Fashion + Design > Design

July 17, 2020

designers made in BZ 09_Matteo Campostrini

Claudia Gelati

Illustratori, designer del prodotto, grafici, social designer, fotografi, esperti di comunicazione… Personalità diversissime tra di loro che oggi ‘fanno cose’ e lavorano nei settori più diversi sparpagliati per tutta l’Europa, con il comune denominatore di aver fatto di Bolzano la propria casa almeno per un periodo, abitando le vie della città, decifrando lo slang locale ma sopratutto progettando e studiando negli atelier e nelle officine della nostra Facoltà di Design e Arti di Unibz. Designers made in Bolzano, appunto.

Andiamo con ordine: chi è Matteo Campostrini, da dove viene (e dove va) e cosa fa oggi nella vita per mettere in tavola la famosa pagnotta? 
Ciao a tutti! Mi chiamo Matteo e sono un ragazzo trentino di 30 anni. Ho studiato alla Facoltà di Design e Arti di Bolzano e poi alla UdK Berlin, dove ho vissuto 3 anni e sono stato allievo di Fons Hickmann

Coincidenza o fatalità, sono andato a Berlino per tornare a Bolzano, prima come tirocinante e poi come collaboratore di Studio Mut. Sono rimasto da Thomas e Martin per circa un anno e mezzo, che sono stati i miei capi, i miei amici e i miei mentori. Curiosità: Fons (il mio insegnante a Berlino) era stato il loro.

Nel 2019 sono tornato a Trento, mettendomi in proprio e ricavandomi uno spazio nel laboratorio di stampa Frammenti Serigrafia, amici punkettoni che conosco dal liceo. Forse andrò ancora in qualche altra città, ma se home is where you heart is, il mio cuore è qui.

1_PO_Portfolio2019_Cover08_16x9-1920x1080Da ex-studente della facoltà di Design e Arti di casa nostra: come sei arrivato a Bolzano e ci sono degli insegnamenti, dei valori o un metodo che hai acquisito in Facoltà e che ancora oggi trovi utili nel tuo lavoro di creativo/designer/progettista/illustratore? 

In quinta superiore non mi hanno ammesso alla maturità, andavo troppo male a scuola (più che altro non ci andavo). L’anno successivo ho cambiato classe e la prof. di Arte mi ha detto “sei un artista” e che “devi fare Design a Bolzano” perchè “si studia poco e ti portano in montagna”. Mi sono iscritto senza andare all’open day. 

In senso strettamente tipografico non è che a Bolzano abbia imparato molto: quello l’ho fatto con un’altra età e cognizione di causa a Berlino. Eppure a Bolzano c’è qualcosa di magico nello stare insieme, nel vivere l’atelier, nel fare le cose allo sbaraglio, nel farsi i prototipi e nell’imparare sbagliando che non trovi altrove. E poi diciamolo, l’unibz è piena di personaggi incredibili.

Gran cosa quella del tedesco: gli italiani ne sono sempre terrorizzati e lo vedono più come un ostacolo allo studio che come una risorsa per il lavoro – probabilmente perchè sono abituati a studiare il più a lungo e lavorare il più tardi possibile.

5_CS_Stack06_16x9-1920x1080
Con la fine del percorso universitario come ti sei sentito? Sapevi già cosa avresti voluto fare e quali esperienze hai fatto nel mentre? 
Totalmente perduto. 2014 anno peggiore della mia vita: non so fare nulla, non sono bravo, non ho un portfolio, mi sparo. Vado a Berlino e ricomincio tutto da capo – alla UdK ho rifatto un Bachelor.

Dai ora puoi anche dircelo, tanto non ci legge nessuno: cos’è il design per te e qual’è la tua visione, il tuo credo progettuale? 

La mia definizione più onesta? Design is my job. Che poi sia un lavoro che continuo a fare in vacanza, leggendo un libro, guardando i cartelli stradali dal finestrino… resta per me. Per tutti gli altri lo faccio dalle 9 alle 18, non lo faccio gratis, non lo faccio nel weekend.

