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April 12, 2021
Cosa ci insegnano le Alpi 05. Design, arte, cultura: Christian Niccoli
Emanuele Quinz
Per il quinto episodio della nostra serie, abbiamo raccolto la testimonianza di Christian Niccoli, artista altoatesino ma basato da molti a anni a Berlino. Nelle sue opere privilegia l’utilizzo del film, del disegno e di tecniche di stop-motion. Ha vinto numerosi premi fra cui recentemente la 9a edizione di Italian Council. Le sue opere sono state presentate a livello internazionale in musei e istituzioni, tra alla 8th Baltic Biennial of Contemporary Art, Stettino, Polonia, 4th Bienal del Fin del Mundo a Valparaiso, Cile, Kunsthaus Graz, Phönix Art – Sammlung Harald Falckenberg, Amburgo, Cinémathèque québécoise, Montreal, Socrates Sculpure Park, New York City, Berlinische Galerie e Haus der Kulturen der Welt, Berlino e Para Site / Art Space, Hong Kong.
Qual è il tuo rapporto con le Alpi?
Ho un ottimo rapporto con le Alpi. Per me, che vivo in una città completamente piatta come Berlino, le montagne in generale e le Alpi in particolare, sono un luogo di forte emotività e rappresentano molto la sensazione di casa. Adoro fare passeggiate, gite o escursioni. E poi le Alpi hanno un effetto calmante su di me, anche la stanchezza fisica della salita o discesa mi rilassa molto. C’é a mio avviso un qualcosa di fisico e metafisico nel rapporto con la montagna.
Puoi raccontare una storia, un ricordo personale, una parabola, un aneddoto legato alle Alpi?
Penso a un aneddoto legato alla mia infanzia. La mia famiglia materna è della Val Badia, per la precisione di un paesino di montagna, che si chiama Pieve di Marebbe (La Pli de Mareo in ladino), dove mio nonno era contadino. La sera di Natale si cenava nella Stube e verso le 23 si andava a piedi nella neve dal maso di famiglia giù verso la piazza del paese dove a poco sarebbe iniziata la messa. Dal campanile della chiesa si udivano, suonati da degli strumenti a fiato, dei motivi natalizi. Non scorderò mai quella romantica camminata notturna, la neve illuminata dalla luna, il freddo.
Cosa ti hanno insegnato le Alpi?
Mi hanno insegnato prevalentemente una cosa: rispetto. Avere rispetto verso la natura, nel senso che dobbiamo prendercene cura per preservarla nella sua incredibile bellezza. E poi rispetto nel senso che le montagne non perdonano e saranno sempre più potenti del uomo.
Cosa ci insegnano le Alpi?
Penso che ci insegnino quanto noi uomini siamo piccoli e quindi a ridimensionarci.
Nelle tue opere, appaiono delle rappresentazioni delle montagne?
In realtà, le montagne non appaiono mai direttamente. In compenso, per qualche motivo strano appaiono spesso gli sci, o comunque una figura maschile che scia. Nel mio lavoro, mi lascio sorprendere da queste immagini che persistono nella mia memoria, mi lascio guidare dalle intuizioni. In questo caso, forse si tratta di un residuo della mia infanzia, delle mie radici ladine, di un periodo e di un contesto in cui gli sci erano un elemento costante. Io sono sempre stato un mediocre sciatore e non a caso le mie rappresentazioni di sciatori raffigurano delle scene di sciate impossibili o comunque poco realistiche.
E le dimensioni fisiche e metafisiche che hai evocato in connessione alle montagne, sono degli elementi che infuenzano la tua definizione dell’arte?
Per certi aspetti direi di si e non a caso il Romanticismo ha spesso come soggetto la montagna come luogo ostile, austero e inattingibile, ma anche colmo di mistero e sacralità. Sono appassionato di questo periodo artistico e mi rendo conto che anche oggi, quando vedo un’opera contemporanea ambientata in un contesto alpino o montuoso, mi fa un effetto particolare. La montagna, come il mare, il deserto o altri paesaggi estremi, possono amplificare un soggetto rappresentato. Mi viene in mente l’azione collettiva di Land art Faith Moves Mountains is my attempt to Deromanticize Land art dell’artista belga Francis Alÿs[1], in cui 500 volontari muniti di badile spostano la sabbia e quindi metaforicamente la montagna. Qui la montagna – l’evento si svolge vicino a Lima in Perù, costituisce un elemento metaforico, allo stesso tempo allegorico e epico, ma anche il fondale visivo che da forza all’azione cinematografica.
In molte opere d’arte il paesaggio è messo in primo piano e diventa esso stesso il fondamento dell‘opera. In altre opere invece, il paesaggio viene raccontato in maniera diversa, creando un punto di vista nuovo su ciò che già si conosce. Per quanto mi riguarda, trovo che un’azione, espressa in opera d’arte possa essere rinforzata attraverso un paesaggio suggestivo. Per esempio, nel 2013 ho girato un video nell’entroterra desertico dell’Islanda (Untitled), e ho usato la potenza evocativa del paesaggio – vuoto, immobile, invernale – come sfondo per la storia.
Pensi che esista un’arte o una cultura artistica specifica alle Alpi?
Un arte specifica, non direi. Però esiste un’architettura alpina – non solo tradizionale ma anche contemporanea, che personalmente apprezzo molto, in quanto spesso è una fusione fra un modo antico e attuale di interagire con il paesaggio montuoso. Penso in particolare allo studio Pedevilla Archtitects e ai loro edifici in Val Badia. Nella Wohnhaus Pliscia 13 per esempio, le architetture riprendono la forma del classico maso di montagna come lo conosciamo tutti, riproponendolo in forma „sperimentale“, cambiando il tipo di legno, facendo dei finestroni al posto delle piccole finestre del maso antico. Insomma, rileggendo la cultura in chiave attuale – mostrando che la cultura alpina non é immobile, ma evolve con le trasformazioni della società.
Hai detto che le Alpi ti hanno insegnato il rispetto della natura. E, come artista, cosa ti hanno insegnato?
Esattamente, e mi rifaccio nuovamente al Romanticismo e quindi alla dimensione spirituale evocata dal paesaggio alpino – come nei quadri di Caspar David Friedrich. Quello che le montagne insegnano è in qualche modo indicibile – perché è dell’ordine del vago, del sentimento, della poesia, della visione metafisica. Quando, qualche anno fa, ho girato in Islanda, ho sentito una simile atmosfera di immensa solitudine e spiritualità – e ho cercato di immortalarla nelle immagini del film.
“Selbstportrait”, 2020, 40×30 cm cadauno, pastelli su carta,
“Ohne Titel”, 2013, video, 4 minuti, still da video
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