permettono inoltre di alternare queste esperienze immersive e sinestetiche a quelle più contemplative dei suoi splendidi massicci montuosi dai molteplici colori e dalle forme cosi uniche da poterle facilmente assimilare a delle gigantesche sculture. Le componenti estetico-culturali proprie al territorio delle Dolomiti ci consentono di dimenticare il loro carattere più imponente e austero, ed anche il fatto che per millenni abbiano costituito un limite, un ostacolo, un territorio aspro e ostile, testimone di dure conquiste e di frontiere opinabili (cfr. Il progetto Italian Limes di Studio Folder), l’oggetto di dure negoziazioni e di scontri sanguinosi (cfr i racconti di guerra nelle Alpi di Ettore Sottsass, nella sua autobiografia «Scritto di notte»[1]). Mi piace quasi pensare che il carattere fiabesco e quasi idilliaco dei suoi paesaggi costituisca la lauta ricompensa per tutte le sofferenze che le sue popolazioni hanno dovuto subire; una storia fatta di deportazioni, esili forzati e matrimoni arrangiati…anna bernagozzi 1

Cosa ci insegnano le Alpi?
Le Alpi ci insegnano che, per superare le molteplici frontiere ed i numerosi ostacoli che le costituiscono, occorre sviluppare una grande capacità di resilienza propria al suo genius loci, lo « spirito del luogo ». I molteplici insegnamenti millenari tramandati da padre in figlio, da famiglia a famiglia, da valle a valle, aiutano ancora oggi i suoi abitanti ad adattarsi ad un territorio pieno di insidie, estremamente eterogeneo, con un rapporto alle risorse naturali particolarmente complesso ed che cambia drasticamente da stagione a stagione. Tali insegnamenti nel momento attuale di crisi dovrebbero essere riscoperti, valorizzati e tradotti in soluzioni locali che potrebbero poi essere utili e replicabili in contesti analoghi. I territori di frontiera come quelli delle Alpi ci insegnano l’importanza del valore di comunità, di società che vivono forse ancora oggi secondo un modello « feudale » ma capaci di mettere in comune  strategie di vita, gioie e dolori….anna bernagozzi 2

Come curatrice hai spesso presentato progetti di design che emergono nel contesto alpino. Puoi descriverne alcuni? 

Nella mia ultima mostra “Infinite creativity for a finite World” (nel quadro del progetto europeo, Creative Europe, che dirigo all’EnsAD[2]), ho presentato il progetto “Co-carts”  pensato e realizzato dallo studio di architettura orizzontale di Roma nel contesto della loro residenza 2020 alla galleria Lungomare di Bolzano[3]. Il progetto intende rendere visibile ed accessibile l’attività delle associazioni della città di Bolzano, attività poco conosciuta e pertanto ricca, molteplice ed attiva, grazie alla creazione di veicoli che favoriscono processi di reciprocità ed inclusività celebrando la creazione nuovi spazi plurilingui e transculturali. Tra le associazioni troviamo lo Spazio Autogestito 77, il Vivi Maso della Pieve/Officine Vispa e i Fridays for Futures dell’Alto Adige. Da notare è l’implicazione del design per l’innovazione sociale – quando parlo di questo tipo design faccio riferimento alla “scuola” di Ezio Manzini[4] e la connessione implicita che lui fa tra problematiche politiche, territoriali ed ambientali - nel territorio alpino di Bolzano e come all’università di Bolzano sia nato uno dei primi master mondiali in materia, il master in Eco-social design[5], co-diretto da Kris Krois e tra i cui docenti troviamo Allastair Fuad Luke che per primo ha teorizzato lo “slow design” e l’attivismo in design[6], attuale curatore della Biennale del design di Porto – e che, tra l’altro, nel 2015 avevo invitato a presentare all’Ensad di Parigi la sua teoria del “Form follows fiction”, particolarmente pertinente e necessaria nei territori di frontiera. Tra gli altri docenti ci sono anche Daniele Lupo e Matteo Moretti, che ha co-fondato designformigration.com[7], la prima piattaforma che raccoglie progetti di design legati ai recenti fenomeni migratori europei -  anche lui è venuto a Parigi, al convegno che ho organizzato nel 2019, Toward Sharing Common Futuresanna bernagozzi 3

A partire da tutte queste esperienze, pensi che ci sia un rapporto tra la cultura alpina e un certo modo di progettare, di pensare il design? 

Direi che se il designer, come afferma Ezio Manzini, deve diventare “l’esperto del contesto”, il contesto delle Alpi come territorio di frontiera da un lato, e dunque di frizioni collettive costanti fra culture diverse e come territorio di “elevazione” dall’altro, propizio alla contemplazione e ad esperienze più individuali d’ordine fisico e spirituale, costituisce il terreno ideale per la sperimentazione e il prototipaggio di modelli d’azione situati, come un laboratorio a cielo aperto. Tali modelli includerebbero diversi aspetti del design e si allontanerebbero “naturalmente” da qualsiasi dualità, ed in primis quella della separazione tra natura e cultura. Come scrive l’antropologo francese Philippe Descola[8]: i costumi e la morale variano, ma i meccanismi della chimica del carbonio, della gravitazione e del DNA sono gli stessi per tutti. Dunque le Alpi non inducono necessariamente a pensare il design in un modo particolare ma possono aprire ad una molteplicità di approcci ed ad un pensiero non tanto universale ma “pluriversale”[9]: molteplice, plurale, interdipendente. anna bernagozzi 9

Cosa insegnano le Alpi al design? 

