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December 15, 2020

Corpo a corpo con la poesia #01: matrioska

Francesca Fattinger

Io sono sempre stato io.
Prima di essere me, non ero dentro me.
Ero altrove,
Altrove è tutto tranne me.
Solo poi, sono diventato veramente io. Ho scoperto un paese.
La sua capitale è il mio cuore. I suoi alberi sono i miei sogni.
Questo paese si trova dentro me.

Alex Cocteau e Kitty Crowter, Dentro me, Topipittori

Scrick, scrock, scrick, scrock. Mi smonto pezzo per pezzo. Scrick, scrock, scrick, scrock. Sono una matrioska. Già, siamo un po’ tutte matrioske, scrick, scrock, mostriamo raramente anche a noi stesse la mini bambolina racchiusa sotto strati e strati di noi. Da quando pratico la poesia ho capito che forse è per questo che non riesco a fare a meno di scriverla, leggerla e trovarla ovunque attorno a me, perché come spiegano le parole di Silvia Vecchini, poetessa finissima: “la poesia è molto esigente. Non le piace stare in superficie, dire cose banali. (…) Conoscere se stessi è un gran viaggio e la poesia può essere un’ottima bussola per orientarsi: ci suggerisce come riconoscere ciò che sentiamo e ci aiuta a capire meglio quello che possono sentire gli altri.” La poesia non ama il bla bla bla fine a sé stesso, né lo small talk, insomma, è come un uncino, se attaccata al filo giusto può scendere laggiù nel nostro buio e andare a tirar su qualcosa di noi. Poi sta a noi decidere se e come dargli voce, suono, parole e respiro. Può farci risalire dalle paludi dello sconforto o farci volteggiare in danze vorticose e coloratissime. In conclusione ci mette in mano e negli occhi una grande responsabilità. 

La matrioska, come avrete capito, è il primo oggetto che ho trovato nella mia caccia al tesoro casalinga sulla “poesia è”. La poesia è introspezione, affidarsi agli strumenti del silenzio e della parola, per smontarsi e ricomporsi da capo, ancora e ancora, a volontà. Devo ammettere che ero proprio indecisa al momento della mia prima scelta. In una mano avevo la mia matrioska, un regalo che viene da lontano, e dall’altra una maleodorante cipolla tagliata a metà. Chiudete gli occhi su, siate coraggiose, immergetevi totalmente nel suo odore ingombrante. Ancora adesso lo sento nel naso se ripenso alla mia scelta e la riconsidero ancora, perché Wisława Szymborska ha scritto un testo da brividi proprio sulla cipolla. Una poesia in cui la esplora cerchio per cerchio, quasi fossero gironi di un inferno, del nostro inferno. Sì perché la cipolla non è altro che uno specchio deformante di quello a cui da sempre anela l’essere umano: l’”idiozia della perfezione”.

La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.

Già coerente lei, perfetta lei, “cipolluta” in ogni suo centimetro, noi invece “grasso, nervi, vene, muchi e secrezione”, noi carne e paure, carne e luce, carne e angosce, carne e sogni, carne e umanità.

E adesso è arrivato finalmente il momento in cui vi posso nominare un albo illustrato a cui tengo tantissimo, uno di quei libri che va regalato alle persone a cui volete davvero bene, perché è la testimonianza di un viaggio pauroso quanto necessario. Questo libro è nato da una rappresentazione del figlio dell’autore di come si vedeva fatto dentro e, come leggete nella citazione iniziale dell’articolo, descrive un percorso audace e spericolato, “un’avventura estrema paragonabile a quella dello speleologo che si cala in un buco profondo della terra per vedere cosa c’è sotto, cosa c’è dentro”. Il problema dopo è riuscire a uscire! Il protagonista intraprende il suo viaggio, ma non è solo. C’è un orco con le labbra blu, maestoso e anche un po’ pauroso. E cosa, davvero straordinaria e paurosissima insieme, proprio uguale a lui. Succede davvero tanto tra le illustrazioni di Kitty Cowther e le parole di Alex Cocteau; vi invito a perlustrarle con occhio attento, perché toccano temi universali e così umani: la paura, il vuoto, la solitudine, il bisogno di accettazione, la richiesta di verità, la gioia, la morte, la fine e l’inizio, i sogni e tanto altro. Tutto questo per arrivare a un’ultima frase potentissima: “Dentro me, sono io che decido”. Il segreto a cui il protagonista arriva dopo la sua lotta serratissima con l’orco e che gli viene svelato da una nuvola trasformatasi in arcobaleno e parole di tutti i colori, è proprio questo: dentro noi, siamo noi i padroni.

Adesso che avete pieni gli occhi della mente di queste immagini potenti, ecco che arriva la proposta di attività giusta giusta per voi. Allora, prima di tutto, recuperate un foglio A4. Poi piegatelo a metà. Premete l’unghia del pollice sulla piega per renderla ben visibile. Ora riapritelo. Scriverete nella colonna a sinistra partendo dal fondo: ogni riga comincerà a sinistra e finirà a destra là dove la pagina si divide a metà. La scrittura andrà dal basso verso l’alto, come una scala con intrecci di parole come scalini. Nella prima riga in fondo al foglio scrivete: “Dentro me c’è un paesaggio…”. Cercate di mettervi comodi o scomodi, dipende cosa vi permette di far fluire meglio le parole, siamo tutte diverse e niente é giusto o sbagliato! Ma vi consiglio di limitare lo spazio alla pagina che avete, magari anche alla sola colonna sinistra, e di darvi una limitazione di tempo segnalata da un bel timer impostato a un massimo di cinque minuti. Sembrano le istruzioni della ricetta ricetta di una torta, ma in effetti i limiti e le regole in poesia (come forse anche nella vita?) ci rendono molto più libere e creative!

Avviate il timer e scrivete senza fermarvi mai, se non vi vengono parole o pensieri, ripetete quelli che avete già scritto o scrivete le parole che d’istinto vi vengono in mente, niente paura, l’importante è non fermarsi mai, mai, proprio mai!
Lasciate riposare le vostre parole per uno o due giorni e poi riprendetele in mano, rileggetele, potete ora dividerle in versi, visto che avete scritto un flusso di scrittura continua, e lasciare che si sprigionino i ritmi cancellando le parole superflue o ripetendo quelle più potenti e importanti per voi e per il testo. 

Forse scoprirete qualcosa di cui parleremo più approfonditamente nel prossimo articolo, cioè che lo spazio di scrittura ha in qualche modo influenzato la vostra scrittura; provate ad esempio a disegnare un quadrato piccolo, medio e grande, un cerchio e un triangolo e riempiteli di scrittura, che cosa succede al senso delle vostre parole, ne è influenzato?

Lo scorso appuntamento mi sono arrivati alcuni messaggi così belli sull’attività di scrittura proposta che ho deciso di rendere permanente questa possibilità: se avete voglia di condividere qualcosa con me, e sapete che mi rendete sempre profondamente felice, scrivetemi a fattinger@franzmagazine.com.

 

***

Alex Cocteau e Kitty Crowter, Dentro me, Topipittori, Milano, 2008
Silvia Vecchini, Una frescura al centro del petto. L’albo illustrato nella crescita e nella vita interiore dei bambini, Milano, 2019
Silvia Vecchini, Queste mie parole, quaderno di poesia, Pearson, I pinguini, 2020
Wisława Szymborska, La cipolla, dal sito: https://www.poesiedautore.it/wislawa-szymborska/la-cipolla

Foto e grafica di Angela Onorati

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