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December 31, 2020

Moreness in December. Giorno trentuno: una pratica d’attenzione

Franz
Ora che la montagna è sulla bocca di tutti, noi vorremmo riportarla semplicemente negli occhi e nei pensieri, collezionando osservazioni, riflessioni, appunti, annotazioni, che lei stessa ci ha ispirato. Partendo dai contenuti di Moreness, ma non solo, il nostro "more than Advent Calendar" arriva fino al 31 dicembre, e non è dunque né pre-natalizio né celebrativo, ma piuttosto un compendio corale di 30 brevi lettere d'amore per le nostre Dolomiti.

Lunga Premessa

Sono curatore di Dolomiti Contemporanee, un progetto che, dal 2011, ha cura di alcune cose, nelle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità. Ma i concetti di Patrimonio (dal punto di vista della risorsa e dello Spirito) e di Umanità (dal punto di vista della prospettiva dello Spirito), andrebbero di certo trattati e ridefiniti. O vogliamo dar le cose per scontate? Noi no, e lo mostreremo anche qua, con questa storia breve su Cristopher. 

In generale, posso dire che, con DC, ci occupiamo di questo: ci impegniamo ad essere responsabilmente presenti alla realtà, e non un po’ ebeti sbadati sorridenti e paghi al cospetto di una Montagna-già-data, ovvero acritica e sbadigliante e impiattata. Ci impegniamo a pensare e fare una Montagna che non corrisponda ad un’umile banalità automatica; ed attribuire il valore corretto alle cose, alcune delle quali perdute o colpevolmente smenticate, e agli enti, di realtà e di pensiero; a far corrispondere alla pretesa, ottusa realtà della mera cosa il pensiero articolato e aperto della cosa stessa; e, laddove senso e valore siano perduti o franti, a rinfrancarli e ridefinirli e a rifunzionalizzarne il concetto e la manifestazione; a collegare quindi e stringere a corda: dato e pensiero.Campeggio Ma introduciamo ora l’Ambiente nostro, che non è elettivo (troppo facile), ma elaborato nell’idea e nella pratica (pensare ed essere). Occorre infatti sempre nascere almeno due volte, per potersi dir consapevoli della prima, che è la più grave, ma non sempre quella definitiva (di nascita).

DC è un laboratorio d’Arti Visive in Ambiente. Dove le Arti Visive sono una tecnica aguzza e recrudescente (mai attenuata) del concetto applicato, e non uno stato contemplativo dello sguardo domo che riposa sottopalpebra con ‘na trombetta tra le labbra (arte distrazione intrattenimento allegria: le accezioni da diporto). Applichiamo Concetto al Contesto deteriorato della Flebile Montagna Divorata. 

Se non pensi bene uno Spazio* infatti, lo deprimi, lo bazzichi, lo abbatti, lo opacizzi, lo imprigioni: in un’immagine statica, che puoi appendere, vendere, prezzare: senza apprezzare. 

Le Dolomiti dunque, per venire al contesto fisiconcettuale: cosa sono mai?

Per noi, che qui ci abbiamo qualcosa da fare e da dire (è lo stesso: la nostra realtà d’azione coincide con il logos dispiegato in una sorta di fermo galoppo – saldezza dello stare nell’andare), esse Dolomiti son di certo la terra nativa e poi soprattutto di elezione (non basta nascerci: bisogna decidersi a sceglierle, e questo scegliere coincide col la possibilità della nostra e loro Rinascita Critica Consapovole – occorre sempre nascere due volte, quando si lavori nel/sul pensiero, quando si voglia elaborare le funzioni. E la seconda nascita -critica, scelta, volontà- è di certo ben più importante della prima -determinazione biologica, gettàti nel mondo. La seconda è subita. La prima è agita. La differenza tra attivo e passivo). 

DuoPoi sono altre cose anche, queste Dolomiti appunto, cose buone e pessime, come sempre accade ovunque giunga la Gran Tenia Bipolare, Distruttiva e Creativa: l’ometto uomo. E giunge. Ma insomma. 

