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Corpo a corpo con la poesia #11: palloncino

04.05.2021
Francesca Fattinger
Corpo a corpo con la poesia #11: palloncino

L’uomo dei palloncini è padrone dell’aria più leggera del mondo.
Così leggera che fa volare ogni cosa: balene, zebre, 
tigri del bengala, motociclisti, astronavi.
[…] L’uomo dei palloncini è un domatore. Un domatore d’aria.
Gli basta un gesto per portare fino a te
il suo gregge meraviglioso.
Abbassarlo al punto da farti avvicinare.
Avvicinarlo al punto da fartelo toccare, e forse
da farti entrare e farti perdere
e salire salire salire.
Giovanna Zoboli e Simone Rea, L’uomo dei palloncini

Oggi ho bisogno di ascoltarmi e di farlo con attenzione, cura e lentezza. Lo faccio prendendo un palloncino e soffiandoci dentro il mio respiro. Inspiro forte, a pieni polmoni, e poi espiro lì dentro: il mio respiro è conservato in quell’abbraccio di plastica, materno e caldo. Il palloncino me lo rende visibile, palpabile, ascoltabile. Ho il mio respiro tra le mani e in qualche modo sento di avere tutta me stessa stretta lì dentro.

Ci sono alcuni momenti in cui ci sentiamo totalmente avulse dal nostro corpo e da ciò che ci circonda, siamo estranee a noi stesse, separate dal corpo e dal mondo che abitiamo. Ma se diamo attenzione al nostro respiro, l’estraneità scompare in un istante: l’aria entra fresca ed esce riscaldata, trasformata da noi e dal nostro esserci in quel momento, dal nostro corpo e dal nostro ritmo; l’aria che accarezza, circonda e permea tutto diventa ponte tra noi e il resto intorno. 
Nella vita di tutti i giorni invece accade spesso di ritrovarci a trattenere il fiato, cadendo in un’apnea raramente consapevole. Così il nostro stress e le nostre tensioni accumulate contribuiscono a trasformare un gesto così naturale come il respiro in un atto irregolare e difficoltoso. Ci dimentichiamo insomma che respirare bene significa sentirsi bene nel mondo, intrecciando al suo ritmo il nostro. 
Per questo abbiamo bisogno di qualcun_ o qualcosa che richiami la nostra attenzione e la diriga con forza verso i nostri respiri e i nostri non-respiri: ed è qui che ci viene in soccorso la poesia!

Nella poesia il ritmo è una delle cose più importanti. Il ritmo è la materia di cui siamo fatti. Il ritmo è in noi. Nel pulsare del nostro cuore. Nel nostro respiro (alternarsi di inspirazione ed espirazione). Nel camminare (mettere un piede davanti all’altro, il passo). Il ritmo è in noi in modo incosciente dunque, perché il cuore batte senza chiederci il permesso di farlo, in modo semi-cosciente, come nel caso del respiro, e in modo del tutto consapevole, quando camminiamo.
Scrivere facendo dei continui a capo significativi, facendo dei versi, delle svolte, significa sfruttare il ritmo che è in noi per imprimere forza al senso e all’emozione trasportata dalle parole.

Andrea Molesini alla fine di “Tarme d’estate” lo spiega così bene: il ritmo della poesia (e delle sue parole), nella sua scrittura e poi nella sua lettura, e il ritmo del respiro, del nostro corpo e della nostra relazione con il mondo si intrecciano e giocano a un continuo inseguimento: un ballo a due talvolta concitato talvolta lento e accogliente.  

Per rendere tutto questo comprensibile nella pratica si può giocare con le poesie e con il respiro. Se ci si pensa bene è grazie all’aria che esce che il nostro respiro invece che disperdersi si trasforma in suono. Più questo diventa consapevole e governato più “potremmo affidare”, come spiega Chiara Carminati in “Perlaparola”: “all’emissione di fiato la funzione di sottolineare particolari effetti espressivi”.

Prima di giocare con una poesia, chiedo anche a te di prendere un palloncino, di riempirlo di te, delle cose belle e brutte, delle cose che vuoi buttare fuori e delle cose che vuoi conservare, tutte lì dentro mischiate al tuo respiro e poi annodate e sospese. 

E adesso sdraiati per terra sulla schiena. Lascia il palloncino lì accanto a te, dove potrai riprenderlo, e fai attenzione al tuo contatto con il pavimento: quali parti sono più aderenti e quali meno? Porta ora la tua attenzione al tuo respiro e al suo fluire. È più lunga la fase di inspirazione o quella di espirazione? Dove comincia il tuo respiro e dove va a finire? È superficiale, profondo o una via di mezzo? Respiri più nella pancia o nel petto? Se ti serve per sentire meglio appoggia una mano sul petto e l’altra sulla pancia!

Adesso prendi il palloncino e mettilo prima sulla pancia e poi sul petto e comincia a respirare. Chiudi gli occhi e immagina che stia navigando sulle onde del mare. Sei tu a trasformarti in un’onda del mare: un’onda che culla il tuo respiro racchiuso nel palloncino. Concediti la lentezza di ascoltare dove va a finire il tuo respiro e fai dondolare il palloncino su di te. 

Soffia

Soffiami via 
lontano

Fammi essere leggera
Dimenticare 
Dondolando nell’aria

E cadere muto
Sull’acqua immobile

Cerchi concentrici
Si allargano
Intorno.

Piano piano alzati. Ti ho scritto qui sopra una mia poesia, ma puoi prenderne una tua o una che ti piace. Ho scelto “Soffiami via”, perché parla di leggerezza e di aria, e mi sembra quindi adatta a giocare con ritmo e respiro. Prova a leggerla ad alta voce: leggila una prima volta tutta d’un fiato e una seconda volta facendo il pieno d’aria all’inizio di ogni verso per poi esaurirne la carica solo quando questo è concluso. Dopo aver fatto queste forzature, prova a rileggerla segnandoti dove naturalmente resti senza aria, facendo sempre attenzione a pause, spazi e a capo, per prepararti a riprovare un’altra volta, assecondando ora il tuo ritmo naturale e quello che la poesia ti richiede. È cambiato qualcosa?

Adesso prova a rileggerla un’ultima volta sdraiandoti per terra con il palloncino sulla pancia. Cosa succede alla danza delle tue onde? 

***

Giovanna Zoboli e Simone Rea, L’uomo dei palloncini, Topipittori, 2014
Chiara Carminati, Perlaparola, bambini e ragazzi nelle stanze della poesia, Equilibri, 2020
Andrea Molesini, Tarme d’estate, Mondadori, 2003
Francesca Fattinger, Soffiami via in Poesie raccolte. Nel giardino delle parole, 2020
Inês Castel-Branco, Respira, red!, 2016
Mara Della Pergola, Lo sguardo in movimento. Arte, trasformazione e metodo Feldenkrais, Casa Editrice Astrolabio, 2017

Foto e grafica di Angela Onorati

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