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January 12, 2021

Corpo a corpo con la poesia #03: conchiglia

Francesca Fattinger

Io mi frugo nelle tasche, 
gli porgo la conchiglia, lui la prende.
Mi resta la sabbia tra le dita.
Seb l’annusa,
la sfrega contro una guancia.
Poi mi afferra per un polso,
mi guarda profondo.
E mi dice “non ci perdiamo”.
Io gli dico “non ci perdiamo”.
Ma lo diciamo come i gatti
come le conchiglie
come le nocciole
- lo diciamo in silenzio,
come fanno le persone felici.
Claudia Mencaroni e Luisa Montalto, “Seb e la conchiglia”

Oggi comincio così: con una conchiglia in mano e una canzone in testa, la canzone del mio mare. Ne avete anche voi uno vostro, tutto Vostro? Che quando arrivate a farvi accarezzare il viso dal suo vento salato vi sentite felici? Beh io ora sono qui seduta alla scrivania, ma sono anche lì con la sabbia tra le dita.

Queste conchiglie mi permettono di raccontarvi due poteri magici della poesia, innanzitutto il primo, forse il più magico di tutti: la poesia permette di ritornare in luoghi dove state bene, come un teletrasporto istantaneo. Allora il testo poetico, con i suoi ritmi, le sue parole e i suoi silenzi scelti con cura, diventa come una formula magica per chiunque la voglia ascoltare e voglia farsi accompagnare. Basta un attimo, la scintilla si accende e voi siete di nuovo tra quelle braccia, in quello sguardo, con la punta delle dita bagnate dal vostro mare, con il respiro espanso in mezzo alla neve o al caldo nella vostra casa d’infanzia.

E così comincio subito col chiedervi di prendere carta e penna, di cliccare qui sopra, sulla “canzone del mio mare”, e di concedervi il minuto del video per chiudere gli occhi e lasciare vagare la mente, libera come il vento, le onde, le nuvole. Appena li riaprirete prendete la penna in mano e scrivete sulla vostra pagina le prime parole che vi vengono in mente, prendetevi tutto il tempo che volete e quando siete stanche, lasciate la penna, piegate il foglio a metà con le parole dentro nascoste, e ritornate da me a leggere dove ci condurranno queste piccole conchiglie custodi di meraviglie.

La conchiglia, visto che adesso mi trovo proprio in mezzo alle montagne, mi conduce al racconto di un altro superpotere della poesia, che si innesca quando la si arricchisce di un ingrediente che il linguaggio poetico ama molto, perché porta a un “incontro-scontro” da cui nasce la bellezza. Si tratta dell’ossimoro; sentite cosa ci racconta la Treccani su questa formula magica:

l’ossimoro (dal gr. oksýmōron, comp. di oksýs «acuto» e mōrós «stolto, folle») è un procedimento retorico che consiste nell’unire due parole o espressioni che sono inconciliabili nel significato in quanto indicano propriamente una antitesi o contrarietà. Il termine che lo designa («folle acuto») è esso stesso un ossimoro. 

La Treccani come sempre mi aiuta per mostrarvi la potenza immaginativa di questo procedimento retorico, ma mi è ancora più d’aiuto “Che figura” di Cecilia Campironi, un meraviglioso libro illustrato che va in soccorso di poete e poeti, per non perdersi nel labirinto fantastico delle figure retoriche. E per spiegarcelo interpella nientepopodimeno che il mago Ossimoro che, tra una apparizione magica e l’altra, trova il tempo per sedersi tra le pagine del libro e raccontarci il suo trucco più famoso.

Niente conigli che escono dal cilindro o mazzi di fiori giganti. Il mago Ossimoro crea magie con le parole. Lui ha la capacità di accostare vocaboli di senso opposto e in forte contrasto, stupendoci con incredibili illusioni grammaticali. Si rinfresca con il fuoco e si scalda con il ghiaccio e ama affrettarsi lentamente: “Correte piano!” dice ai suoi figli, “e se cadete urlate in silenzio che mamma dorme”.

Insomma, provate a leggere ad alta voce e a ritmo questo elenco: “disgustoso piacere, silenzio assordante, lucida follia, speranza disperata, deteriore meraviglia, frenesia contenuta, attacco pacifico, sole nero, gioia malinconica, brivido caldo, convergenze parallele”, e se avete voglia continuate anche voi l’elenco, con nuovi ossimori inventati sul momento. Scommetto che se li avete declamati con intensità siete tutto un brivido! Solo a scriverle mi è venuta una voglia matta di un gelato caldo. 

In quanto espressione dell’antitesi, l’ossimoro unisce contrapponendoli due pensieri o due significati che sono di per sé incompatibili, perché l’uno esprime il contrario dell’altro; può esserci un potere più bello? Infatti la poesia, soprattutto se con un pizzico di ossimori (state attente che l’equilibrio degli ingredienti sia sempre adeguato, se no risulterà una torta salata dolce o una torta dolce salata!) ci aiuta a definire gli argomenti difficili da definire, quelli che ci sembrano davvero ineffabili!

E adesso riaprite il vostro foglio, prendetevi un altro minuto, questa volta di silenzio. Se avete anche voi una collezione di conchiglie è ora di sceglierne una che vi sentite pronte a regalare; se invece avete una collezione di sassi anche un sasso va bene, se invece non avete niente di tutto questo prendete un oggettino piccolo, e tenetelo accanto a voi. Ascoltate la sua voce, con la conchiglia risulta più semplice perché basta accostarla all’orecchio e davvero ci parla, ma chissà cos’ha da dirvi un sasso, una foglia, un pezzo di lana, o quello che avete trovato, se vi mettete davvero in ascolto. A questo punto sussurrate a questo oggetto, che avete tra le mani e state guardando, le parole che avete scritto prima. Sussurratele con il cuore, come se fosse qualcuno o qualcuna a cui volete davvero molto bene, se no non vale! Scrivete sopra all’oggetto il luogo, il giorno, l’ora esatta del vostro sussurro e regalatela a qualcuno che sapete apprezzerà, se non vi viene in mente nessuno, lasciatelo in un punto della vostra città in cui siete state bene. Magari chi lo raccoglierà farà come il protagonista di “Mare” di Joanna Concejo, che di fronte al mare infinito si domanda cosa e chi ci sia al di là del suo sguardo.

Aprì la mano e guardò i sassi.
Erano tutti lucenti, tutti bagnati di sudore. 
Ne leccò uno. Aveva un sapore salato.
Come le lacrime.
Come il mare.

 

***

Claudia Mencaroni e Luisa Montalto, “Seb e la conchiglia”, Verbavolant edizioni
Cecilia Campironi, “Che figura”, Quodlibet/Ottimomassimo
Antonio Ferrara e Filippo Mittino, “Se saprei scrivere bene”, Coccole books
Yoko Ono, “Acorn”, Gallucci
Joanna Concejo, “M come il mare”, Topipittori

Foto e grafica di Angela Onorati

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