‘Sto ambiente spettacoloso e incerto dunque, scrigno di gioie lucenti, è al tempo stesso un luogo svalorizzato reificato spacciato e ridicolo, infestato dai cannibali dagli stereotipi e delle ansie prestazionali che han da soffrire i Mercanti Minchioni della Montagna Marchiata, i Grandi Imbanditori della Croda Al Tagliere: sta montagna che nei finsettimana rigurgita e pullula delle terribili masse acefale degli Amanti Occasionali Irresponsabili Accidentati, ovvero dalle orde dei turisti guerci che vengon su a batter mascella (pastin & polenta), e non san camminare per sentieri, e son vestiti come al carnevale, e confondono i nomi delle cime, e berciano colorati al rifugio, i più eleganti in velluto: toni toni ghe n’elo chè: iè rivadi i veneziani (o i romani).

Etcetera.

Intendiamci, cari amici: siamo felici di certo ed eccome di viver qui, se ci capite. L’abbiamo scelto, questro Spazio, e non patiam sofferenza alcuna, né diventiamo acidi perchè molta mezza gente è sciatta e prossimativa e trascurata e gnurante e furibonda e getta le scoazze per terra.

Però, sai com’è, avendo occhi e sinapsi bene aperti, diciamo quel che vediamo, per l’appunto, eccoci qua, e così via. 

E dunque, siccome Amiamo Responsabilmente questi luoghi speziali che percorriamo e scaliamo e di cui sempre Ripensiamo e Trattiamo l’Anima Costruenda (e non giaffatta: e due), nel silenzio certo ma senza il sussiego caistico proprio dei vernacolaristi tronclesiastici (nemmeno loro ci piacciono: la Natura non è un tempio: è uno spazio erotico dispiegato, che va trattato traverso le alchemiche ternanze di pulsioni e riserbi, etcetera).

Siccome queste cose appunto, ecco che abbiamo elaborato una teoria del tutto, giusto? 
No, macchè: una pratica del morso. 

Insomma, ed eccoci all’argomento cosiddetto, finalmente: AD UN CERTO PUNTO (dello Spazio, del tempo: del Senso?) è venuto un cervo. Non ne abbiamo fatto un totem, feticcio, testimonial olimpico, altre fregnacce da tavola: abbiamo aperto la testa, anche qui, abbiamo studiato, e abbiamo dispiegato la cura.  In bosco

Breve racconto (Argomento).

Sono un curatore d’arte contemporanea e un critico.
No, niente categorie e professioni, abbiamo in spregio le categorie ed i cosiddetti professionismi. 
Sono uno che sa cos’è “die Sorge”, uno armato di Spirito Critico.  

Una mattina, menavo nel bivacco, tramavo la giornata e i progetti – progetti che servono sempre a ribadire il nostro pensiero primo: bisogna pensare e fare bene, ed evitare gli stereotipi e la banalità, che in Montagna imperversano.

Il bivacco, che non è una casa.

Il bivacco piano sospeso, nel bosco sotto alla Montagna -in questo caso la sud dell’Antelao- è una delle 263 villette monofamiliari tirate su negli anni ’50/’60 dalla spettacolare cordata Mattei-Gellner. 

Siamo a Corte di Cadore. Qua, nel 2014, DC ha pensato e attivato la piattaforma di rigenerazione di Progettoborca, che rumina l’ex Villaggio Eni di Borca per riattizzarne le parti fossili, dato che sto posto vale molto al passato ed in potenza, e molto meno nella realtà presente, e questo è un male pitocco. 

Le cose sbagliate van sistemate, eccolo il pensiero di base, tutto qua. 

Na mattina di tarda primavera dunque, guardo fuori, appena sotto il terrazzo de legno e cemento, guardo giù, sul prato tra i pini e gli abeti, ed ecco un guizzo movimento, scorgo una sagoma, sento frignare.

Metto a fuoco, pomellatura spinta: è un cucciolo di cervo, ed è subito evidente che fa cose strane. Fin dal primo momento, più sorpresa e timore mi colgono, che non la consueta ebete e dolce e struggente meraviglia di chi altro non vuol far che: contemplare estaticamente lo spettacolo della natura.

In effetti, qua non si contempla alcunchè, mai. 

Prima foto christopher deerNon è nascosto il neonato: lo vede un cieco, quindi anche un turista (che spesso è un tipo cieco). Non sta pronato, si muove. Non sta zitto, chiama e grida. Chiama la madre, che non risponde. 

Se sai qualcosa d’un cervo, qua c’è già da allarmarsi. 

