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December 7, 2020

L’utilità dell’inutile_07: ogni peso è leggero, se portato con sapienza

Michil Costa

Ce ne eravamo dimenticati, la vita è fragile. E il mondo è pesante. Ha gioco facile il mondo che schiaccia fragili vite. Ma il mondo stesso, data la sua inestricabile complessità non solo è pesante, ma anch’esso è molto fragile. La crescita della potenza del mondo va di pari passo con la nostra fragilità. È pericoloso ricordare all’uomo che è un animale senza dimostrargli la sua flessibilità, la sua capacità di adeguarsi. E adeguarsi significa trasformarsi, non solo riformarsi. Ed è pericoloso ricordargli di avere sconfitto i mammuth senza ricordargli che ha un corpicino esile. È Pascal che ce lo ricorda: “Perché che cos’è infine l’uomo nella natura? Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla, a metà tra niente e tutto, infinitamente lontano dal comprendere gli estremi”. 

La situazione che ci sta capitando non è che la conseguenza della presenza contemporanea di diversi elementi, più o meno pesanti che non combaciano, e che avevamo sottovalutato. Un “sistema di sistemi”, in cui ogni singolo sistema non va d’accordo ma al contempo condiziona gli altri e ne è condizionato. Il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo, così lo definiva Carlo Emilio Gadda. Una serie infinta di connessioni tra fatti, persone e cose. Un mix esplosivo causato da elementi che sono barbari l’uno per l’altro, cioè che non comprendono l’altrui lingua. Un tale intreccio di situazioni estreme che un solo virus può scatenare l’inferno. E ora ce ne rendiamo conto: siamo più fragili di quel che pensavamo. 

Il problema attuale non è il covid, è la forza muscolare. Le dittature a Hong Kong sopprimono la libertà, il profitto ha più considerazione della libertà, le multinazionali si mangiano i piccoli artigiani, la produzione di massa sfruttando a destra e manca costa meno ottiene e la fiducia dei mercati, l’ignoranza ha più visibilità della saggezza, e Instagram sopprime il silenzio. E mentre il 9% della popolazione del mondo soffre la fame (in aumento per il terzo anno di fila), il prossimo virus sarà informatico, e i grandi player del mondo lo gestiranno a loro favore. E come uscirne da questo circolo dantesco?

La mancanza di armonia in un mondo così complesso e ramificato può essere pericolosissima per la stessa sopravvivenza del genere umano. Ne usciremo togliendo peso a chi troppo ha, a chi troppo decide, a chi troppo comanda. Togliere peso significa avere la consapevolezza che non esistono verità assolute nell’economia, e nemmeno nella scienza. Significa capire che non si può dividere, il potente e il debole, da ciò che è indivisibile, ma significa anche che non si può dividere la globalizzazione dalla pandemia. La produzione intensiva ha generato una interdipendenza monca di solidarietà, ha diviso i territori dalle comunità. Inutile ai fini utilitaristici di un vorace e onnipresente mercato, dobbiamo dare importanza alla così inutile leggerezza. Seneca diceva che “non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili”. Se è complicato togliere peso ai dittatori, è più facile pensare alla leggerezza come valore in sé. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole: vola coi sandali alati e sposta il suo sguardo su ciò che può svelarglisi solo in una visione indiretta, l’immagine fermata da uno specchio. Solo così, osservando il volto della Gorgone sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo riuscirà a non soccombere. L’interpretazione che ora vorremmo dare al mito, lo soffoca: ma senza fretta e con leggerezza meglio lasciarli depositare in noi, fermarsi a meditare, ragionarci sopra senza farci prendere dalla razionalità. Il gesto di Perseo è di rinfrescante gentilezza verso quell’essere mostruoso e tremendo ma anche lui in qualche modo deteriorabile, fragile. Nei momenti in cui il nostro mondo sembra condannato alla pesantezza, dovremmo volare come Perseo in un altro spazio. Non è una fuga nel sogno o nell’utopico. Quel che deve cambiare è l’approccio, cambiare prospettiva. Ci viene in aiuto la letteratura, e ci aiuta Ovidio per il quale la conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo; anche per Ovidio c’è una uguaglianza sostanziale tra tutto ciò che è, contro ogni scala di poteri e di virtù. Tutto può trasformarsi in nuove forme. Esiste una leggerezza della pensosità, così come esiste una leggerezza della futilità; anzi, la leggerezza delle riflessioni può far apparire la futilità come greve, poco chiara.

Possiamo sperare in un mondo più bello quando inizieremo a inchinarci dinnanzi al sole che tramonta, quando faremo volare verso l’altro la nostra gentilezza e quando non voleremo più con compagnie aeree che con pagano le tasse, o quando non voleremo più per niente. Quando doneremo un sorriso: cosa c’è di più leggero? Quando non prenderemo in mano la pistola per reagire a chi cammina con la clava sottobraccio. Quando capiremo che la sopravvivenza delle api è più importante della Nestlé, quando compreremo la prossima rosa per la nostra amata facendo attenzione che provenga da un mercato equo e solidale. Quando avremo capito che non potremo mostrare i muscoli una volta sconfitto questo virus. La leggerezza è moderazione, la leggerezza è capire il senso del limite, non di cos’è l’uomo, ma di cosa sono io. Se divento più leggero, anche il mondo diventerà un po’ meno pesante, e se saremo più leggeri saremo meno fragili e ci capiremo meglio.

Sono un uomo, cioè vengo dall’humus, dalla terra, e sono anche un essere divino. Sono io che devo tenere il filo della mia vita appellandomi al demone, alla sua buona compagnia. La pace con me stesso, l’essere contento di me stesso. E per fare ciò ci vorrà leggerezza, che è fantasia, immaginazione, una creatività di intenti, avere la visione dell’insieme, non guardare per frammenti, esattamente come fecero migliaia di anni fa quei minuscoli esseri sterminando i potenti mammuth.

 

Immagine di Massimiliano Gentile

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