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December 1, 2020

Corpo a corpo con la poesia #0

Francesca Fattinger

In un discorso, a quanto pare, la prima frase è sempre la più difficile. Ebbene, la prima è comunque andata. Ma ho la sensazione che anche le frasi successive – la terza, la sesta, la decima e così via, fino all’ultima parola – saranno altrettanto difficili, perché si suppone che parli di poesia.

Wisława Szymborska, La prima frase è sempre la più difficile 

Devo dire che le parole della Szymborska così forti e precise, come solo lei ha sempre saputo fare, mi aiutano a raccontarvi la mia emozione e la grandissima felicità che provo nel poter dedicare una rubrica alla poesia! Pensate a questa serie di articoli di “corpo a corpo con la poesia” come a un laboratorio di scrittura poetica a tappe, in cui le une accanto alle altre percorreremo tanti piccoli passi o, perché no bracciate, nell’oceano immenso del fare poetico; pensatele come tante piccole parentesi per voi e, solo per voi, per raccogliere poesie con gli occhi, con le mani, con la voce, con la pelle; per concedervi una carezza in un momento così strano come quello che siamo costrette a vivere. Piccoli momenti in cui nuoteremo tra la bellezza delle parole, dei suoni, di poesie raccolte in albi illustrati, corpi in movimento e poesie visuali.

Dal greco ποίησις, poiesis, “poesia” significa “creazione”: creare è agire, e azione è qualcosa di intimamente attivo, produttivo, rappresenta un’energia che trasforma e dà forma a ciò che incontra. Sono ogni giorno più convinta che la poesia sia composta intimamente da movimento, corpo, e sensi, e che ci inviti a una onesta relazione con noi e con gli altri. 

La poesia è dappertutto, anche dove ci sembra non poter esistere. È dotata di vita propria, ha una sua voce, un suo battito, un suo ritmo, una sua faccia espressiva. Vive nello spazio, anzi è essa stessa spazio, ricama trame nello spazio che occupa, vive per e nello spazio e lo stesso vale viceversa: spazio e parole sono amanti, e, come in tutte le relazioni d’amore più belle, a volte sono in armonia a volte sono in dissidio, ma non possono fare a meno l’uno dell’altra. 

Il movimento delle parole è anche il nostro movimento, la postura delle parole e delle singole lettere nello spazio è l’esatto specchio dei gesti che noi immaginiamo: solo immaginandoli con il pensiero è come se li avessimo già fatti, la loro forza risiede in questo. 
Per questo nei prossimi articoli parlerò di poesia dando particolare attenzione a tre delle sue tantissime sfaccettature, con nessuna pretesa di completezza, anzi come invito a una riflessione condivisa. Mi concentrerò sulle componenti di movimento, partendo dal presupposto che già l’osservazione è un grande movimento, di relazione con l’altro da noi, e di percezione (sensoriale). 

A tutte noi capita, soprattutto in questo ultimo periodo, di sentirci sole, forse perché non possiamo vedere le persone a cui vogliamo bene o perché ci sentiamo bloccate in confini sempre più stretti. La poesia ci aiuta a dire ciò che in altre forme non abbiamo il coraggio di esprimere. Scrivere o semplicemente “abitare poeticamente il mondo” può farci percepire quel vuoto che sentiamo dentro o fuori di noi, come una potenzialità, come una spinta per un cambiamento, come una lente per osservare meglio. 

Sembrerebbe che la notte si debba addensare ancora di più affinché possiamo scorgere alcune stelle. Poi, vedremo le stelle, per contrasto. Occorre che il buio si accentui ancora affinché le prime stelle – le prime, questo vuol dire che ce ne saranno altre – appaiano.