Per la verità, in quel momento ancora non so molto, dei cervi: io leggo, studio e spingo i concetti della cura tra le pieghe e gli angoli della realtà, questo faccio. Poca biologia, niente animali: ho da fare. 

Ma qui, comprendo subito, non c’è da far commedie emotive su Bamby, da far coccole e moine, niente. 

C’è invece un problema da affrontare, forse grave, par grave.

Il piccolo è stato partorito dalla madre in questo pratuzzo nel bosco sottocasa, nel punto più pericoloso del creato.
E’ proprio lì infatti che, da quasi un anno, nutro la volpe, scaravantando i tocchi di carne smarza fuor dalla finestra a sera, perchè lei li sbrani nella notte.

Quattorno, a 1.200 msldm, in questo strano Villaggio ben poco abitato nel fitto della foresta prevaiana (si era prima di Vaia), circondato dai fusti e dagli animali, cervi, caprioli, camorz, volpe e pocodistante lupo, e il gevero, scoiattoli, falco pojana e due aquile. 

Anche quella cerva gravida la conoscevo da un pezzo, incrociava qua abitualmente, salute, come stai? E via trenta mele. 

Che diamine le è successo quindi?
Mica è scema, la madre, grande istinto, sa sempre cosa fare, come allevare e proteggere. 
Bene, qui la risposta non c’è, manca.

Forse primipara e lo sbarazzo del fardello, può essere. Forse due fratelli e lo sbarazzo del men forte, chissà. Forse ha deciso di lasciarmelo: ho un profilo ungulato. 

IMG_0442Coi forse ci fai nulla però, nemmeno adesso. Mentre invece qualcosa andava fatto lì, e subito. 

In poche ore quindi, quel mattino, decido tutto e quel che farò.
Diciamo che la questione personale emotiva, se non viene esclusa (non è possibile), vien messa subito da parte, tra parentesi, tra le cose private.
Le necessità sono di ordine pratico e funzionale. 
E io voglio intavolare pubblicamente su questa questione: ha il cucciolo un diritto alla vita, oppure no?
La risposta non è affatto scontata.  
Per alcune ore, prendo informazioni. 
È comune ch’io, pur isolato e selvatico, passi ore al telefono, ogni giorno, a parlar con gente. Ho un progetto vasto, Dolomiti Contemporanee, che ad ogni istante instaura relazioni. 

Quella mattina, invece di chiamare artisti, paesaggisti, sindaci, e così via: chiamo esclusivamente gente che può dirmi e spiegarmi qualcosa sul cervo: poliziotti provinciali; forestali; veterinari; cacciatori e bracconieri. 

Capisco parecchie cose e in fretta, bisogna esser lesti, lui frigna sempre, anzi ora urla, lo sentiranno, lo vedranno.
Capisco subito che, se hai da fare con un (altro) selvatico, non dovrai fidarti troppo della gente.
Tutti quassù sanno o ritengono di sapere cosa sia un cervo.
Già in quelle prime ore, mi si dicono un sacco di sciocchezze accozzate. 
Una Montagna di Pressappoco. 

Lo vedono da sempre qua, il cervo. Lo cacciano, lo sognano, lo mangiano e così via. 
Mica tutti fan le cose per bene però.
C’è ad esempio chi lo braccona, anche dentro al Villaggio. Scriteriati e fuorilegge, impareranno a loro spese a tener distanza da noi qui. 

IMG_0049Ah, n’altra cosa: io non sono affatto vegano.
Mangio cervo, quando voglio. 
E però, così decido in quel momento, questo cervo qui non lo mangerà nessun umano. 
Non perché sia mio.
Non è mio, né di nessun altro.
Io intervengo come curatore.
C’è un problema, il piccolo crepa. 
Decido che deve poter vivere, almeno iniziarla, una vita. 
Decido che bisogna scegliere tra la certezza della morte e la possibilità della vita: e non ho dubbi. 
Decido che lo aiuterò a trovare la strada.
Decido che lo prenderò, lo svezzerò, cercherò di mantenerlo selvatico, per provar poi a reinserirlo in ambiente.
Non diventerà mai un cervo domesticato, di pezza, svuotato dell’istinto.
Decido che lo curerò, lo pulirò, e gli darò affetto: è un mammifero, ne ha bisogno.
Decido che forse è possibile, anche se molto difficile, far questo: ragionare sull’idea di un imprinting parziale. 
Lorenz ha fatto qualcosa di simile con un’oca. 
Ma un cervo non è un’oca.
Voglio ‘levarlo – e devo capir come si fa. 
Voglio impedirgli di vedere altri uomini all’infuori di me.
In questo modo, non si crederà mai d’esser uno di loro, e non diverrà pericoloso: riterrà solo d’aver na madre strana.
O sarò un padre?

