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October 1, 2020
Racconti AlpiMagici 01_L’autunno di un Krapfenbettler
Stefania Santoni
Che bruma fittissima! E che freddo qui a Pfunders! Menomale che la mia maschera un poco mi protegge da questʼaria gelida, ma al tempo stesso densa di magia. È buffissima, lʼho costruita qualche giorno fa con gli altri ragazzi del villaggio: rovistando nel baule di nonna, sono riuscito a recuperare delle parrucche e un sacco di stoffe colorate. Bianche, rosse, blu…ed eccomi qui, ora, con il mio travestimento impenetrabile: conciato così, nessuno potrà riconoscermi! Perché questa è la notte del nostro carnevale: un carnevale prima del carnevale.
È la vigilia di Ognissanti e come ogni anno tutto il mio paesino è in frenesia: questa notte, i masi di Pfunders si animano per prepararsi ad accogliere il sovrannaturale. Ci siamo da poco lasciati alle spalle il lavoro faticoso dei campi e la stagione della raccolta; è ora arrivato il tempo di fare spazio al rito e al sacro. Perché mentre prima erano gli uomini a cacciare (il cibo), adesso sono gli spiriti a cacciare (gli uomini). Loro bussano alle porte del nostro villaggio e lo fanno attraverso chi, come me, si è trasformato: è finalmente arrivato lʼunico momento dellʼanno in cui il tempo si ferma e si dilata e ogni desiderio diventa possibile.
Questa notte tutto mi è concesso: sono un Krapfenbettler! Sì, hai capito bene: un mendicante di krapfen! Con la mia maschera me ne vado di maso in maso, dallʼimbrunire allʼalba, per chiedere alle massaie e alle giovani fanciulle di deliziare il mio palato con i loro squisitissimi krapfen. Ma non ti far ingannare dal nome: i krapfen che vado elemosinando non hanno nulla a che vedere con quelli di matrice austriaca, tondi e ripieni di marmellata o crema. I nostri krapfen – quelli della Val Pusteria – sono frutto di una tradizione contadina semplice, ma genuina: impastandoli con farina di segale, le contadine del nostro villaggio li preparano con tanta cura e dedizione. E hanno la forma delle chiacchiere, cioè dei grostoli, che non a caso sono il dolce del carnevale per eccellenza!
Non è di certo la gola a smuovere il mio giro di questua: io, come le altre maschere, sono custode unʼantica tradizione. Molti secoli fa, la notte della vigilia di Ognissanti era lʼunico momento in cui ai servi poveri delle campagne era concesso di chiedere lʼelemosina nei masi: questi, per la paura di farsi riconoscere, si coprivano completamente il loro volto perché troppo grande era la vergogna di pregare aiuto e svelare la propria condizione di miseria. Solo trasformandosi in altro, cioè indossando una maschera, diventava così possibile rovesciare il mondo e sconvolgere i ruoli di cui erano prigionieri senza scampo.
A distanza di secoli oggi mi trovo qui a fare incetta di krapfen su e giù per i sentieri delle montagne. Ogni volta che mi avvicino ad un maso sento uscire dalla porta dʼentrata un profumino delizioso accompagnato dalle voci del padrone di casa e dei suoi famigliari: sono tutti svegli (anche i bambini che di solito prima delle 8 già vanno a letto) e in trepidazione. Aspettano che i Krapfenbettler bussino alla loro porta! Le donne del maso sono indaffarate ad imbandire la tavola e a vanno e vengono dalla cucina con caraffe di vino, birra, caffè e succo di sambuco e vassoi di dolcetti. Non appena entro nella stube, subito la massaia mi viene incontro e mi riempie il bicchiere. E non si scorda di darmi anche una cannuccia, così da non macchiare la mia candida maschera bianca: tutto è curato e niente viene lasciato al caso.
A questa gentilezza rispondo in falsetto – questa è la lingua di noi mendicanti di krapfen – o dilettandomi con la musica: ed è così tutti, figuranti e non, iniziano a ballare al suono della fisarmonica, della tromba, della tuba e del clarinetto.
Ogni gesto è scandito dal rituale del dono. Alla questua di krapfen, risponde una promessa di vita: è un accordo fra parti per garantirsi un anno allʼinsegna della fertilità e del benessere.
Ed è così che, in questa notte magica, vivo un triplice rito: quello della vigilia di Ognissanti, dove fanno visita a Pfunders gli spiriti che abitano altre dimensioni; il Capodanno, perché in unʼunica notte dellʼanno il mio villaggio si popola di strane creature e tutti stanno svegli; il Carnevale, dove tutti mutano e il mondo si capovolge.
***
L’immagine che da il là a questo racconto è di Stefano Torrione ed è esposta – insieme a tante altre – nella mostra “Alpimagia” del fotografo Stefano Torrione, organizzata dal Cai Sezione di Bolzano al Museo Civico di Bolzano. In mostra potrete approfondire questo ed altri riti, leggende e misteri dei popoli alpini. E poi aspettare insieme a noi il prossimo Racconto AlpiMagico, a far da accompagnamento ancora una volta a una suggestiva fotografia di Stefano Torrione, da scoprire qui su franz e al Museo.
Immagine Stefano Torrione
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