È Christian Bobin a scrivere questa frase in un piccolo libro meraviglioso che si intitola proprio “Abitare poeticamente il mondo” (il titolo originale in francese in realtà è “Le Plâtrier siffleur”): è forse possibile che quest’anno sia per noi anche una sorgente di nuove possibilità, che dal nero spuntino le stelle? È sempre Bobin a dare una definizione di poesia che sembra essere stata cucita su misura per me:

Poesia è un atteggiamento, una pratica di relazione con il mondo che consente alle cose, alle persone, agli eventi, di mostrarsi a noi, come se nascessero ogni volta. La poesia può essere in tutto, nella felicità come nel dolore. Se la poesia iniziasse a essere vista come un modus vivendi, come un accadere delle cose stesse, come una vibrazione che abita la vita, forse ci aggireremmo nel mondo con occhi diversi.

L’inizio della mia passeggiata, che ripercorrerò tappa per tappa insieme a voi, è iniziata dal chiedermi: che cos’è la poesia? È proprio da qui che è iniziato tutto: da una domanda, così semplice ma così complessa. Ho fatto come il piccolo Arturo di “Questa è la poesia che guarisce i pesci” di Jean-Pierre Siméon e Olivier Tallec. Il protagonista di quest’albo illustrato è preoccupato, molto molto preoccupato, per il suo piccolo Leòn, il suo pesciolino rosso, che sta morendo di noia. Vuole farlo guarire a tutti i costi e chiede un consiglio alla mamma che gli dice: “regalagli una poesia, svelto!”. Sì, ok, bene, è un consiglio davvero bellissimo, ma Lèon mica lo sa che cos’è una poesia! Così comincia a cercarla dappertutto, nella dispensa tra gli spaghetti, sotto il letto tra la polvere, ma non si vede proprio nessunissima poesia all’orizzonte. Così esce e va a cercare qualcuno che possa aiutarlo. Ne incontra tante di persone e ognuno, chi più sicuro chi più incerto, ha un’idea di cosa sia la poesia. C’è ad esempio il vecchio signor Mahmoud che viene dal deserto e che innaffia i suoi rododendri ogni giorno alle nove che non ha proprio dubbi: “la poesia è quando senti battere il cuore delle pietre”. Oppure c’è la nonnina di Arturo che dopo aver riflettuto a lungo gli dice che la poesia è “quando metti a rovescio il tuo vecchio maglione e sembra come nuovo. La poesia rigira le parole da cima a fondo e hop! Diventa nuovo il mondo”.

Allora come primo esperimento di scrittura (preparatevi perché ad ogni articolo ce ne sarà uno per voi) vi faccio un invito: uscite di casa, interrogate persone, oggetti, animali, sassi, acqua, fiori, case, per scoprire che cos’è per loro la poesia, se non hanno voce dategliela voi, se invece ce l’hanno, perché non chiacchierare con loro tramite messaggi, chiamate e se potete a tu per tu proprio su questo? E se avete anche voi un pesciolino da guarire come Arturo, perché non regalargli una poesia con le risposte che avete raccolto? Sono sicura che farà molto bene a lui o a lei e anche a voi! 

Io la poesia l’ho cercata tra gli oggetti, un po’ come in una caccia al tesoro in casa mia: volevo trovare qualcosa di concreto, da toccare e da mostrare a me e a voi, che descrivesse il mio approccio alla poesia. Ne ho trovati un bel po’ e mi aiuteranno a creare un filo rosso per non perderci nel bosco meraviglioso delle parole poetiche.

 

***

Wisława Szymborska, La prima frase è sempre la più difficile, Terre di Mezzo Editore,  Ascoli Piceno, 2019, trad. it di Sara Crimi
Christian Bobin, Abitare poeticamente il mondo, AnimaMundi Edizioni, Rende, 2019, trad. it di Norina Sottocornola
Jean-Pierre Siméon e Olivier Tallec, Questa è la poesia che guarisce i pesci, Lapis Edizioni,  Città di Castello, 2012, trad. it di Nicola Cinquetti e Paolo Salandini

Foto e grafica di Angela Onorati

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