In realtà la questione non si pone: un buon curatore ha cuore (al suo posto) e testa (sguainata): mica un sesso da esibire (non siamo infantili). 

Alcuni, turbati dalla pratica d’ignoto avviata da uno strano tipo poco inquadrabile forestiero (sto nella foresta; non rispetto posizioni e disciplina: quali?), cominciano subito a criticarmi: ma non t’immischiare, chi te lo fa fare, cervi qua alla Montagna anche troppi, lascia che la naura faccia il suo corso.

Queste fregnacce mi dicono, ‘sti indifferenti, stracchi, rossi, irresponsabili. 

Rispondo a tono: il piccolo urla e si scopre. Non c’è Natura qui, c’è un problema.
Faccio un esempio leggero: se tu hai un tumore al pancreas, che fai? Aspetti che la natura faccia il suo corso, o ti curi?

Pensare, prima di parlare. 

Decido dunque subito di curarlo, e mai in seguito nutrirò dubbi su questa scelta, così veloce, così chiara.

Nonostante le enormi difficoltà che mi si presentano già, le difficoltà del compito, diciamo. 

IMG_0967Anzi, la difficoltà contribuisce ad irrobustire la mia decisione, che è anche una critica allo spirito di sufficienza di una comunità che si considera ancestralmente in diritto e sapienza nel trattare la cosa e la bestia: al punto tale da non pensarle più, le cose, le bestie.

So che son l’unico qui in grado di pensare a questa creatura in termini ontologici e morali.
Io vivo qui, lavoro qui, e mi occupo di “curare la Montagna”. 
E che posso contribuire a riflettere su di essa in modo non scontato, banale, turistico, approssimativo. 
Sono intrinseco a questo ambiente, che osservo bene.
E mi occupo precisamente di questo, attraverso la rigenerazione: ritrovar vita a ciò che muore.
In tal senso, la rigenerazione, l’archeologia industriale, il cervo: è lo stesso. 
Non accettiamo noi, in DC, le sentenze di morte e le tumulazioni premature.
Ci occupiamo di rivitalizzare siti cadaverizzati o problematici.
E allora: come disinteressarsi di questa vicenda, una vicenda di vita o di morte?
Io mica faccio il curatore per coltivare il mio curriculum, come molti che conosco e disprezzo. 
Io voglio pensare e far bene nella Terra Dentro al CIelo, per cui mai ignoro quel che accade nel mio ambiente.
E poi voglio agire sul Paesaggio, che non fluisce automaticamente, naturalmente, abbiam detto in premessa. E ogni Paesaggio è innanzitutto, al principio, il paesaggio interiore di chi traguarda quello esteriore, entrandovi, entrandolo. 

IMG_9343Bene, da qui, questa faccenda si è sviluppata, la storia con Cristopher.
Non si può contarla tutta ora, troppe robe da dire.
Sto scrivendo sto libro, prima o poi lo pubblico: “Cristopher, a way of curating”.
Mille pagine o giù di lì.  

Alcuni temi e spigolature. 
La curatela etologica sperimentale.  
La prima settimana, ho imparato a nutrirlo.
Le informazioni più accurate? Le ho trovate a Otago, in Nuova Zelanda, e da Lino, a Vinigo.
L’ho difeso dai curiosi, dai cacciatori e dai bracconieri cani, dagli uomini cupidi d’avventure emotive animali, nella Parvenza-Montagna, in quell’Irresponsabile Incanto di chi le sta fuori. 
Ho brucato nudo nel bosco a quattro, per insegnargli la ruminazione latero-laterale. 
Ho distribuito testate a chi era risentito o rabbiato, per questa mia azione arbitraria e imprevista, che contrastava con i regolamenti, talune leggi, molte consuetudini acritiche.
Ho cambiato stile di vita, abiti e abitudini, le mia giornate. 
Ho corso con lui alle pendici dell’Antelao, per sottrarlo agli uomini. 
L’ho tenuto in casa, il suo primo mese, per sottrarlo al predatore.
Gli ho insegnato a riconoscere i predatori. 
L’ho sempre tenuto fuori e libero, dopo il primo mese: che se la giocasse col predatore.
Ho litigato con lo Stato, con i vecchi grulli che pensano di poter cacciare ogni cosa in ogni luogo, con le amiche egoiste, cupide d’amor tenerezza, che volevano carezzarlo. 