Le Alpi sono un terreno di insegnamento infinito per il design ai miei occhi. Soltanto dal punto di vista formale l’arco alpino offre un’infinità di sculture meravigliose a cielo aperto e la sua biodiversità una scuola polivalente senza eguali. Ogni estate assisto all’evento “I suoni delle Dolomiti”[10], un festival musicale con ospiti di grandissimo livello che sceglie ed individua anfiteatri naturali stupefacenti per accogliere i concerti. Le Alpi non hanno bisogno né di architetti o né di designer, anzi, quando questi ultimi intervengono nel territorio alpino, dovrebbero farlo nella più grande discrezione, seguendo insegnamenti vernacolari secolari, nel più grande rispetto delle loro risorse naturali. 

Non a caso il padre dell’approccio bio-mimetico in Italia, l’architetto e designer Carlo Mollino era un grande appassionato di montagna, ne conosceva i segreti ed aveva ascoltato i suoi insegnamenti…E quando costruiva sulle Alpi lo faceva, malgrado la sua tipica esuberanza, nel più grande rispetto delle tradizioni locali, con un approccio durabile ed umile. Penso in questo caso precisamente al suo progetto di casa Capriata (costruita nel 1954), che reinterpreta le architetture Walser della Valtournanche e della alta valle di Gressoney. Un altro designer, il geniale e futuribile Joe Colombo aveva scelto le Alpi come casa, a Madesimo precisamente, e nei suoi progetti montani (rimasti purtroppo incompiuti a causa della sua morte prematura) mostrava proprio il suo lato più discreto, rispettoso dell’ambiente e del sapere innato del contesto locale. 

Da un punto di vista più politico le Alpi ci insegnano che loro avranno sempre la meglio sull’uomo e ci mostrano costantemente la relatività o, meglio, il fallimento del nostro progetto di dominazione antropocentrica… penso ad esempio agli spartiacque deformati dal cambiamento dei ghiacciai… a come l’uomo si ostini a delimitare legalmente i suoi territori materialmente indivisibili…a come abbia applicato egoisticamente politiche estrattiviste abusando a scopi egoistici delle sue risorse pensando fossero illimitate… e soltanto ora si rende conto della necessità di cambiamento dei nostri rapporti geopolitici… Ma purtroppo temo che sia troppo tardi, senza essere disfattista. Penso alle conseguenze terribili della tempesta Vaia dell’ottobre 2018 che secondo uno studio dell’Università di Firenze è stato l’evento di maggior impatto sugli ecosistemi forestali mai registrato fino ad oggi in Italia. Una delle ipotesi è che la tempesta fu caratterizzata da un vento che soffiava a più di 200 km orari portando con sé l’acqua dell’Adriatico le cui temperature sono aumentate di un grado nell’ultimo secolo. Secondo gli esperti il cambiamento climatico modificherà gli ecosistemi alpini con ripercussioni disastrose sotto tutti i punti di vista. Quest’estate quando ho misurato coi miei occhi l’impatto del disastro durante una passeggiata sul Catinaccio sono stata assalita da un’immensa tristezza che mi ha impedito di immortalare l’atroce realtà. Dobbiamo agire, ed i designer tra i primi, per rispettare e riparare i fragili equilibri ambientali ed evitare il peggio. 

anna bernagozzi 8


[1] Ettore Sottsass, Scritto di notte, Milano, Adelphi, 2010. 
[2] info qui https://www.infinitecreativityfiniteworld.com/fr/credits
[3] http://www.lungomare.org/co-carts
[4] Cf. Ezio Manzini, Politiche del quotidiano. Progetti di vita che cambiano il mondo, Milano, Progetti di comunità, 2018. 
[5] https://www.unibz.it/en/faculties/design-art/master-eco-social-design
[6] Alastair Fuad Luke Design Activism: Beautiful Strangeness for a Sustainable World. Ed Routledge, 2009)
[7] designformigration.com Cf Matteo Moretti, Socio- Social- Design. Pratiche di design per nuove prospettive sulle migrazioni, Milano, Corraini, 2019.
[8] Philippe Descola, Par-delà nature et culture, Paris, Gallimard, Bibliothèque des sciences humaines, 2005.
[9] Cf. Arturo Escobar, Designs for the Pluriverse. Radical Interdependence, Autonomy and the Making of Worlds, Durham, London, Duke University Press, 2018.
[10] https://www.visittrentino.info/it/isuonidelledolomiti

 

Credits:
Foto 1, 3, 4, 5, 7, 8: @ Anna Bernagozzi
Foto 2: Passeggiata in Val di Fassa, Agosto 1975, Pejo @ Anna Bernagozzi
Foto 6: Co-carts (Lo strillone, l’attivista mobile, il faro, la bravetta, l’acchiappasogni). Essai de fonctionnement, Bolzano, Ottobre 2020. Un progetto di Orizzontale per Lungomare. @ Giulia Faccin

Visual Design: Studio Babai 

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