Mi piace l’idea di portare a casa quello che ho imparato fuori, di educare la mia città, di creare una scena. Andare altrove perchè lì ti capiscono, ti pagano meglio, ti valorizzano, non è la mia sfida. 
Non ascolto chi dice “eh siamo in Italia”. Non sopporto chi dice “spazio di piattaforma di scambio interculturale” per dire sito internet. Non leggo il libro “il ruolo della fotografia nel cinema del Novecento” scritto da uno studente. Vorrei trovare il mio Design al Conad. Mi piacerebbe a insegnare.

4_MU_BeyondPlastic_Cover01_16x9
Tra i progetti e/o collaborazioni che hai seguito, raccontacene uno che ti sta particolarmente a cuore e che non possiamo non conoscere. Progetti futuri o al quale stai lavorando al momento? 
Potrei citare praticamente ogni progetto realizzato a Studio Mut, ma disegnare la campagna poster di Trieste Estate 2018 è stato come quando al concerto della tua band preferita il cantante ti chiama sul palco e ti fa suonare davanti a tutti. 
E’ un progetto cosi semplice da essere complicatissimo, che ogni anno deve superarsi, che come un concerto viene visto e commentato da un pubblico variegatissimo – dal musicista classico al metallaro con gli anfibi anche in spiaggia alla ragazzina “io ascolto un pò di tutto”. Trieste Estate è stato il progetto che ha dato un senso a tutte le fatiche, al ricominciare da zero, ai Ryanair delle 6 di mattina, agli inverni a Berlino, al tornare dove si era iniziato – ed è un cerchio colorato in un rettangolo!

Al momento sto curando insieme a Frammenti un progetto molto ambizioso chiamato Frammenti di Due, una mostra di poster tipografici disegnati da 18 designer internazionali e serigrafati a mano. Sarà il progetto che mostrerà ai trentini, agli amici, ai parenti come lavora un Graphic Designer – e ai Graphic Designer che non tutti lavorano con i filodendri sui tavoli Eiermann. 

2_TR_2018_Poster02_16x9-1920x1080Design by Studio Mut, Thomas Kronbichler, Martin Kerschbaumer, Matteo Campostrini

 Nei mesi scorsi abbiamo vissuto un’emergenza sanitaria senza pari, almeno negli ultimi decenni. Come è cambiato il tuo lavoro a causa del Covid19? Pensi che il design possa dare un contribuito importante in casi di crisi come questi e/o quale ruolo sociale può assumere? Raccontaci il tuo punto di vista. 
Reggetevi forte: i Designer non salvano vite – i medici, gli infermieri, il soccorso alpino sì. Detesto le visioni di Designer-messia che trasformano la plastica in legno, che vedono kerning che agli altri non è concesso vedere. Design won’t save the world, people will.
A parte il non potermi recare fisicamente in studio, che mi è mancato molto, il mio lavoro in sé non è cambiato molto: ho lavorato da casa, meno in cartaceo e più in digitale.Tutto quello che gli sta intorno invece è stato fortemente scosso. Molte sicurezze date per scontato sono venute meno: che qui certe cose non succedono, che se non stiamo bene possiamo sempre andarcene, che possiamo stare insieme quando ci sentiamo soli… 
In questo senso il Design può fare la sua parte: nell’informare chiaramente tramite statistiche, nel comunicare i comportamenti giusti, nel fare ordine nel caos, nell’infondere speranza, e perchè no, nel denigrare il politico che se lo merita. Istituzionalmente? Avrei creduto di più nelle app tipo Immuni.

3_SOS_Book_Stack12_16x9-1920x1080

Ti lasciamo tornare al lavoro o a guardare Netflix o ad accarezzare il gatto, ma prima dicci un po’ … 
Quel libro che non può mancare nella libreria di un designer/creativo
Aiuto… forse il librone Taschen “The History of Graphic Design”, volume 2.

Due strumenti, un attrezzi, un aggeggi che non manca mai nel tuo astuccio o zaino
Penna Pilot e Macbook.

Tre account instagram must-follow 
@projektmono
@grafikfeed
@stunningbookdesigns


Photo Credits:
1-2-3-5. Matteo Campostrini
4. Studio Mut 

 

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.