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January 21, 2021

Home Studio 03: Armin Barducci

Alessio Posar
Home Studio è una serie di interviste e ritratti narrativi di artisti altoatesini attivi in diversi campi, invitati a riflettere sugli effetti del lockdown e del post-lockdown sul loro lavoro, sulle routine e sul processo creativo. Come sono cambiate le abitudini? Dove stiamo andando? Come ce la stiamo passando?

Terza puntata, entra Armin Barducci: autoctono, bilingue, alto quasi due metri e abitante del pianeta Terra. Armin scrive e disegna fumetti  (alcuni usciti per Raetia, Eris Edizioni e Tunuè, altri autoprodotti perché Armin è, be’, un mago dell’autoproduzione ), insegna disegno e arte sequenziale a tutte le età, e fa l’educatore quartieri disagiati.

Come si svolgeva una tua giornata tipo prima della pandemia? 

Portavo mia figlia all’asilo, tonavo a casa/studio, mi preparavo il caffè, mi dedicavo ai progetti in corso (fumetti e/o illustrazioni), organizzavo le lezioni e i laboratori, cucinavo qualcosa di veloce per pranzo. Subito dopo andavo al doposcuola pomeridiano dove lavoro come educatore. Poi, se andava bene, verso le 18.30 rientravo a casa per intrattenere la bambina, cucinare, metterla a letto e infine crollare io stesso.

Hai un piccolo rituale o un’abitudine a cui non rinunceresti mai? 

Ogni giorno aggiorno il mio calendario analogico per vedere e sistemare tutti gli impegni e lavori in corso. Il tutto mediante sigle e sezioni colorate. Ciclicamente creo delle liste di obiettivi raggiunti e/o da raggiungere in lassi di tempo più lunghi.

Qual è la cosa che ti rende più felice del tuo lavoro? 

L’atto della creazione di una storia. Quando apro i rubinetti delle esperienze acquisite e le lascio fluire per creare nuove connessioni. Questo atto prevede comunque un costante apprendimento quotidiano e uno studio perenne delle cose che mi circondano.

Perché? 

Perché solo allora ho dato il via alla creazione di qualcosa di unico.

Come è cambiata la tua vita durante il 2020? 

È stata un esperienza strana e devastante. Da tanto tempo ho desiderato un momento dove avrei avuto più tempo per dedicarmi alle storie, alla creazione, al disegno ed in effetti, teoricamente, questo è avvenuto con il primo lockdown. Peccato che questo non sia in effetti avvenuto dato che tutto il “teorico” tempo è stato fagocitato dall’ansia, dall’insicurezza, dalle preoccupazioni, dalla reclusione forzata, dal fatto che non si stava mai soli e concentrati per fare quello che si voleva fare.

E dal punto di vista lavorativo? 

Un’ecatombe. Vivo di due anime lavorative, da una parte un lavoro fisso come educatore e dall’altra la libera professione tramite quale insegnavo nelle scuole, in carcere, per istituti privati, facevo Visual per il teatro, realizzavo illustrazioni e pubblicavo i miei libri. Nel 2020 la libera professione è (quasi) totalmente sparita. PUF! Lavori già stabiliti che sono stati spostati all’infinito, proposte terribili di collaborazioni con compensi al di sotto della soglia minima della decenza e dignità umana. Il tutto all’insegna di un “rilancio”… che poi alla fine è stato un modo per occupare le persone che lavorano nei settori artistici ponendoli in condizioni economiche davvero umilianti. Un settore che già prima non era trattato bene, ma che ora è stato letteralmente preso per la gola, dato che ogni “crisi”, dalla più piccola del passato a quella più grave del presente, colpisce inesorabilmente questo settore. Capisco che nel 2020 si andava a tastoni in un campo non esplorato e che le regole del gioco cambiavano di giorno in giorno e a volte di ora in ora, ma adesso, a quasi un anno di pandemia globale, si è evinto chi ha mostrato una vera professionalità lavorativa senza eccedere in entusiastiche promesse e chi no.

Descrivi la tua routine quotidiana durante il 2020. 

