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August 5, 2020

The primacy of perception. Un altro paesaggio in mostra a Sella Giudicarie

Francesca Fattinger

L’immagine conta prima di tutto non per ciò che essa
aggiunge alla realtà ma per ciò che ne rivela.
A.    Bazin

Una delle domande che più ci si pone riguardo all’arte, in particolare a quella a noi contemporanea, riguarda la sua natura intima, il suo ruolo, il suo perché, il compito che assolve per noi visitatrici, osservatori, fruitrici che la sperimentiamo. Forse tra i possibili compiti dell’arte può essercene uno di natura “percettiva”: aiutarci e condurci verso un disvelamento riconducendo “a esperienza sensibile quegli aspetti impalpabili che non possono essere immediatamente percepiti dallo sguardo”. Proprio questo è il filo rosso che annoda le opere di Giulia Dall’Olio e Jacopo Mazzonelli accompagnandoci in un viaggio di scoperta di nuovi paesaggi visivi e sonori, rumorosi e muti, naturali e spirituali, interni ed esterni a noi.

Venerdì 7 agosto alle 18 inaugura infatti, nella Chiesa di San Barnaba a Bondo (Sella Giudicarie), in collaborazione con il Mart di Rovereto, la mostra “The primacy of perception. Un altro paesaggio” a cura di Jessica Bianchera. Una mostra che proseguirà fino al 13 settembre e che si inserisce in un progetto più ampio, già cominciato nei primi anni Duemila, in cui la Chiesa di San Barnaba si è vista punto di riferimento per un’azione di diffusione artistica sul territorio; ne è un esempio la mostra Uomo, Natura, Cosmo del 2018 con tre artisti storici come Richard Long, Eliseo Mattiacci e Dacia Manto Asterina. Quest’anno la scelta è ricaduta su due artisti emergenti della ricerca artistica contemporanea, Giulia Dall’Olio e Jacopo Mazzonelli, messi in relazione dalla curatrice Jessica Bianchera, attraverso le riflessioni di Maurice Merleau-Ponty a cui il titolo fa riferimento, mutuando quello di uno dei suoi scritti più famosi: la Fenomenologia della percezione. Il filosofo francese, esponente fondamentale della fenomenologia del Novecento, ha puntato l’attenzione sul fenomeno percettivo come disvelatore dell’incontro tra coscienza e mondo. Nella frase di apertura dell’articolo ho riportato una citazione da Andrè Bazin in Che cos’è il cinema, inserita dalla curatrice della mostra come premessa al suo testo curatoriale. In essa ritroviamo di nuovo la linea sottile tra visibile e invisibile importante per il filosofo francese quanto per le opere in mostra: ferme su una soglia ci mostrano un aldilà, rendono toccabile e palpabile quello che non lo è o che non sembrerebbe esserlo.

 Giulia Dall'Olio, g 19][133 d, AD, 2019_carboncino e pastello su carta, 150x150 cm_ph Alessandro Fiamingo_courtesy Studio G7, Bologna

Giulia Dall’Olio (Bologna, 1983) usa la tecnica del disegno e della pittura per mettere in scena una natura che potente e rigogliosa travalica limiti a lei imposti facendola espandere in segni e dettagli che conducono a una riflessione sull’azione dell’uomo su di essa e sul carattere invisibile e spirituale di una Natura mai uguale a se stessa, in continua mutazione e in lotta più o meno silenziosa con l’Uomo che la abita. Le sue opere sono anche un tentativo, attraverso lo sguardo sulla Natura, di mettersi in connessione con un sé più profondo, così come suggeriscono i titoli delle opere, espressi in sigle alfanumeriche, come tappe di un’unica ricerca che continua negli anni. Sono esposti in mostra una serie di suoi disegni, in bianco e nero, in cui possiamo fare attenzione a gesti, linee e segni: traduzioni di memorie di paesaggi vissuti, cespugli e selve intricate, in bilico tra ricordo, emozione e rielaborazione mentale ed estetica. 

Jacopo Mazzonelli, 16,000 punds-per-square-inch, 2017_altoparlante in alluminio, sistema audio, 227x95x95 cm_courtesy Studio G7, Bologna

Jacopo Mazzonelli  invece ci conduce su un’altra soglia: sul confine tra arte visive e musica. Le sue sculture, assemblaggi e installazioni lavorano in primo luogo sulla visualizzazione della dimensione sonora. Il gesto musicale, la fisica del suono, ma anche la percezione del ritmo e il divenire del tempo sono le componenti principali di progetti di destrutturazione, ricomposizione e trasformazione di strumenti musicali e non solo. La dimensione, che pensiamo erroneamente incorporea del suono, a causa di una sua non immediata rappresentazione visiva, ritrova nelle opere di Mazzonelli invece una sua tridimensionalità, attraverso una lunga e articolata indagine sul comportamento del suono come materia palpabile. Sono esempi di questa sua ricerca opere come: Stereofonia, 2019 in cui ha trasformato alcune pagine di album vittoriani per poi rassembrarle per alludere ai condotti auricolari responsabili della percezione dei suoni o Sound Waves, 2019 la riproduzione delle formule matematiche che regolano la propagazione del suono attraverso le corde di una chitarra, in un continuo cortocircuito tra significati e significanti. 

Jacopo Mazzonelli, Coro, 2018_copricapi, elementi di partiture in ottone, 35x210x4 cm_courtesy Studio G7, Bologna

Il percorso espositivo nella Chiesa di San Barnaba, da sempre attenta alla relazione tra uomo, natura e territorio, si articola al suo interno andando ad occupare tutti gli spazi disponibili: dalla navata, all’altare fino alle sagrestie, proponendosi, anche in relazione alla dimensione spirituale di questi spazi, di mettere in scena la continua dialettica tra visibile e invisibile, immaginando, attraverso le opere degli artisti esposti, nuove possibili ipotesi di incontro, nuovi possibili scenari o meglio un “altro paesaggio”.

 

Foto di Alessandro Fiamingo_courtesy Studio G7, Bologna:
Giulia Dall’Olio, g 19][132 d, 2019_carboncino e pastello su carta, 150x150 cm
Giulia Dall'Olio, g 19][133 d, AD, 2019_carboncino e pastello su carta, 150x150 cm
Jacopo Mazzonelli, 16,000 punds-per-square-inch, 2017_altoparlante in alluminio, sistema audio, 227x95x95 cm
Jacopo Mazzonelli, Coro, 2018_copricapi, elementi di partiture in ottone, 35x210x4 cm

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