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May 8, 2021

Livre d’Or 08. Ottmanngut

Anna Quinz
Livre d'Or - il "libro degli ospiti" secondo la lingua francese - è una mappa emotiva dei luoghi dell'accoglienza altoatesina. Un racconto - di hotel in hotel - scritto per fermare tutto ciò che qui è stato visto e sentito, un diario di viaggio, una testimonianza di passaggio, una dedica personale e sentimentale a tutti quegli hotelier visionari capaci di creare luoghi di sospensione ed evasione - magari anche fugace e momentanea - dal valore inestimabile.

La prima cosa l’insegna, che con gli intrecci del ferro e gli intrighi del carattere, anticipa che a pochi passi da lì le porte dell’allora “Pension Ottmanngut” si apriranno per noi.

Varcato il cancello, la nobile città di Merano rimane fuori e il giardino limpido e rigoglioso ci richiama dentro. È qui che vien immediatamente voglia di prender e perder tempo, tra palme e limoni, all’ombra di rami fieri e slanciati, sui tavolini appartati, visitati solo da Max, la vecchia tartaruga custode della casa. Tranquilla e amichevole nuova compagna di viaggio, è proprio con il suo flemmatico avanzare che ci sollecita alla lentezza, alla meritata pigrizia e alla più serena indolenza. Accogliere il suo invito è il nostro prossimo imperativo e, ubbidienti e arrendevoli, tergiversiamo qui per un po’. Debutta così – tra palme e limoni, all’ombra di rami fieri e slanciati, sui tavolini appartati – la nostra villeggiatura alla meranese.

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Dopo il tempo ben speso nel parco, sazi di aria, di ombra e di verde, risaliamo i pochi piani della villa chiara con gli scuri verdi. Tutto qui è storia, eppure nulla è vecchio. Tutto è eredità del tempo, eppure nulla è più giovane, luminoso e accogliente di quel che troviamo di sala in sala in sala, di scala in scala. 

I passi scorrono e scricchiolano sotto il legno antico. Chissà quanti piedi ha sostenuto prima dei nostri, quanti baci ha origliato, quanti bagagli ha salutato, su quanti sogni meranesi ha vegliato… La chiave pesante gira senza indugi nella toppa, e come nelle case dell’infanzia o dei desideri ad occhi aperti, la porta si apre sulla nostra camera, sulla luce che la abita, sulle punte maliziose delle palme che ci spiano dalle grandi finestre affacciate sul giardino.    

L’enorme divano a forma di mezzaluna, la stufa intarsiata e azzurra come il cielo mattutino, le tende chiare e pesanti che ondeggiano all’aria, le vecchie abat jour sui comodini, il glorioso lampadario sulla testa, lo scrittoio in attesa dei nostri ricordi di carta e inchiostro: “Bei Oma” è il nome della nostra stanza. “Dalla nonna” la calzante atmosfera di questo spazio che dal proprio (o forse anche nostro?) passato familiare ha ereditato solo gli oggetti e le sensazioni migliori.

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Una piccola porta là in fondo, sembra preannunciare inattese meraviglie. Naturalmente curiosi, la apriamo. 

Una vasca antica e turchina – proprio nel mezzo delle ampie tavole di legno chiaro del pavimento – ci saluta elegante e spensierata. In equilibrio sui suoi piccoli piedini e quasi in posa sotto la luce calda di una lampada dal cappello giallo, sembra così viva che i vestiti spariscono, l’acqua inizia a scorrere e un bagno tra le sue braccia diventa fatalmente inevitabile. 

Ottmanngut_UA_8_Damian Pertoll copiaLa sorpresa, però non scorre via con un tocco di asciugamano. A far fuggire le ultime gocce sotto i piedi nudi e ad alimentare il piacere di star qui, è ancora una volta il respiro tiepido del giardino, disteso proprio sotto l’ampia meravigliosa terrazza, tutta per noi. 

Ora dopo ora, nel nostro angolo di nostalgia privata e dolcissima, il sole si abbassa, la notte arriva, il piumone caldo ci culla, gli occhi si chiudono. 

Quando il mattino raggiunge Merano, torniamo a scendere le scale e iniziamo il nuovo giorno nella luce gentile dell’orangerie. Circondata di vetrate che riflettono il sole e i colori del giardino, con le geometrie variopinte delle cementine, l’imponente stufa verde e i tavoli discreti e spaziosi, è forse lo spazio più affascinante e incantevole dell’affascinante e incantevole villa. 

La colazione qui, è una coreografia lenta e straordinaria. Uno dopo l’altro, sfilano sul palcoscenico del nostro grande tavolo piatti e piattini, coppe e coppette, bicchieri e taglieri carichi di frutta fresca e voluttuosa, pane fumante e croccante, succhi che sembrano spremuti direttamente dal meleto e marmellate lucenti. Ogni entrata in scena è accolta da occhi stupiti e palato fremente. Proviamo tutto, unendoci al ritmo del ballo e non lasciamo nulla dietro di noi. 

Ottmanngut_UA_17_Simone Hawlisch copia

Appagati di sapori e bellezza, riprendiamo il passo a ritroso, attraversiamo il salotto pieno di libri e quadri d’un tempo e ci fermiamo un momento ad ascoltare l’impercettibile voce del pianoforte a coda. Il passato sempre rinnovato di Merano, il passato della casa, il passato di chi se ne prende cura e il passato di chi è passato e di chi passerà, suonano la melodia che accompagna il nostro arrivederci. Lasciamo dietro di noi il giardino limpido e rigoglioso, la tartaruga Max, l’insegna intrecciata e salutiamo, per tornare presto, la villa chiara con gli scuri verdi. 

Grazie. Siamo stati bene qui, 

Anna Quinz 

 

Ottmangut Suite & Breakfast
Via G. Verdi 18
39012 Merano 
ottmanngut.it

 

Photo credits:
1: Rene Riller
2, 3, 4: Damian Pertoll
5: Simone Hawlisch

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