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December 27, 2020

Moreness in December. Giorno ventisette:
un altro bosco

Anna Pierini
Ora che la montagna è sulla bocca di tutti, noi vorremmo riportarla semplicemente negli occhi e nei pensieri, collezionando osservazioni, riflessioni, appunti, annotazioni, che lei stessa ci ha ispirato. Partendo dai contenuti di Moreness, ma non solo, il nostro "more than Advent Calendar" arriva fino al 31 dicembre, e non è dunque né pre-natalizio né celebrativo, ma piuttosto un compendio corale di 30 brevi lettere d'amore per le nostre Dolomiti.

“In every walk with nature one receives far more than he seeks.”

John Muir, Steep Trails (1918)

Per me, nata e cresciuta in una grande città, la montagna è qualcosa di lontano, un luogo complesso, di difficile decifrazione. Il suo essere così estraneo alla mia quotidianità ha contribuito non poco a circondarlo di un’aura esotica e suggestiva che mantiene ancora oggi nonostante mi sia trasferita a Vipitenoda diversi anni.

Non sono una grande alpinista, non amo la solitudine, non sfido le montagne e non sono alla ricerca della verticalità, ma c’è una cosa della montagna che mi affascina e che mi spinge a frequentarla: il bosco e i suoi abitanti più maestosi, gli alberi. Non fraintendetemi, la natura in città esiste e resiste, ma camminare per qualche ora nelle belle vallette solitarie dell’Alta Valle Isarco, poco conosciute e frequentate, è tutta un’altra storia.

Difficile dire da quali e quanti contributi sia nato questo interesse ma suppongo che un grande ruolo l’abbia giocato la lettura del Signore degli Anelli di Tolkien e, in particolare, del capitolo sugli Ent. Ero bambina e l’idea di antichi e saggi alberi parlanti mi ha decisamente e irrimediabilmente condizionata. Aggiungeteci poi due genitori appassionati di botanica che ti istruiscono, ed ecco che ti ritrovi a camminare tra i boschi e a immaginare Barbalbero in ogni vecchia pianta sulla quale lo si posa sguardo. 

Come spesso accade, ne sono fermamente convinta, la sensibilità di artisti e scrittori è capace di anticipare la scienza. Ed ecco che oggi non è più tanto fantasy l’idea che le piante comunichino: wood wide web, vita sociale delle piante e neurobiologia vegetale sono argomenti attuali di discussione e ricerca scientifica.

Il bosco è diventato quindi anche uno spazio dell’intelligenza. Un’intelligenza condivisa che si esprime su tempi così lunghi che ci risultano estranei. Una consapevolezza e una coscienza plasmate in milioni di anni. Una modalità di affrontare la vita così “altra” rispetto alla nostra da non riuscire a coglierla se non con una certa applicazione. Una sensibilità così evoluta che la maggior parte delle persone non intuisce nemmeno.

Gli alberi si distinguono per forma, portamento, dimensioni, colori e niente, ma proprio niente, in questo ambiente è lasciato al caso. Ogni movimento, colore, profumo, è in realtà un raffinato messaggio, diretto a piante, funghi o animali. Un sofisticato esempio di convivenza, non per forza pacifica, di tante diverse personalità.

Per chi subisce il fascino delle piante quanto me, vedere quotidianamente boschi di abeti e larici è un’esperienza profonda. Certo non si tratta di foreste primigenie, non c’è la varietà di specie che si trova a quote più basse e non è paragonabile alla pura wilderness,ma non importa, è pur sempre una magnifica società da osservare, una miriade di informazioni che cerco di intercettare, non con la scarsità delle mie nozioni di fisiologia vegetale, ma con gli strumenti della fantasia.

Ecco che il bosco diventa anche luogo dell’immaginazione: basta guardarli gli alberi, come ci dice quel genio di Bruno Munari, e ci raccontano del vento, del sole, della neve. Basta guardarli gli alberi per assumere un punto di vista diverso. È divertente attribuire loro indole e carattere, pregi e difetti e renderli un po’ umani. È curioso vedere nelle loro ramificazioni delle utopiche architetture da poter abitare. È stimolante piantare una ghianda e immaginare la potenza di una quercia scatenarsi. È bizzarro scegliere di vestirsi con i colori intonati alla stagione. È strano considerare le piante un elemento di arredo.

Mentre scrivo mi viene in mente la battuta di Nanni Moretti in Bianca che, frustrato dallo stato rinsecchito di una pianta, le chiede: “Hai troppo sole, poco sole, cos’è che vuoi?… Più acqua, meno acqua?… Perché non parli?!… Rispondi!”. A quante domande, in effetti, vorrei mi rispondessero gli abeti delle mie montagne…
 

SUGGESTIONI PER IL GIORNO VENTISETTE:

*Disegnare un albero, Bruno Munari

*Il segreto del bosco vecchio, Dino Buzzati

*La nazione delle piante, Stefano Mancuso

*Tutta un’altra storia, Mali Weil in Moreness 02 – On Trees and Woods

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