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April 6, 2021

Corpo a corpo con la poesia #09: carillon

Francesca Fattinger

Mi cerco 
A tentoni nel buio

Infilo la mano
In un cassetto nascosta
In un oggetto infilata 

Mi pesca bambina 
La sua mano di carillon
Ruvido al tatto

Un filo di polvere 
Nodo di anni
Aggrovigliati alla memoria stanca 

Rigiro i ricordi assieme alla manovella 

Le note rimbalzano svogliate
Mi aggrappo agli sguardi congelati 
Dei giochi senza vita 

 Li rimetto al loro posto
Tra la crepa delle note 

E quella del tempo.

Oggi in casa c’è un gran silenzio, quel tipo di silenzio che rimbomba dentro, che ha un suo ritmo, un suo battito, una sua densità. Sento come un fruscio inafferrabile e rarefatto che entra dalle orecchie ed esce appena apro gli occhi disperdendosi attorno a me. 
Che parola strana silenzio. C’è chi dice che la sua etimologia più antica non derivi solo dal verbo latino silēre, tacere, non far rumore, o dal sostantivo silentium, assenza di rumori o suoni, ma che si possa ricondurre anche all’antica radice indoeuropea si- che significa legare. Questo ci porta a pensare che nel concetto di silenzio sia presente l’idea di legare, di unire e di permettere quindi la nascita di canali di comunicazione che in sua assenza non esisterebbero.

La cosa più importante sarà stabilire il giusto rapporto tra parole e silenzio – il silenzio in cui succedono più cose che in tutte le parole affastellate insieme [...] lo sfondo muto dovrà avere un suo colore e un suo contenuto [...]. Non sarà un silenzio vago e inafferrabile, ma avrà i suoi contorni i suoi angoli la sua forma: e dunque le parole dovranno servire soltanto a dare al silenzio la sua forma e i suoi contorni, e ciascuna di loro sarà come una piccola pietra miliare, o come un piccolo rilievo, lungo strade piane e senza fine o ai margini di vaste pianure.

Etty Hillesum lo spiega così bene nei suoi diari: il silenzio e le parole vivono in un connubio talmente intimo che le une non esisterebbero senza l’altro e viceversa. Bisogna tenerlo presente per ogni tipo di scrittura, ma soprattutto ci è utile tenerlo a mente per la poesia. Il foglio bianco sarà come un’ampia pianura in cui le parole spuntano a rimarcare la sua vastità, come una partitura musicale che ricama ritmi e melodie silenti.

Per questo oggi tengo tra le mani un carillon, il mio carillon, quello che facevo suonare quando da piccola il silenzio era troppo assordante e avevo bisogno di far cambiare direzione al mio sguardo, da dentro a fuori di me.
Proprio all’inizio dell’articolo ti ho riportato una mia poesia. È una poesia a cui tengo molto, in cui provo a ricollegarmi al silenzio della mia infanzia, un silenzio rotto dalle note traballanti del mio carillon, per relazionarmi alla piccola me e tentare di dialogarci.
L’ho scritta per te, per usarla. Eh già le poesie si usano, altroché se si usano! Prendi la mia poesia e mettila alla prova: ha bisogno di tutta la tua energia. Ricavati qualche minuto di silenzio per guardare lo spazio in cui ti trovi. Osservalo bene in ogni suo angolo e contorno e poi riempilo con i versi della poesia, in modo che ti avvolga e avvolga ogni oggetto, o persona o animale, che è lì insieme a te. Meglio se lo fai in piedi, con i piedi ben puntati a terra: è dalla terra che trai la tua energia! Comincia riempiendo il silenzio attorno a te con un sussurro e poi alza la voce sempre di più, fino quasi a urlare. Asseconda il ritmo dato dagli spazi e dagli “a capo”: rispetta i silenzi del foglio con i silenzi della tua voce e del tuo corpo, usa le pause per respirare e ricomincia.

Questo esperimento può funzionare con qualsiasi tua poesia, serve per renderla più musicale, per accorgerti dell’importanza dei silenzi bianchi nel foglio, per far sì che le tue parole risuonino assieme come in una melodia. Ogni poesia ha in sé, infatti, un ritmo riconoscibile e un rapporto quasi primordiale con la musica.

La poesia, fin dalle sue origini e in tutte le sue manifestazioni, è sempre stata congiunta alla musica: nell’antica Grecia gli aedi si accompagnavano con la lira (…), i trovatori del Medioevo intrecciavano il loro canto al suono del liuto, del flauto, della tiorba. (…) Per secoli, dunque, la musica è stata un elemento imprescindibile della declamazione poetica (…) che aveva bisogno di una sua forza ritmica proprio perché era congegnata per essere detta ad alta voce.

E adesso tocca a te mettere alla prova la tua scrittura. Prendi un foglio bianco e scrivi nel suo centro una gioia, qualcosa che ti fa star bene, che ti rende felice, che ti fa sorridere anche quando intorno sembra tutto inafferrabile e complesso. Scrivila con energia: sarà la madre sorgente di tutte le altre parole. Collega a quella gioia altre piccole gioie quotidiane e dai loro il ritmo che ti sembra più giusto: quello di una risata sguaiata, di una carezza inaspettata o di una danza a due su una pista da ballo? Usa poi questo testo per l’esperimento di voce e silenzio appena fatto con la mia poesia, riscrivendo le tue parole sotto forma di partitura poetica: segnala bene le pause bianche e se vuoi dai alle parole la forma del ritmo che hai scelto! Puoi svincolarle dalle righe e farle danzare in cerchio o a onde o farle passeggiare ai bordi del foglio. Ricordati solo di trovare il giusto modo per rendere questa tua scelta anche con la voce; se non ci riesci, vuol dire che forse c’è una forma più adatta, riprova e ricomincia, finché non senti che la poesia sta bene e tu con lei!

Chiudi gli occhi
Immagina una gioia
Molto probabilmente
Penseresti a una partenza

Ah si vivesse solo di inizi
Di eccitazioni da prima volta
Quando tutto ti sorprende e
Nulla ti appartiene ancora

Penseresti all’odore di un libro nuovo
A quello di vernice fresca
A un regalo da scartare
Al giorno prima della festa
Al 21 marzo al primo abbraccio
A una matita intera la primavera

Alla paura del debutto
Al tremore dell’esordio
Ma tra la partenza e il traguardo

Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è sapere
è potere rinunciare alla perfezione.

***

Francesca Fattinger, Carillon, 2020
Etty Hillesum, Diario 1941-43, Adelphi Edizioni, trad. it. di Chiara Passanti, 2018
Bernard Friot, Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita, Edizioni lapis, trad. it. di Janna Carioli, 2019
Francesca Genti, La poesia è un unicorno, Mondadori, 2018
Niccolò Fabi, Costruire, 2006 

Foto e grafica di Angela Onorati

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