Se volevi il suo bene, stavi alla larga, così mi aiutavi. 

Altrimenti, Testate. 

Ah, il nome: perchè Cristopher?

Quando, al terzo giorno, finalmente io e Paola riusciamo a dargli il primo bibo di Latte Più (non capiva come prenderlo), ecco il gran trangugio. Giù tutto in un attimo. A quel punto, lo chiamo Dracula. Come ho scritto altrove: “…sugge l’insugghiabile…”. E’, evidentemente, un vampiro. Sai com’è, io di notte guardo i filmi Horror della Hammer. Ma insomma, quel nome non gli era dolce, però, al piccolo che voleva vivere e non morire. Poi, quella sera, quando rientro nel bivacco-casa, scopro che abbiamo avuto un lutto in famiglia: se n’è andato Cristopher Lee. Ecco cos’è successo. Ecco da dove è venuta quella voracità. Una staffetta. La reincarnazione del vampiro. Cristopher.  

Ora ci vorrebbero le mille pagine, appunto. 

Invece, tocca contentarsi di questa sintesi, per ora. 

IMG_1232Come è finita?

Ma non si trattava di finir qualcosa, e invece di inziarla, questa cosa: la vita. 

L’ho tenuto selvatico abbastanza, nonostante gli scetticismi di molti sapienti o mezzi sapienti o per nulla sapienti, alcuni pur gelosetti (ho rotto le gerarchie; ho invaso un territorio di caccia) che volevano spiegare senza sapere, mentre io provavo bene ed a ragione, senza pretender di sapere troppo, ma usando la testa (e le Testate). 

Poi, dopo mille acrobazie, peripezie, litigi, bestemmie; e dopo aver studiato molti luoghi possibili, che potessero accoglierlo: l’ho spostato lontano, via da Borca.

Doveva andar via da me, per stare coi suoi simili (anche noi due siamo simili, ma io non l’ho mai voluto addomesticare, sto cervo. Si trattava di traghettarlo). 

L’ho cacciato (!) in un gran branco di cervi liberi, quasi duecento. 
Prima l’han rifiutato: era ancora un po’ strano. 
Poi, ma qua sarebbe lunga da dir nei dettagli: l’han preso.
E quindi?
E quindi ho raggiunto l’obiettivo, ecco cosa. 

Quel primo giorno, mentre mi interrogavo, mi accingevo, decidevo, mi ero detto: hai il 2, 3% di probabilità di farcela. 

Beh, non è mica poco. Se mi impegno, posso riuscire – mi son risposto. 

In fin dei conti, anzi, all’inizio di tutto, quando, qualche anno fa, ho deciso di lanciare Dolomiti Contemporanee, un dispositivo che combatte la Stupidità della (nella) Montagna, moltissimi eran gli scettici.

Avevo circa il 3% di possibilità di farcela, stimai allora.
E ce l’abbiamo fatta. 
Noi siamo il cimento.
Siamo la ricerca, la sperimentazione. 
Siamo l’amore per le cose buone e pure, e per quelle complesse e difficili. 
Non è facile, la Montagna, e molti si dan da fare per ridicolizzarla. Libri pessimi, arte pessima, retorica della natura, gestione pessima della risorsa, turismo di branco, formazione di consepevolezza: questa inopportuna pedanteria. 

Questi vogliono un semplice cervo al tagliere, mica l’Alpinismo Culturale, o la Cura Ungulata, robe faticose complesse.

DSC01653E quindi, cos’abbiano con ciò detto?
E’ una metafora dell’idea di Cura responsabile, di attenzione alle caratteristiche e verità di territorio e Paesaggio, questa? O una parabola edificante sul rapporto tra uomo e animale? O l’ennesima imbandigione dello stramaledetto Bamby? Dai, che per fortuna quello l’avevan già fatto fuori i Pistols nel ’78. E però, come si diceva appunto, siamo anche dentro a “The Great Mountain Swindle”. E’ il tentativo, da parte nostra e della ragion critica applicata, di esorcizzarla, la banalità della Montagna di Polenta. 