Ci si svegliava tutti quanti assieme e per tutta la mattinata era un punching ball tra intrattenere la bambina, sistemare casa (si sporcava in un nanosecondo), cercare la concentrazione per disegnare e scrivere (operazione quasi sempre fallimentare), combattere internamente per cercare una logica sensata nelle proposte lavorative ricevute, ascoltare perennemente le notizie iper-pompate dai media nazionali e conseguentemente farsi sopraffare dall’ansia. Poi si pranzava. Di pomeriggio svolgevo le funzioni di educatore online a distanza, con mia figlia sempre appresso, con le notizie angoscianti, con i pensieri sempre su come andava la pandemia, con i pensieri sui lavori saltati e le preoccupazioni per il futuro. Poi cena, messa a letto della bambina e stare in solitudine con i pensieri ridondanti. Forse, sul tardi, si dormiva. Sicuramente non bene.

Quali sono stati i momenti migliori dell’anno appena passato? 

Nel bene e nel male, ho vissuto di più la crescita di mia figlia. Prima soffrivo abbastanza quando la vedevo solo la mattina presto e la sera senza avere la testa lucida per poter intraprendere qualcosa di creativo con lei. Ho potuto farlo e mi sono divertito molto.

Un altro momento è stato l’uscita di “Tales of an Imaginary Deadman”, l’ultimo mio libro (in realtà un cofanetto con 4 libri) uscito per Eris Edizioni. Nonostante i ritardi dettati dalla pandemia, ha comunque visto la luce e di questo sono molto contento.

Nonostante la difficoltà generale ho comunque prodotto tanti progetti personali che man mano nei prossimi anni vedranno al luce.

E i peggiori? 

Nonostante abbia fatto di tutto per mascherare lo stato di stress dettato da tutta la situazione pandemica, emotiva, economica, mi figlia ha percepito tutta questa tensione e questo mi strugge. Non mi piace questa situazione e man mano che passavano i mesi ho dovuto re-imparare a rilassarmi. Purtroppo questi stati d’animo ci ripercuotono anche sul fisico e ho avuto dei notevoli peggioramenti dello stato di salute della mia già provata schiena da disegnatore.

Un altro momento peggiore è stata questa cosa che la gente si dava la colpa a vicenda, scaricando le colpe individuali sugli altri. L’io-centrismo popolare è una cosa nefasta. Deleteria e strisciante. Questo fatto mi ha fatto odiare quel poco di tempo in cui ho frequentato altre persone. Che grande peccato! Già non ci si vedeva (se non in video) e quando ci si riusciva finalmente a vedere i discorsi andavano sempre verso “gli altri” che non erano come “noi”. Sembra di essere perennemente in Lost.

Che cosa hai imparato? 

Dal 2020 ho imparato molte cose. Umane e lavorative. In quelle umane posso solo migliorare, mi impegnerò al massimo. In quelle lavorative mi sono segnato tutto quello che è successo (d’altronde io faccio liste). 

Le cose, quando fanno fatte, vanno fatte bene e dignitosamente ed è giusto che per il 2021 ce ne si ricordi. Tutti, me compreso.

Che cosa scegli di portarti nel futuro? 

Una marea di nuova esperienza su tutti i fronti e la speranza che il ricordo del peggior anno vissuto nella mia vita rimanga tale e che non venga sostituito con un altro numero a quattro cifre.

Quali sono i tuoi nuovi progetti? 

Sto ultimando un libro autobiografico ambientando negli anni novanta, sto continuando una serie di fumetti autoprodotte chiamata Heimat dove racconto di un ragazzo di seconda generazione di migranti che si è messo nei casini ed è finito in carcere, sto portando avanti dei progetti con il neonato collettivo di fumetti atesino Infusi e sto iniziando a lavorare a un progetto per ora ancora super segreto per il mercato estero. Per il 2021 dovrei stare a posto.

Che consiglio vuoi dare agli altri creativi? 

Mai demordere, mai accettare tutto da tutti. Al massimo prendere altre vie senza mai fare quello che non vi piace fare. Questo percorso non è lineare, non lo è mai stato e sicuramente non sarete mai voi che deciderete liberamente che bivio intraprendere. In tutto questo divertitevi sempre, sennò questo lavoro, questa via, non ha alcun senso.

 

Home Studio è un progetto di Alessio Posar, realizzato con il sostegno della Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Ripartizione Cultura Italiana e ospitato in esclusiva da franzmagazine.

Foto Armin Barducci 

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