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December 11, 2020

Il gioco e l’assurdo di Willy Verginer allo Studio d’Arte Raffaelli di Trento

Francesca Fattinger

“Voglio che chi guarda i miei lavori sia libero e guardi con la propria testa dando spazio alle proprie visioni. […] Io ho un lavoro narrativo, ma uso una narrazione vaga non esplicita. La mia narrazione dà a ognuno la possibilità di ascoltare e intravedere un’altra storia”.
Willy Verginer 

Tazza con tè caldo alla mano e concedetevi venti minuti di magia. Così è successo a me poco fa, guardando il video documentario in cui l’artista Willi Verginer racconta il dietro le quinte della mostra “Rayuela”, che sarà ospitata fino al 28 febbraio nei meravigliosi spazi dello Studio d’Arte Raffaelli di Trento.

In questa giornata decisamente uggiosa e umida, ho sentito chiara la voce sinuosa, sensuale e calda del legno, così vivo e disarmante nelle opere di Willy Verginer. Mi piace usare il termine “disarmante” perché guardando le sue opere mi sembra che la tipica necessità umana di trovare un perché a tutto ciò che ci viene incontro non possa che lasciar cadere le armi e senza scudi lasciarsi toccare. 

01-Rayuela_installation-view_ph-Egon-Dejori_Courtesy-Studio-d'Arte-Raffaelli
Più le guardo e più il mio occhio ha fame di vedere di più e non vede l’ora di poterle vedere dal vivo. Le guardo e sono in viaggio, qualche passo e mi sento bloccata, congelata come le sue statue, in un racconto onirico, persa nel mio subconscio, dove pezzi di sogni e di realtà si mischiano e non so più distinguere dove comincia la realtà e dove finisce il sogno: mi sveglio così e non so più cosa ho vissuto realmente e cosa ho immaginato. Perché poi forse ha ragione Willy Verginer, che prende ispirazione dalle situazioni assurde della realtà, incontrate in un viaggio in autostrada o intrappolate nelle pagine di un libro, che l’assurdo è più reale di quanto vogliamo raccontarci.

Willy-Verginer_Chimica-del-pensiero_2019_Lindenwood, acryl color_174x46x47cm-ph-Egon-Dejori-Courtesy-Studio-d'Arte-Raffaelli

E lo sentirei anche se non me l’avesse raccontato la sua voce che il suo approccio al legno affonda in uno studio e una pratica lunga decenni, che si radica in una tradizionale artigiana secolare, diffusa in Val Gardena fin dal XVI secolo. Ma come racconta Gabriele Lorenzoni, nel catalogo della mostra, edito da Vanilla Edizioni, e che contiene anche testi di Luca Beatrice, Roberto Festi, e un’intervista all’artista: “Verginer non si limita però alla sapienza tecnica e formale, ma si colloca nel ristretto novero dei protagonisti del rinnovamento dell’intaglio ligneo, che nel corso dell’ultimo quarto del XX secolo (con la straordinaria eccezione dell’anticipo di Adolf Vallazza) ha saputo elevare questa pratica artigiana a dignità artistica (…) una narrazione che ha come coordinate fondamentali da un lato la sensibilità dell’artista e dall’altro l’analisi di aspetti sociali, culturali, politici o naturalistici del mondo contemporaneo.”

Il titolo della mostra “Rayuela” viene dall’omonimo libro cult di Julio Cortàzar, pubblicato nel 1963, il romanzo più famoso dello scrittore argentino, un libro strano, che vuole rompere con la tradizione, pieno di diversi punti di vista e leggibile in ogni senso, dalla prima all’ultima pagina, dall’ultima pagina alla prima o con totale libertà di scelta della sequenza dei capitoli da parte del lettore. Il nome fa riferimento al “gioco della campana” o al “gioco del mondo”. Sono sicura che chiunque stia leggendo ha giocato almeno una volta a questo gioco, e se invece la risposta è no, rimediate! Non serve molto, basta un gesso con cui disegnare a terra un tracciato di caselle: nella versione spagnola, quella che ha affascinato Willy Verginer, la prima casella si chiama “terra” mentre la nona e ultima è il “cielo”: “una metafora della vita, con salti e ostacoli, ognuno nel suo vuol raggiungere una specie di cielo”.

Willy-Verginer_Il-gioco-infinito_2020_legno-di-tiglio, colore acrilico_132x41x50cm_ph-Egon-Dejori_Courtesy-Studio-d'Arte-Raffaelli

Se l’artista ha la testa nel legno e pensa subito in questi termini, la pittura è per lui fondamentale perché dà alle opere un effetto straniante e alienante, creando domande aperte per chi osserva le sue opere. Ma in questi ultimi lavori entra ancora più in campo la tematica del gioco nel suo lato rappresentativo assurdo e poetico. Non è un colore usato in termini naturalistici; anzi, con i suoi colori acrilici artificiali, l’artista sottolinea la natura concettuale e poetica delle sue opere, non offrendo scorciatoie alla nostra sete di senso.

Rayuela-installation-view-ph-Egon-Dejori-06-web

Resta anche in quest’ultima serie di lavori, come sottolineato da Gabriele Lorenzoni, un “impegno e consapevolezza ecologista. È, quella di Verginer, una missione comunicativa che consiste nel dare il più ampio risalto possibile, attraverso i suoi lavori, al grido di dolore del pianeta, che sta rapidamente soffocando nei rifiuti e negli agenti inquinanti.” È la sua un’arte che vuole parlare a tutti e tutte, per questo c’è anche il suo autoritratto nelle sue opere, si rappresenta quando ha bisogno di “una persona generica con cravatta e camicia”, diventando anche specchio di tutti noi.

Vi ricordo infine che in occasione della personale di Willy Verginer “Rayuela”, Studio d’Arte Raffaelli e Cellar Contemporary hanno svelato in anteprima “Il gioco infinito”, una doppia limited edition in ceramica ispirata all’omonima opera dell’artista gardenese, espressione dell’incontro con una nuova materia.

Foto Egon Dejori, courtesy Studio d’Arte Raffaelli

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