Non so se hai capito. 

Per chiudere.

Noi non mangiamo Cristopher. 
Noi abbiamo fame di buoni alimenti liberi.
L’unico edibile corroborante, a catena realmente ramificata, è la Cultura. 
Ma attenzione, perchè noi con Cultura intendiamo: una mannaia affilata, per fare bene le selezione dei tagli. 
Stiamo in pace nel cimento dell’encefalo. 

Cristopher è nato due volte.

Perchè qualcuno ha scelto qualcosa, e non è stato il Dio del Cernunnos. 

Simili

*Lo Spazio viene qui inteso come una determinazione puntuale (ad ogni dato momento dobbiamo pur trovarci in un punto) del Senso reale globale, ovvero come specificazione e declinazione particolare di un ente fisico percepito. Questo Spazio non corrisponde ad un dato univoco, perchè intuìto e compreso: è realtà metabolizzata dal Pensiero Vivo). 

Spazio deve coincidere con Senso. Dare Senso allo Spazio, che spesso l’ha perduto (la rigenerazione urbana, o alpina. La carenza dei buoni ragionamenti).
Spazio è uguale a Senso solamente nei casi in cui, attraverso un’azione critica reattiva e deliberata e determinata, questa doppia S, che non esiste in natura, viene finalmente prodotta. Si tratta di “fare Paesaggio”, per dirla in modo un tantin noiosetto quasicoronato, senza pretendere che esso Paesaggio sia stato “già fatto”, ovvero predeterminato, da parte di qualcosa o qualcuno chissàpoichi (Natura o Destino o Dio che si voglia). E’ la qualità nella ricerca dell’Esserci, a determinare la qualità ed il valore dei Paesaggi dell’uomo, ovvero degli Spazi che recuperano il proprio Senso sputtanato perché vengono posti ancora e di nuovo, accesi, al centro di un meccanismo determinante della riflorazione dell’ente attraverso il dispiegamento dello Spirito (che sovente viene invece lasciato dagli Uomini Pigri al suo banalissimo destino automatico, senza venir fatto e rifatto di continuo, che è quel che serve, in una prospettiva organica che non coincide con la storia atomica – notomizzata meccanizzata). Lo Spirito è dunque necessario alla vita degli enti. Senza di esso, gli enti non sono che povere cose o datità oggettive isolate e disarticolate dalla continuità dello Spazio, ovvero Porzioni Levate di Realtà Atrofizzata. Lo Spirito è la costruttività concentrata intelligente, l’inverso di un’inerzia automatica (e tre). E’ buona architettura senza essere Casa (nel tepore confortante della Casa in filosofo perde la vibrazione della corsa tesa; il filosofo è privo di casa – sta nella trincea d’intelletto – a meno che non preferisca andare a Caccirsi in televisione, poreto). 
L’intelligenza, insieme all’intuizione e al rifiuto categorico della regola data conculcata, è una delle risorse della Sensibilità, ovvero dello Spirito dell’Uomo Diritto – dell’uomo che sta in piedi e fermo, come Montagna Pensante – Montagna non perché si ritenga grande si sopravvaluti -ma nemmeno occorre sentirsi piccoli al cospetto di ciò che si riesce a pensare: una dignità, nell’Esserci, perbacco- ma perché è Salda nel Vento – e c’è sempre molto vento.
Ma insomma, non sarà questa ancora e anche: una rideclinazione dello slancio dell’Evoluzione Creatrice? Lo vedremo ora, ma possiamo già rassicurarvi: non viviamo nell’ombra di nessun pensiero, e nemmeno di Bergson. I nostri cimenti si dicon: Cantieri, non geografie agiografiche rimasticate. E così li si pratica sissignore, cotanti cimenti, nella chirurgica pratica cotidiana dello Spirito-d’Amore-Coltello.

Gianluca D’Incà Levis

 

SUGGESTIONI PER IL GIORNO TRENTUNO:

* L’alpinismo culturale di Dolomiti Contemporanee, Gianluca D’Incà Levis in Moreness 01 – Above the Tree Line

* Video di Christopher Deer qui

  

Immagine di copertina: estratto di Moreness 02 – On Trees and Woods
Foto: Gianluca D’Incà Levis

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